Olimpismo ed Elite

Un’Elite.

“L’ Olimpismo deve rappresentare un’ élite le cui origini siano del tutto ugualitarie e allo stesso tempo cavalleresche con le qualità morali che ne derivano“.

E’ chiaro che lo sport agonistico è un movimento d’élite. Non è per tutti. E’ per chi lo vuole, per chi lo capisce e per chi riesce a farsene qualcosa. De Coubertin ci teneva però alle origini egualitarie, cioè che tutti potessero accedervi. Ma con l’idea che chi vuole entrarci deve anche sposarne i principi. La morale sportiva secondo il barone era generata dai principi della cavalleria.

La cavalleria.

Cavalleria in origine, non era altro che combattenti a cavallo. Ma in età antica e nel medioevo la cavalleria costituiva un’espressione della classe nobiliare (chi poteva permettersi di armarsi con un cavallo), quindi una categoria di persone scelte. Per questo assumeva un valore particolare. Persone scelte però dovevano anche essere persone migliori. O almeno era questo che la società chiedeva loro. Non è detto, però, che lo fossero. Anzi. Immaginate gli aristocratici: superbi, violenti, ignoranti e potenti, con difficoltà potevano essere brave persone. Ma  avrebbero dovuto esserlo, e in un certo qual modo lo sapevano. La questione era che il nobile avrebbe dovuto essere anche nobile d’animo.

Il cavaliere medievale

Nel medioevo questa questione divenne sempre più sostanziale. Essere cavaliere era diventato sempre più un ideale di vita, più che una professione militare. In una vita intrisa di fede cristiana, come il medioevo, l’investitura era una sorta di ordine sacerdotale, con tutti i doveri correlati.

Gli ordini militari

La questione si fece ancora più impellente con la costituzione degli ordini militari: ospitalieri, templari, teutonici. Si trattava praticamente di monaci armati. Miles Cristi, si diceva allora. Come si poteva seguire Cristo e portare la spada? Questa era la questione. Le principali indicazione vennero nientemeno che da S. Bernardo, uno degli uomini  più famosi della sua epoca. Scrisse il suo pensiero in proposito in una lunga lettera al cugino Ugo di Payns, gran maestro dei templari, in cui esemplificava la posizione della nuova milizia.

La nuova milizia

“Per il cristiano il pericolo o la vittoria vengono giudicati non dal successo delle azioni, ma dalla disposizione del cuore. Se la causa per la quale si combatte è buona, l’esito della battaglia non potrà essere cattivo. Non potrà quindi essere considerata buona conclusione quella che non sia stata preceduta da una buona causa o da una buona intenzione. (Bernardo di Chiaravalle, Elogio della nuova milizia)

il moderno

Il moderno ha convertito l’idea del cavaliere con quella del “gentleman”. In origine il “Gentleman” era un cittadino inglese di nascita nobile o di nobiltà acquisita. Successivamente il termine passò a indicare chi era autorizzato a portare armi, anche se non nobile, per passare poi a segnalare chi per educazione, aspetto e modi, senza una definizione di rango, nell’insieme del suo comportamento, si distingueva per i tratti signorili e la correttezza delle abitudini. Lo sport inglese delle origini era principalmente sfida tra gentleman. L’appellativo “cavaliere” usato oggi s’identifica con l’idea del Gentleman. Tra l’altro è un termine che si usa sempre meno. In molti paesi, però, tra i quali l’Italia, esiste un titolo onorifico di “Cavaliere” che lo stato attribuisce ai cittadini che si distinguono nella loro professione o nel loro campo di impegno sociale.

Principi.

Ma quali furono i principi della cavalleria a cui De Coubertin voleva ispirarsi? Difficile saperlo. De Coubertin però era uno studioso di storia e sicuramente ricordava l’esperienza mistica dei cavalieri medioevali e tutta la retorica ritrovata nei romanzi storici ottocenteschi relativa all’onore e alla fedeltà. Tra l’altro nei principi ispiratori dell’olimpismo si trovano anche tracce dell’origine Zen delle arti marziali, che in un certo senso possono rientrare in un’idea allargata di “Spirito Cavalleresco”. Jigoro Kano, infatti, l’inventore del “Judo”, fu membro del Comitato Olimpico Internazionale (il primo proveniente dall’Asia) dal 1909 fino alla sua morte, avvenuta nel 1938.

Codice morale del cavaliere.

Ma tanto per farci delle idee sulla questione, potrebbero aiutarci testi provenienti dall’esperienza templare. Così dichiarava l’aspirante cavaliere: “Mi applico all’ascolto, alla riflessione e alla meditazione. A dominare le mie emozioni verso i miei cari, come verso i miei nemici. A fuggire luoghi nocivi ed emozioni negative, per sviluppare una condotta virtuosa.
Mi applico ad amare miei fratelli più di me stesso, a vedere solamente le qualità degli altri, anche di chi vede solamente i miei difetti. A non nuocere mai agli altri, anche al rischio della mia vita. A servirmi della materia senza diventarne schiavo. A lodare chi mi rivela i miei difetti.

Modo di vivere.

Lo stesso riportava ancora: “Mi impegno a vivere nella miseria, in mezzo al disprezzo costante, in preda alle malattie, a custodire il coraggio e i pensieri positivi. Mi applico anche a considerare i beni al loro giusto valore ed a non trascurare gli altri. Anche nell’opulenza mi impegno a non considerare le difficoltà come illusorie, a praticare la generosità senza aspettare ritorno, a praticare la disciplina cavalleresca senza motivazione mondana, ad esercitarmi alla pazienza, a sviluppare l’entusiasmo e la perseveranza, ad esercitarmi alla calma mentale ed a praticare la concentrazione…ad evitare ogni parola offensiva e sgradevole, ad essere cosciente del mio stato d’animo del momento ed a ricercare incessantemente la conoscenza di me stesso,  osservare costantemente i miei difetti ed a disfarmene.”

Come aspirazione al miglioramento non era roba da poco!

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