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Protocolli, controlli e parità di trattamento: due pesi e due misure?

Sono legittimi gli "avvertimenti" del presidente Conte? Una riflessione di Cristina Varano di Olympialex

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Fase di chiusura, di restrizioni, di limitazioni: un nuovo coprifuoco a mezzo servizio che scontenta tutti, ma cerca di mitigare il contagio e le conseguenze ad esso connesse.

Piscine e palestre aperte, ma messe al vaglio per verificare se possono rimanere in attività.

Giuridicamente qual è il significato di questo palese avvertimento, che ha demotivato gli utenti dal frequentare le indicate strutture sportive?

La discrezionalità politica, dettata da cause di forza maggiore come nel caso di specie, può superare la parità di trattamento costituzionalmente garantita?

Si dice che l’art. 3 Cost. va interpretato nel senso che bisogna trattare in modo eguale situazioni giuridiche uguali ed in modo diverso situazioni giuridiche diverse: la stessa Costituzione richiama l’ovvietà che la legge è uguale per tutti, anche se non tutti siamo uguali.

Tuttavia, qui il trattamento appare, anzi è palesemente contra legem.

Senza vena polemica nei confronti degli operatori dei vari settori dell’economia, si sottolinea la evidente differenza tra un bar e una piscina, un centro estetico e una palestra.

Eppure queste attività non hanno avuto l’ultimatum del presidente Conte (!).

Ben vengano i controlli di tutti gli esercizi commerciali, nell’ambito della regolare attività di controllo e verifica posta al servizio del rispetto della normativa, ma senza discriminazioni nei confronti delle strutture natatorie e delle palestre.

Ha dimenticato forse il Governo che gli operatori dello sport, e per il nuoto la regola è applicabile nella totalità dei casi, sin da maggio hanno dovuto adattare strutture e protocolli alle linee guida del CONI, emanate secondo i dettami del Comitato Tecnico Scientifico in collaborazione con la Federazione Medico Sportiva Italiana e versati nel contesto normativo delle singole Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associate, Enti di Promozione Sportiva, il tutto sotto il controllo stringente dell’Ufficio per lo Sport della Presidenza del Consiglio?

Forse.

A nulla valendo gli sforzi, anche economici, per disciplinare gli accessi degli utenti perso gli impianti, l’utilizzo delle attrezzature e degli spazi fatti dagli operatori secondo le indicate Linee Guida.

Non risulta che in altri settori siano stati emanati protocolli altrettanto particolareggiati e dettagliati nel precipuo contesto di un organo governativo quale l’Ufficio per lo Sport: l’applicazione delle disposizioni susseguitesi dalla fine del lockdown, è stata rimessa ai singoli operatori, alle associazioni di categoria, agli Enti locali, nulla altro.

E il controllo sul territorio, legittimo e anzi auspicabile al fine di contenere il contagio, non è mai stato espressamente finalizzato a valutare se chiudere un settore o meno.

Da ultimo, una considerazione tanto inutile quanto vera.

Le regole del protocollo federale per lo sport, ‘validato dalle autorità scientifico - governative’ è stato ritenuto tra gli elementi dirimenti per il Giudice sportivo FIGC (C.U. 65 del 14.10.2020) per la decisione relativa alla mancata presenza del Napoli nella gara di Torino contro la Juvenuts dello scorso 4 ottobre.

Omettendo ogni valutazione sul caso che non ci compete, sorge spontanea la riflessione sulla valenza dei protocolli federali, che, redatti sulla base delle menzionate linee guida, regolano l’attività dilettantistica e non, disciplinano gli accessi agli impianti e lo svolgimento delle gare, la presenza del pubblico e gli allenamenti degli sport da contatto e ogni altro aspetto della attività sportiva. Né, con riferimento all’indicata pronuncia FIGC, può invocarsi l’autonomia e la specificità dell’ordinamento sportivo nella misura in cui le disposizioni de quibus assurgono espressamente a norme governative.

Orbene, appare chiara la necessità di una riflessione dell’Esecutivo più ponderata sul piano dell’opportunità e sistematicamente orientata rispetto alle disposizioni vigenti, affidando alla responsabilità dei singoli, nel contesto generale della gestione controllata dello sport, la possibilità di continuare a fornire i servizi essenziali nell’ambito di palestre e piscine.

Articolo a firma di:

Cristina Varano – Avvocato del Foro di Roma; esperto di giustizia sportiva; Procuratore Federale FIJLKAM/FIPE; Procuratore Aggiunto FISE

Ph. ©Unsplash

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