Martinenghi vola a Tokyo: “Io ci sono, un segnale al mondo”

Record italiano, seconda prestazione mondiale stagionale, pass olimpico. Eccolo il botto che tutti aspettavano allo Stadio del Nuoto di Riccione: Nicolò Martinenghi è il primo azzurro a garantirsi il pass per i Giochi di Tokyo dell’estate ventura (24 luglio-9 agosto 2020).

Un tempo stratosferico, 58”75 (27”51 e 31”24 le due vasche) che ha fatto esplodere la piscina romagnola, con tutti i colleghi acquatici pronti a complimentarsi col ventenne varesino per la performance da urlo.

«È la prima volta che finisco una gara emozionato. Ho rincorso quest’attimo da tre anni, non riuscivo mai a trovare il momento giusto per arrivarci – ha raccontato a caldo Nicolò, ancora euforico -. Ho già chiesto scusa ai ragazzi che erano con me in acqua e lo faccio anche con il pubblico nel caso la mia esultanza sia parsa un po’ fuori luogo. Non sono solito fare queste cose, scusatemi, ma capirete che dopo 3 anni con qualche ostacolo di mezzo, è bello tornare a fare quello che voglio». 

Il ragazzino che faceva incetta di medaglie ai Mondiali giovanili è diventato grande e si è regalato la gara che tutti gli atleti sognano: l’Olimpiade.

«È tornato il Tete col sorriso, molto più maturo e questa è la dimostrazione che aspettavo. Centrare il pass a dicembre è tutta un’altra cosa. Ci speravo molto, ma in acqua mi sentivo strano, forse perché finalmente provavo sensazioni che non sentivo da tempo. Non avevo nulla da perdere e alla fine è andata benissimo».

Ed è proprio questo che l’ha fatto esplodere di gioia:

«Non mi aspettavo assolutamente questo tempo. Il mio allenatore prima di questa gara mi ha detto: “Tete, hai in mano 3 assi, puoi pescare il 4°, ma dipende tutto da te”. Alla fine è venuto qualcosa di meglio, per cui abbasso le braccia e dico: “Meno male”».

Marco Pedoja, che lo segue a bordo da vasca dal 2012, conferma: «Centrare subito questo pass, come primo italiano era l’obiettivo che non dicevamo, ma era nella testa di entrambi. Gli è servito tornare in vasca, ingrassare, cambiare la nuotata. Siamo partiti a settembre, è andata bene sin dalle prime tappe dell’Isl, non aveva più dolori fisici e andava solo registrato nei tempi bracciata-gambata che aveva perso con l’infortunio. In questi anni, ho dovuto spesso tenerlo coi piedi per terra, ma grazie ai suoi sforzi e a quelli della famiglia, siamo arrivati a questo risultato».

Da gennaio ad agosto del 2018, fermo ai box. Una mazzata che avrebbe abbattuto chiunque e che ne ha affossato le certezze. Ha fatto fatica Tete, ma ora è tornato più forte che mai.

«È stata una delle cose più difficili dal punto di vista mentale. Sono stati 3 anni faticosi. Finivo gli allenamenti, mi sentivo bene, ma non mi ricordavo bene le sensazioni prima dell’infortunio – racconta ancora il ranista del Nuoto Club Brebbia -. Arrivare all’obiettivo finale così è fantastico ed è frutto degli allenamenti che ho fatto quest’anno, cambiando mentalità, cercando sempre di dare il 100% e di aggiungere dei tasselli per costruire il mio muro».

Così ha buttato giù un altro muro, quello dei 59”, che sembrava non voler cadere mai.

Pedoja conferma: «Non ci crederete, ma aver abbattuto quella barriera per me è persino più importante del pass olimpico».

Tete mette a fuoco come sia maturata l’impresa: «Mi sono accorto in questi ultimi giorni di essere molto diverso dal primo Martinenghi. Molto più spensierato, ma al tempo stesso inquadrato».

«Ero un ragazzino che cercava un posto tra i grandi, ma negli ultimi anni l’avevo un po’ perso. Ora sono arrivato a gamba tesa per riprendermelo. È una dimostrazione personale di carattere che aspettavo da tempo».

Poi si toglie qualche sassolino dalla cuffia: «Un lavoro di uno staff spesso criticato, ma che ha dato i frutti. Continuo a fare avanti e indietro tra Brebbia, dove nuoto in vasca da 25, e Busto Arsizio, dove vado due volte a settimana per allenarmi in quella da 50».

E un altro fattore determinante : «Ho scoperto che Livigno è stata un’altra carta vincente, quando torno dagli allenamenti in altura sto molto bene». 

E si è visto eccome a Riccione. Davanti a lui, in questo momento, c’è solo sua maestà Adam Peaty. Ma Tete non abbassa la testa.

«Io ci sono. Volevo dare questo messaggio da tanto tempo, finivo sempre le gare con un po’ di rimorso. Ora non mi pongo limiti. Peaty è lontano, ma io gli corro dietro e dall’Italia gli mando questo segnale».

Tokyo l’aspetta e per festeggiare, niente sushi, meglio un po’ di junk food, come ci ha raccontato in zona mista.

 

 

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