Unificare Olimpiadi e Paralimpiadi?

Le Paralimpiadi sono un palcoscenico prestigioso, ma rischiano forse di diventare una “gabbia dorata” nella quale lo sport delle persone con disabilità restano confinate? È l’interessante riflessione di Cahrles Catherine, atleta paralimpico francese e consulente dell’Organizzazione nazionale per la disabilità degli Stati Uniti, pubblicata su USA Today e della quale riportiamo i passaggi più significativi.

Avendo più tempo del previsto per pensare alle Paralimpiadi di Tokyo, non posso fare a meno di chiedermi se abbiamo davvero ancora bisogno di questo evento. In qualche modo, questa manifestazione separata sembra uno spettacolo di contorno, il riflesso di una realtà dolorosa: pensiamo ancora alla disabilità come a qualcosa di “altro”.

Ho amici atleti paralimpici pluricampioni e primatisti, i cui nomi sono sconosciuti al pubblico e che faticano a trovare un lavoro.

Mi chiedo se non è il momento di unire Olimpiadi e Paralimpiadi. In un’epoca nella quale si discute molto di uguaglianza, è arrivato il momento di terminare la segregazione degli atleti paralimpici rispetto ai loro omologhi olimpici?

Ci sono delle controindicazioni logistiche. Unire i due eventi significherebbe raccogliere circa 15.000 atleti (10.000 olimpici e 5.000 paralimpici, NdR) nello stesso villaggio olimpico. Inoltre servirebbe una programmazione che non penalizzasse gli eventi paralimpici.

Gli sponsor delle Olimpiadi potrebbero ritenere meno appetibili le gare degli atleti con disabilità. Sbagliando. C’è un grande interesse intorno alle Paralimpiadi. L’edizione di Londra è stata un successo, con 2,72 milioni di biglietti venduti e 11,2 milioni di spettatori nel solo Regno Unito.

Superare questi ostacoli e organizzare dei Giochi olimpici inclusivi sarebbe un messaggio potentissimo. Non dimentichiamo che anche per ammettere le donne alle Olimpiadi sono stati necessari cambiamenti e ampliamenti del programma. A Londra 1948 c’erano 4.104 atleti, a Rio 2016 11.238.

Leggi l’articolo originale [ENG]

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