Ho un problema: mio figlio vince

Qualche-secondo-punto-due di batticuore ed è finita, la nostra compostezza si dissolve in un batter d’occhio, esultiamo e gridiamo, sogniamo e ci abbracciamo noncuranti dei delusi seduti vicino a noi, perché dopotutto chi se ne frega del mondo, nostro figlio ha vinto e il piano di una “signorile reazione” può andare a farsi benedire, siamo entrati nell’élite gente, Olimpiadi aspettateci, stiamo arrivando!

È inutile che continuate a descrivere i vostri figli come se fossero i migliori del mondo, quello è il mio.

Vorremmo durasse per sempre. È una gara che non conta nulla tra le innumerevoli competizioni della storia del nuoto, eppure ci sta dando tanto. Retaggio culturale o meno, sbagliato o meno, vincere dà sensazioni concrete e scioglie anche i parenti che non hanno mai visto una gara di nuoto in vita loro.

Dal bordo vasca nostro figlio ci guarda quasi incuriosito, gli mandiamo baci e segni di trionfo talmente plateali che penserà “e meno male che il risultato non era importante”.

Progressivamente ci ricomponiamo, sentiamo istintivamente che esagerare è sbagliato e cominciamo a trattenere quella gioia dentro di noi; lì si manterrà viva per giorni, un soave promemoria di quanto vissuto. Per riaccenderla ogni tanto racconteremo del miracolo natatorio a cui abbiamo avuto il privilegio di assistere e se riusciremo a risparmiare questa improvvisata Domenica sportiva a qualche malcapitato, potremmo persino definirci stoici. Dopotutto ci eravamo detti: “In caso di vittoria, piedi per terra”. Ok, giustissimo, ma come? Già abbiamo capito che è una strada piena zeppa di pericoli.

Il primo sta proprio nel fatto che vedere nostro figlio vincere ci è piaciuto. Banale, comunissimo, scontato, ma “provare piacere” è il killer numero uno. Presto o tardi vorremmo riprovare quella sensazione, però non c’è nulla che ce la garantisca. Non possiamo allenarci di più, battere più forti le gambe o fare meglio la strada verso la piscina. Siamo solo tifosi, incapaci di influenzare il risultato e quindi molto più frustrati e stressati. Col tempo il rischio di pressare subdolamente il nostro “spacciatore” di sette anni perché si impegni di più per regalarci un’altra dose di vittoria è concreto.

Accettiamolo, non dipende da noi, l’unica è rassegnarsi e sperare (ripetere tre volte ogni giorno prima dei pasti).

Il secondo pericolo è la mancanza di equilibrio. Siamo stati bravissimi a spiegargli che il risultato non è il motivo principale per cui si fa sport, poi vince e offriamo da bere a tutti, lo portiamo in trionfo e gli regaliamo un’auto (vera, la userà quando sarà pronto). E se la prossima gara la dovesse perdere? Visto che “vincere non è tutto”, per coerenza, abbiamo i fondi per un’altra auto? Non può esserci troppa disparità di trattamento tra i due risultati. È giusto che nostro figlio si goda il SUO risultato, ma deve avere la garanzia che i suoi genitori saranno presenti anche, se non soprattutto, il giorno che perderà.

Accettiamolo, non dipende da noi, l’unica è rassegnarsi e sperare.

Il terzo pericolo, forse il più conosciuto ma anche quello in cui irrimediabilmente si cade, è l’esaltazione. Se siete genitori di ragazzi che vincono è inutile negarlo, state segretamente sognando un futuro di gare più prestigiose, regionali, nazionali, assoluti e via via, sempre più su, e farlo segretamente è la cosa migliore che possiate fare. Qui l’acqua sul fuoco dobbiamo buttarla da soli, nessuno può aiutarci. Chi ci fa la morale ci dà urto, non vogliamo l’aiuto di nessuno. Perciò quando sentiamo l’emozione crescere, distraiamoci. Festeggiamo nascosti in cantina. Presto ci sentiremo infantili e passerà. Pensiamo che quel giorno è stato bello e che non tornerà. Dopotutto non abbiamo alcuna garanzia che la passione per il nuoto di nostro figlio durerà per sempre o che continui a migliorare col crescere. L’adolescenza poi è una roulette del fisico dalla quale macchine perfette talvolta escono devastate, tra pelli grasse, articolazioni goffe e interessi ben più terreni.

Accettiamolo, non dipende da noi, l’unica è rassegnarsi e sperare.

Però stasera, quando tutti dormono, stappiamoci la nostra birra preferita e riguardiamoci il filmato della gara con tanto di simil telecronaca improvvisata, ché tornare bambini per venti secondi ancora non è peccato.

Ph. ©The Lazy Artist @pexels

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