I dieci comandamenti dello sport (prima parte)

Ai primi del Novecento un editore sportivo americano, Hugh Fullerton, pubblicò i comandamenti dello sport, ripresi diversi anni dopo da Luigi De Breda Handley (nella foto), uno dei più grandi maestri del nuoto di tutti i tempi.

Il primo comandamento dice: non abbandonare la prova.
Si tratta di una posizione esistenziale, mentale ma anche morale, non solo di una condotta comportamentale.
La prova, qualunque essa sia è un elemento della vita ineludibile. I padri del deserto dicevano questa massima: leva la tentazione dalla vita e avrai la condanna. La prova è la condizione della vita, il momento della chiarificazione, della scoperta di noi stessi e di quello che vale la pena o meno raggiungere. Abbiamo però bisogno di qualcuno che ci accompagni nella prova, che sia presenta e pronto ad accogliere come non determinanti al fine ultimo le inevitabili cadute.

Il secondo comandamento dice: non cercare alibi.
La tentazione di trovare una causa esterna che giustifica quello che non faccio è tipico dello sportivo, soprattutto latino.
non mi sono allenato in vasca da cinquanta, ho solo la vasca da cinquanta, ho gareggiato al mattino, non ho nessuno che mi tira, sono tutti più forti, sono tutti più deboli, sono come me quindi non so se vado bene, non sento l’acqua, non ho le sensazioni giuste, non ci sono grandi, nessuno fa il mio stile, non ho la scia, ho troppa scia, vado a vuoto, la vasca non è scorrevole, la corsia esterna ha l’onda, la corsia centrale mi espone troppo, gli altri non si impegnano, sarà colpa dell’allenatore, ho mangiato troppo, non ho mangiato abbastanza, l’acqua è troppo calda per me, non riesco a nuotare con l’acqua fredda, non ho fatto abbastanza aerobico, mi sono mancati i lavori lattacidi, ho aspettato troppo, non ho avuto il tempo di prepararmi, c’era troppa confusione, ero da solo, l’allenatore non mi da istruzioni, l’allenatore mi da troppe istruzioni, ho fatto poco riscaldamento, ho tirato troppo il riscaldamento… Quello che funziona è fare quello che si può nella condizione in cui si è. Solo quello che spetta a me è utile a raggiungere un obiettivo. Tutto il resto è puro disturbo. Ci si accorge allora che quello che si può è moltissimo.

Il terzo comandamento dice: non esultare troppo per la vittoria.
Il vero comandamento sta nel troppo, nell’esaltazione senza freno, nella superbia, nell’idea malsana di essere superiori all’altro.
È un’idea che rimbalza prima o poi contro di noi non appena si ribalta la situazione e ci troviamo depressi, umiliati e schiacciati dall’idea di essere inferiori e falliti. Altra cosa è la gioia, la soddisfazione e l’appagamento per un desiderio compiuto che si realizza, compreso il battere l’altro in quella prova, espresso dalla gioia di vivere.

Il quarto comandamento dice: Non sentirti mai perdente.
Il mondo non è diviso in vincenti e perdenti. Nella vita si perde e si vince. Probabilmente si perde più facilmente di quanto si vinca, ma se è così è un presupposto che dobbiamo accettare. A volte si vince senza aver fatto un granché, spesso si perde avendo fatto tutto quello che era in nostro potere. Il valore sta nella perseveranza. L’uomo atleta che sa, non è determinato dalle sconfitte ma dalla volontà di continuare a perseguire il fine che lo anima, la soddisfazione che lo attende, l’esaurimento momentaneo delle forze che intimamente lo appaga.

Il quinto comandamento dice: non cercare vantaggi illeciti.
Non si tratta solo dello scontato ricorso al doping. Si tratta di una questione più centrale: che dobbiamo sì fare tutto quello che possiamo per essere meglio degli altri, ma non a tutti i costi. Ci sono costi che non si possono pagare senza perdere tutto.  Il primo costo da non pagare è la negazione dell’altro, che è la fonte del mio beneficio; è dall’altro che verrà la mia soddisfazione, dalla sua bravura, dalla sua stima, dalla sua affezione o per lo meno dalla sua presenza.  Pertanto non scavalcherò la sua realtà ingannandolo (anche quando lui mi inganna) o distruggendolo (anche se lui vuole distruggermi). Le regole che lo sport si dà hanno questo senso, che dico prima dove intendo arrivare e dove non andrò e lì mi fermo. Chi infrange questo patto infrange tutto.

(Continua)

Photo © Giorgio Scala/DeepBlueMedia

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