IVA sì o IVA no? Facciamo chiarezza

iva

Sta creando molta preoccupazione negli ambienti sportivi la disposizione normativa inserita nell’art. 32 del Decreto Legge 26/10/2019 – n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili) che prevede l’eliminazione della esenzione IVA per i servizi sportivi erogati dalle scuole dello sport ed in tale ambito rientrano naturalmente le attività didattiche svolte dalle scuole nuoto.

Mentre prosegue l’iter parlamentare del decreto legge (che ha già visto bocciare un primo emendamento) proviamo a fare un po’ di chiarezza sull’intricata vicenda.

Dal punto di vista tecnico la nuova norma andrà a modificare l’attuale formulazione dell’art. 10, punto 20 del DPR 633/72 (che definisce il perimetro delle operazioni esenti da IVA o, per dirlo in altro modo, con aliquota 0%) in quanto le parole “e quelle didattiche di ogni genere” saranno sostituite con le parole “le prestazioni d’insegnamento scolastico o universitario”. Ciò significa che le attività didattiche rese da organismi riconosciuti da pubbliche amministrazioni (quali ad esempio le scuole nuoto federali della FIN), che hanno natura diversa dall’insegnamento scolastico oppure universitario, non potranno più godere dell’esenzione IVA.

La norma in questione riguarda ovviamente quei sodalizi sportivi che hanno inquadrato l’attività didattica nel perimetro delle attività commerciali, mentre non avrà nessuna conseguenza per tutti coloro che invece l’hanno inquadrata tra le attività istituzionali (che godono già della de-commercializzazione).

Agli enti che quindi dovranno fare i conti con la nuova norma si potranno aprire almeno due diverse opportunità: la prima (in linea con i principi dell’imposizione indiretta) sarà il trasferimento sul consumatore finale dell’onere collegato al maggior costo dell’IVA. In altre parole il servizio sportivo verrà a costare agli utenti il 22% in più (22 euro ogni 100 euro spesi oggi). Il secondo, qualora l’utente non fosse in grado di sopportare questo balzello, le imprese sportive si vedranno di fatto costrette a ridurre il prezzo di vendita del loro servizio (scorporando dal prezzo attuale la percentuale dell’IVA), con un impatto fortemente negativo sui loro bilanci che, possiamo ben dirlo, non scoppiano di salute (sempre avendo come base i 100 euro di oggi, il ricavo per l’impresa scenderebbe a 81,96 euro mentre l’utente continuerebbe a pagare la stessa cifra ovvero 100 euro).

Se nessuna delle alternative descritte in precedenza si dimostrasse percorribile rimarrebbe la strada di modificare radicalmente l’impostazione fiscale delle gestioni, passando al tesseramento (ad una federazione sportiva nazionale oppure ad un ente di promozione sportiva) dei frequentatori della scuola nuoto. Il tesseramento farebbe transitare queste attività nell’ambito istituzionale, consentendo di applicare la de-commercializzazione dei corrispettivi ai sensi dell’art. 148 TUIR e art. 4 comma 4 del DPR 633/72.

Il decreto legge in questione dovrà essere convertito in legge entro la fine dell’anno e pertanto, qualora il testo rimanga quello attuale, già dal primo gennaio del nuovo anno le imprese sportive dovranno fare i conti con la scelta di una tra le alternative descritte.

Ad oggi ci risulta che tra tutte le forze politiche ci sia ampia convergenza sulla necessità di intervenire per modificare il testo attuale ma, come detto in precedenza, un primo emendamento della norma è già stato bocciato in Commissione finanze. Un secondo tentativo, con un testo parzialmente corretto e posizionato in altra parte della normativa originaria, è già stato presentato. Nei prossimi giorni ne sapremo di più.

Una soluzione di compromesso potrebbe essere la previsione di una aliquota agevolata da applicare ai servizi sportivi come già accade per talune prestazioni socio-sanitarie assistenziali ed educative rese dalle cooperative sociali e dai loro consorzi, che applicano appunto l’aliquota IVA ridotta al 5%. Insomma, qualcosa deve essere fatto, ma il tempo a disposizione è davvero poco.

Ph. ©Pexels.com

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