Collegiale velocisti a Cittadella: la parola a Claudio Rossetto e Marco Pedoja

È giunto al termine il collegiale che si è svolto presso tre degli impianti afferenti al Team Veneto. Gli atleti coinvolti hanno nuotato e sperimentato tre realtà diverse: il Centro Nuoto Tezze, il Centro Nuoto Cittadella e il Centro Nuoto Rosà. Impianti diversi, non molto distanti l’uno dall’altro geograficamente parlando, ma accumunati dal far parte di una grande famiglia, quella del Team guidato da Davide Pontarin.

Abbiamo potuto parlare con Claudio Rossetto e Marco Pedoja, che insieme ad Alberto Burlina e allo stesso Pontarin hanno seguito gli atleti durante la settimana.

Nuoto•com: Come avete trovato gli atleti che sono stati convocati per questa settimana?

Claudio Rossetto: Sicuramente una situazione variegata, come era prevedibile dopo questo periodo di stop forzato. I ragazzi certamente avevano voglia di nuotare e di nuotare insieme. Non mi aspettavo qualcosa di diverso, la situazione è stata tale per cui non ci si poteva trovare davanti ad una condizione che solitamente vediamo a luglio di una stagione normale. Sicuramente erano più rilassati e questo ha permesso loro di vivere l’opportunità con serenità, cercando ognuno di ritrovare quello stato di benessere in acqua pre-Covid.

Marco Pedoja: Era importante per i ragazzi ritrovarsi a nuotare insieme. La diversità della loro condizione fisica e mentale ha rappresentato un’opportunità per tutti. Il collegiale è comunque un momento di confronto e la diversità aiuta a svilupparlo e a porsi domande e nuove obiettivi. Vale anche per noi tecnici. Vedere ragazzi diversi da quelli che si allenano abitualmente ti porta a interrogarti sul tuo lavoro e trovare nuovi spunti e nuovi stimoli. Inoltre il confronto tra colleghi porta sempre ad una crescita.

NPC: Hanno partecipato anche alcuni atleti della giovanile; come valutate il fatto di mescolare atleti più grandi con quelli più giovani?

CR :Andrebbe fatto spesso! Sono occasioni stimolanti per entrambe le parti. Erroneamente si potrebbe pensare che valga solo per i giovani, perché vedono un nuotatore della Nazionale assoluta e quindi è uno stimolo. Ma tra i giovani ci sono ragazzi e ragazze che hanno davvero un enorme potenziale, perciò nulla può essere dato per certo, ma tutto deve essere guadagnato. Anche un posto tra i “grandi”.

MP: È senza dubbio un’opportunità per entrambi! Per i grandi per non darsi per scontati e per i più giovani per vedere la prospettiva di qualcosa fatto bene e con impegno. In alcuni casi la differenza anagrafica è davvero minima, ma il bagaglio esperenziale di un atleta evoluto è di stimolo e da traino per il più giovane. Viceversa l’atleta evoluto sente in un certo senso la pressione positiva che può dare un giovane che avanza, e fa capire loro che il confermarsi non è qualcosa di scontato, ma deve essere cercato e voluto.

NPC: Avete accompagnato e seguito gli atleti in tre realtà diverse. Che impressione avete avuto del movimento natatorio in questa zona?

CR: C’è stata davvero molta partecipazione. Era bello vedere i ragazzini più piccoli che venivano ad assistere agli allenamenti, che facevano le foto e chiedevano gli autografi ai loro idoli. Credo che la Nazionale assoluta dovrebbe essere vista come un brand, una testimonianza di un movimento che è cresciuto e continua a crescere. Non è qualcosa di distante e non tangibile: è reale e, per quanto possibile, vicino agli atleti più piccoli. Credo che in un momento come questo possa essere addirittura di aiuto perché il movimento in Italia non si arresti. Il mio timore più grande dopo quello che è accaduto è proprio questo. Il movimento nuoto in Veneto è sempre stato un movimento di qualità, lo dimostra il numero di atleti di alto livello che arrivano da questa regione.

MP: È stato bello vedere, oltre che agli atleti piccolini, anche i tecnici che lavorano all’interno degli impianti partecipare agli allenamenti. Alcuni sono stati coinvolti dai loro responsabili di impianto in una vera e propria osservazione guidata dell’atleta in acqua e questo molto spesso vale tanto quanto un corso formativo. Avere tecnici ben formati e informati è la base per permettere ad un movimento di crescere qualitativamente.

NPC: Cosa consigliereste ai colleghi più giovani e meno esperti?

CR In questo collegiale non abbiamo stressato gli atleti con allenamenti particolari: non era sicuramente il momento adatto e non c’era la condizione mentale e fisica dei ragazzi per affrontare cose troppo complicate. Abbiamo cercato di osservarli e curare, come cerchiamo di fare sempre, gli aspetti tecnici. Credo che se nel tempo abbiamo ottenuto dei risultati di cui andare fieri oggi lo dobbiamo al fatto che non abbiamo fatto nuotare di più o di meno gli atleti, ma al fatto che li abbiamo fatti nuotare meglio. Nei velocisti, in particolar modo, le leggerezze tecniche si pagano con riscontri cronometrici negativi. Questo mi sento di dire ai colleghi: cercare la tecnica efficace ed efficiente per ognuno dei propri atleti.

MP: Io seguo in particolar modo ranisti, ed è noto come la rana sia uno stile che non perdona gli errori tecnici. Non ci sono movimenti compensatori o che consentano di recuperare un errore, soprattutto nelle brevi distanze. Pertanto concordo assolutamente con Claudio: l’attenzione alla tecnica deve essere sempre presente. Senza dimenticare però l’unicità di ogni atleta, le particolarità fisiche e fisiologiche individuali che richiedono di “cucire” la nuotata adatta ad ognuno. Generalizzare sarebbe sbagliato, imporre una nuotata standard non va bene, ma soprattutto non porta da nessuna parte.

NPC: Claudio Rossetto, responsabile della velocità azzurra. Ad oggi, che valutazione darebbe del percorso fatto?

CR: Rivesto questo ruolo dal 2004 e se valutiamo la situazione di partenza posso solo che dire che abbiamo fatto grandi passi in avanti. Fino al 2000 il nuoto italiano otteneva risultati dal mezzofondo in su. Oggi fortunatamente non è più così. Siamo sicuramente una nazione completa e competitiva in tutte le distanze di gara. Ma il merito va riconosciuto a tutti: il Settore istruzione tecnica ha contribuito in maniera importante a questa crescita, formando tecnici sempre più qualificati; c’è stata una forte interazione tra tecnici federali e la dirigenza, e come si sa il confronto e la condivisione degli obiettivi porta a indirizzare le forze dalla stessa parte. Il confronto con nazioni molto grandi come gli Stati Uniti potrebbe falsare questi risultati: i sistemi sono completamente diversi, lo sport è inserito nel contesto sociale in maniera diversa e il bacino da cui attingere non è sicuramente confrontabile. Dobbiamo sentirci soddisfatti, ma non arrivati. Il margine di miglioramento c’è sempre.

NPC: Lunedì pomeriggio questo collegiale ha ospitato un amico speciale: Filippo Magnini. Ultimamente il campione non fa mistero del fatto che sta valutando un ritorno in vista della prossima Olimpiade. Qual è il vostro pensiero in merito?

CR: Sarà Filippo a valutare e a decidere, nessun altro può farlo. Sicuramente nella sua testa non ha mai smesso di essere un atleta. La vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto lo ha sicuramente segnato in maniera importante e lui ha dimostrato che non ci si arrende. Non faccio alcuna previsione, ma so che se deciderà di rimettersi in gioco non lo farà in maniera banale o improvvisando. Credo sia un atleta che non deve dimostrare nulla a nessuno, se decide di tornare lo farà solo per sé stesso, come è giusto che sia. Non possiamo dire che sarà facile, diventerà papà e le preoccupazioni non saranno quelle di un atleta di vent’anni. Ma se decide di tornare non ho dubbi sul fatto che darà battaglia agli avversari.

MP: Se Magnini tornasse sarebbe uno stimolo indescrivibile per tutto il movimento. Natatoriamente non sarebbe più un ragazzino, forse nella storia del nuoto non è mai successo di un atleta che a quasi quarant’anni è in vasca e gareggia. Ma provo a mettermi nei panni di chi è sul blocchetto di partenza e se lo trova di fianco… Sarebbe indescrivibile. Dovesse non qualificarsi non dipenderebbe dal fatto che è andato male, ma che gli altri sono stati più veloci.

NPC: Come concludete questa esperienza in Veneto?

CR: Ci tengo molto a ringraziare il Team Veneto e Davide Pontarin in particolar modo perché ci è stata riservata un’ospitalità che è andata oltre ogni aspettativa. Ci siamo sentiti accolti e coccolati. I ragazzi sono stati benissimo e vedere realtà nuove li ha stimolati; noi tecnici ci siamo sentiti come a casa. Spero che esperienze come queste possano ripetersi perché sono momenti di crescita per tutti.

MP: L’ospitalità non è una cosa proprio così scontata, ma qui ci siamo veramente sentiti a casa. Ai ragazzi non è stato fatto mancare nulla e a noi tecnici meno che meno. Ogni impianto ci ha accolto mettendo a disposizione tutto quello che era possibile per far sì che i ragazzi si allenassero serenamente e noi allenatori non avessimo preoccupazioni. Ho incontrato gli allenatori che seguono i gruppi sportivi nei vari impianti e ho trovato disponibilità, voglia di confronto e sorrisi.

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