Psicologia dell’emergenza al tempo del coronavirus

Diego Polani
Photo G. Scala/Deepbluemedia

 

Pochi giorni fa il presidente nazionale dell’Ordine degli Psicologi, il dott. Lazzari, affermava, in una intervista, che tra le ripercussioni vissute per l’emergenza Coronavirus e per quanto si è creato come conseguenza ai provvedimenti del Governo, provvedimenti presi per cercare di contenere la propagazione del virus, un particolare rilievo assumono quelle problematiche di carattere psicologico che rischiano di sconvolgere la nostra vita.

Tutto questo in particolare quando si tratta di anziani, di adolescenti e dei loro genitori.

È normale, come si può immaginare, avere paura ed emotività eccessiva di fronte a questa emergenza, ma dobbiamo ricordarci, come spesso fatto notare da vari studiosi, di stare attenti a comportamenti eccessivi che possono generare psicosi individuali e collettive.

La paura, come sappiamo, è uno stato emotivo innato dentro di noi che genera una risposta adattiva per fare fronte ad una situazione che recepiamo come pericolosa. È essenziale provarla di fronte a queste situazioni proprio per andare oltre, mi vengono in mente aspetti agonistici nuovi ed impegnativi così come l’assenza di allenamento quotidiano in vista dei nostri obiettivi, ma può accadere che la nostra reazione oggi in una situazione di emergenza come questa possa essere sproporzionata e può condurci ad avere comportamenti esagerati e a rispondere in maniera poco funzionale. In questo senso l’ansia potrebbe diventare disadattiva facendo assumere a chi la sta subendo una prospettiva acritica che potrebbe portarlo a reagire impulsivamente, senza riflettere. Tra i comportamenti poco funzionali ci sono sicuramente degli stati di iper-allerta che, a lungo andare, possono essere nocivi per il nostro sistema immunitario, creandoci problematiche che potrebbero aggiungersi alla mancanza di allenamento, e per il nostro benessere psicologico.

Chi è solo, chi vive con disagio la quarantena sociale rischia di cadere in comportamenti ossessivi e depressivi che rischiano di essere uno degli effetti collaterali peggiori della pandemia in atto. Infatti tutto ciò può avvenire perché può colpire chiunque. È una situazione di forte stress che grava sui singoli, specialmente su quei soggetti che avevano una quotidianità piena di impegni tra allenamenti e studio.

Si attiva una situazione di stress cronico (disturbo da stress post-traumatico PTSD) che diventando duraturo può portare all’aumento in particolare di elementi quali il cortisone che è un ormone chiave dello stress. Questo ormone può produrre infiammazioni tali da danneggiare i vasi sanguigni ed altri tessuti con il pericolo conseguente di aumentare, a lungo andare, il rischio di malattie cardiache, diabete, artrite, depressione, obesità e morte prematura. Il disturbo post-traumatico da stress è l’insieme delle forti sofferenze psicologiche che conseguono ad un evento traumatico, catastrofico o violento. Coloro che subiscono questa situazione psichica sono abitualmente classificati in tre categorie che vengono definite in base al loro tipo di coinvolgimento nell’evento stressante. In alcuni casi si cerca sollievo con azioni non strutturate e che poi in realtà tendono a peggiorare la situazione e si può incorrere in abusi di farmaci o psicofarmaci.

In alcuni casi, quando non si sanno dare delle risposte adeguate, si vivono sensi di colpa per quello che è successo o come ci si è comportati che risultano essere esagerati ed incongruenti, in altri casi notiamo situazioni di ansia generalizzata che produce comportamenti incoerenti e nervosi, non a caso si possono notare delle significative tensioni familiari e, come in questo caso, di vita quotidiana nelle proprie case che possono mettere in difficoltà oltre alla persona stressata anche i parenti della stessa.

Per questo è importante dare indicazioni sia sulla percezione del rischio dal punto di vista psicologico, sia su quello che possiamo fare con le attuali restrizioni. Per questo motivo diventa cruciale riuscire a ritagliarsi momenti durante i quali non pensare all’emergenza, parlare d’altro, leggere articoli, libri che parlano di attività sportiva, fare altro ossia organizzare piccole sedute di preparazione fisica e tecniche di imagery per vivere il nostro impegno agonistico anche da casa. Se possibile, senza stare in gruppo o assieme ad altri, utilizzare quelle aree nelle vicinanza di casa, senza andare contro le nuove e purtroppo restrittive per noi regole, per fare un po’ di movimento all’area aperta. In questo caso evitando di toccare panchine, o altri oggetti che possiamo trovare in giro.

Questo non solo ci consente di mantenerci il più vicino possibile alla quotidianità, ma anche di rivivere quelle emozioni positive che sembra abbiamo dimenticato. E ricordiamoci che dobbiamo imparare ad accettare che ci si può fermare e rimandare.

Inoltre ricordiamo a noi stessi che siamo atleti e siamo responsabili delle nostre risposte psicologiche, dobbiamo imparare a muoverci in maniera nuova in questo momento per combattere non solo il virus ma anche lo stress e l’inattività che sono aspetti che ci indeboliscono. Dobbiamo capire che prendendoci cura di noi stessi, oggi più che mai, possiamo preservare la nostra salute fisica e mentale. Il nostro cervello è predisposto grazie agli allenamenti a superare situazioni di crisi. Abbiamo solo bisogno di addestrarci per affrontare questa nuova quotidianità, per auto-proteggerci.

In ultimo, non certo per ordine di importanza, personalmente suggerisco a tutte le persone che sentono un particolare disagio psicologico di chiedere, senza timore o vergogna, un aiuto professionale.

Diego Polani
Psicologo dello sport – Psicoterapeuta
Docente nazionale SIT-FIN

Ph. ©Pexels

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