Esclusiva – Walter Bolognani intervista il Presidente Vladimir Salnikov (Video)

Lo scorso 29 maggio, in pieno lockdown, i nostri Walter Bolognani e Cristiano Guerra hanno incontrato in video collegamento una leggenda del nuoto, Vladimir Salnikov, alias “La locomotiva di Leningrado“, primo uomo al mondo a nuotare i 1500 metri sotto il muro dei quindici minuti (14:58.27), eletto presidente della Federnuoto russa nel 2009 è stato confermato ieri alla guida del nuoto di Russia fino al 2024.

Segue la videointervista e la traduzione testuale in italiano.

29 Maggio 2020.

Grazie alla disponibilità del Presidente, abbiamo potuto apprezzare una conversazione ricca e completa. Il racconto della sua vita sportiva, del modo in cui ha affrontato i momenti di successo Olimpico e quelli di grande difficoltà a causa del boicottaggio del 1984, regalandoci una sua visione moderna ed attuale della vita di un atleta. Concretezza e sintesi dei suoi momenti privati, uniti alla sua esaustiva descrizione del sistema russo e del nuoto odierno “One school, one pool“, restituiscono una immagine confortante e di incoraggiamento al movimento.

Il suo semplice ed efficace approfondimento sul termine di “talento” e sui capisaldi della vita di un atleta sono stati tanto semplici quanto illuminanti.

Sono ancora atleta dentro” è una delle frasi che meglio rendono l’idea di come si sia proposto il Presidente e del modo in cui abbia affrontato le risposte ad ogni domanda. Un fuoco dentro, una passione indescrivibile che mai è stata celata nel corso della conversazione sono gli elementi che da soli rendono questa conversazione meritevole di ascolto e di riflessione.

Vi lasciamo all’intervista realizzata da Walter Bolognani con il supporto tecnico ed organizzativo di Cristiano Guerra.

Buongiorno Presidente

La gente conosce le star e le leggende del nuoto mondiale grazie alle loro prestazioni ed alle trasmissioni televisive dei maggiori eventi sportivi. Pochi sono a conoscenza della loro vita privata. Cosa ci può raccontare del suo privato ?

Cerco di evitare troppa pubblicità alla mia vita privata, tento di mantenerla per me. Trascorro il mio privato con la mia famiglia: mia moglie, mio figlio, mio suocero e gli amici più stretti. Non amo una esposizione ulteriore a quella che ho già. Non mi interessa andare in giro e aggiungere visibilità a quella che deriva già dalle mie apparizioni pubbliche e preferisco mantenere un profilo tranquillo.

Ma lei ha una vita davvero privata ? Ha tempo per la sua famiglia ?

Non abbastanza, cerco di starci il più possibile e nonostante in certi periodi sia difficile apprezzo molto la vicinanza di mia moglie. Nello sport è tutto molto veloce: accadono cose a cui devi reagire molto velocemente e quindi è complicato vivere il proprio privato in tranquillità. Mi sento un po’ come un “pompiere” pronto in ogni momento ad entrare in azione. Serve grande passione giacché problemi piccoli e grandi sono sempre dietro l’angolo ed in quanto Presidente devi essere pronto ad intervenire, ma tutto questo mi mantiene vivo e con il supporto della mia famiglia cerco sempre di dare e fare del mio meglio.

Si sente dalle sue parole che dentro c’è un grande fuoco e una grande passione e questo è davvero bello. Lei è uno dei più grandi protagonisti della storia del nuoto, potrebbe raccontarci quelli che sono stati i momenti più significativi della sua carriera sia nell’accezione positiva che negativa ?

Mi vengono in mente alcuni episodi, il primo è in riferimento ai Giochi di Montreal del 1976 quando sono arrivato sulla scena internazionale a 16 anni qualificandomi quinto nei 1500 (con record europeo su 800 e 1500) primo dei russi, nonostante io arrivassi in Canada come terzo del mio Paese. In quel momento ho capito che avevo raggiunto un livello in cui il contesto nazionale non era più cosi importante come prima, mi sono trovato proiettato con un balzo nell’olimpo e questo mi ha fatto capire che avrei dovuto lavorare molto più duramente per rimanerci e migliorare. Il mio focus è cambiato in quella occasione.

Un altro momento fu il record mondiale sugli 800 che nuotai in Russia nel corso di una competizione nazionale. Nel programma non c’erano gli 800, ma solo i 1500. Il mio allenatore, che  mi ha seguito per 10 anni mi disse: “Vladimir, è il momento di battere il record del mondo”… io ero un po’ preoccupato perché tentare di battere un record del mondo significava essere in grado di esprimere tutto il mio potenziale e poi proseguire per altri 700 metri, ma capii che con quel primato non sarei più stato una comparsa nel mondo internazionale, ma un protagonista.

Il gran tempo sui 1500 arrivò ai Giochi di Mosca del 1980 quando vinsi in 14:58.27 (WR e primo a scendere sotto i 15 minuti)

Altro momento è quello relativo ai Giochi di Los Angeles 1984 ed al boicottaggio. Io ero pronto e molto più in forma di quanto sarei poi stato a Seoul nel 1988. Tutti le Olimpiadi sono state molto significative per me, dalla prima all’ultima.

Penso che Seoul sia stato qualcosa di fantastico per lei perché dopo il boicottaggio di Los Angeles quella vittoria fu notevolissima. E’ stato cosi ? Ha un significato diverso oppure no ? Brucia ancora il non aver potuto essere a LA 1984 ?

Il 1984 mi fece molto male, avrei potuto concludere li la mia carriera e la sensazione era quella di chi si trova davanti uno spazio vuoto e non sapeva cosa fare. Era tutto pronto dopo un lungo e duro lavoro e improvvisamente ti ritrovavi di fronte al niente. Prendemmo con il mio allenatore la decisione di continuare nonostante dei problemi alla spalla che dovetti curare e tutto sembrava davvero complicato. In quel momento comunque fu mia moglie con la sua vicinanza a darmi la forza di proseguire per altri 4 anni. Mio suocero mi fece notare la sua importanza e il suo valore professionale: in quanto scienziata, già operativa nella squadra nazionale e sempre al mio fianco sarebbe stata la mia opzione migliore. Il tutto mi suonò inizialmente inaccettabile ma poi capii che quella era l’unica opzione.

Da allora abbiamo cominciato a lavorare insieme sia pur con grandi difficoltà iniziali. Io non sono un tipo di persona che esegue degli ordini senza andare a fondo di ogni aspetto e quindi discutevamo per ogni cosa e ogni giorno (era un incubo) fino a che mi convinse che se non la seguivo in tutto non avrebbe funzionato. Ricordo una volta che mi fece interrompere l’allenamento perché i dati che stava raccogliendo attraverso i test e le analisi dimostravano che ero completamente sfinito. Io ribattei dicendo che le cose non stavano cosi ed avevo energie (do noi si diceva che se non finisci l’allenamento e qualcuno ti deve tirar fuori dalla vasca perché hai finito tutte le risorse vuol dire che non hai fatto proprio tutto. Non “puoi” uscire dalla vasca sulle tue gambe). Andai avanti un paio di giorni con le mie convinzioni fino a che davvero non riuscii più a proseguire. Capii pertanto che era il caso di seguire le sue indicazioni.

In quel periodo studiavamo a Mosca ed a San Pietroburgo, frequentando un corso post-universitario di specializzazione.

Proseguimmo quindi con una preparazione molto dettagliata e diversa (forse più moderna)

Per noi fu l’inizio di un nuovo approccio al nuoto, con una componente scientifica più marcata e non basata esclusivamente sul livello di fatica e sull’esaurimento di energie in ogni sessione che svolgevo.

Il Mondiale dell’86 non andò bene mentre ai Goodwill Games vinsi i 1500 con il record del mondo e quindi arrivando a ai Giochi di Seoul mi presentai non più come l’uomo da battere e questo mi fu di aiuto. Vinsi i trials Russi, non feci il limite per Seoul e ci furono delle polemiche sul fatto che io potessi partecipare ai Giochi dell’88.

Fu una mia decisione quella di partecipare alle Olimpiadi Coreane. Non ci volevo andare da turista e quindi attesi una occasione per testare me stesso prima dei Giochi. Se mi fossi sentito all’altezza sarei andato, altrimenti sarei rimasto a casa. L’occasione si presentò nel corso di un Dual Meet tra Unione Sovietica e Canada. Nuotai gli 800, mi sentii bene e presi la decisione di partecipare a Seoul.

La sensazione era completamente diversa da quella di Mosca 1980. Allora ero al top, ero l’uomo da battere ed ero al centro dell’attenzione mediatica. A Seoul ero tranquillo con il mio team, mia moglie non venne perché due mesi prima era nato nostro figlio e cosi ero senza il mio personal-coach, ma la situazione mi consentì comunque di mantenere la mia concentrazione e il focus sull’appuntamento. Giorno dopo giorno mi sentivo pronto e con l’esperienza maturata sapevo che al momento giusto sarei stato pronto per una grande gara.

Durante questa risposta ha toccato 2 punti interessanti. Nel mondo ci si riempie la bocca con il termine “talento”. Questo è un talento, sarà il migliore….. Sicuramente lei è uno dei più grandi talenti nella storia del nuoto. Cosa pensa del “talento”, cosa significa essere un talento ?

Quando ho cambiato allenatore e mi sono spostato a S. Pietroburgo al club Ekran con coach Petrov lui fu il primo a dimostrarmi come si doveva affrontare il nuoto con passione e con una buona tecnica sin dall’età di 8 anni. Mi mostrò il perfetto delfino e pensai che forse avrei potuto nuotare anche io in quel modo. Rimasi con lui 6 anni e mi disse che a rana non ero buono, nello sprint nemmeno ero un granché – non avevo gambe e non esprimevo potenza – a dorso ero appena discreto. Gli chiesi quindi che cosa rimaneva e lui mi disse che c’erano i 1500 e che lui riteneva che io sarei stato buono su quella distanza. Io dissi che capivo che mi sarei dovuto allenare il doppio dei miei compagni !

Spostatomi quindi in un altro gruppo con un altro allenatore (Kroshkin) fu duro. i compagni erano più grandi di me ed ogni allenamento era una dura lotta per ridurre la distanza tra me e loro durante le serie. Questo sicuramente mi aiutò. Il mio coach disse che il mio talento era la capacità di sopportare un lavoro che altri non erano capaci di completare e mi convinsi anche io che quella era una cosa che mi apparteneva. Penso di essere stato psicologicamente più forte degli altri ed avevo una buona capacità di reagire a momenti in cui le cose non andavano bene. Questa probabilmente è una combinazione di quello che potrebbe essere un talento.

Per coloro i quali non hanno come arma una grande prestanza fisica, credo che il lavoro duro possa compensare ma devi assolutamente credere in loro stessi fino a che un giorno saranno in grado di raggiungere il risultato.

Quindi devi credere in te stesso, sapere che dovrai lavorare duro ogni giorno, seguendo i consigli dell’allenatore. Siamo d’accordo con te. Purtroppo oggi tutto deve essere fatto subito. Atleti e tecnici vogliono il risultato nello stesso momento in cui lo pensano o lo chiedono. E’ necessario pianificare lungo un periodo di anni per ottenere il massimo di te stesso. Il significato della parola “Olimpiadi” non è tanto quello di parteciparvi, quanto quello di essere in grado di dare il proprio massimo, quelle sono le vere “Olimpiadi”. Non so se ho spiegato il significato di questo. 

Se non dai il 100 %, se non lo fai, difficilmente potrai realizzarti. Spesso succede di non essere in grado di dare il proprio meglio, ma se si lavora sempre con grande attenzione e impegno si conosceranno meglio i propri limiti e potrai utilizzare questa abilità nelle gare ampliando le tue capacità complessive. Se non conosci te stesso non puoi essere fiducioso al 100% di quello che potrà essere il risultato.

Quello che ho imparato del nuoto è che vincere è più una questione di saper dare tutto ciò di cui si dispone. Se perdi non ne devi fare una tragedia, non hai perso nulla perché sei stato leale con te stesso. E’ importante capire che se più di quello non potevi dare, hai comunque raggiunto un grande riscontro personale. Per te e per la tua attività e per la tua persona.

Forse dovrai cambiare qualcosa, ma sei sicuramente più fiducioso e non avrai la necessità di speculare e lamentarti dicendo che avresti potuto far meglio e ripetere “se” “se avessi” “se” …. Non mi piacciono i “se”.

A me piace dire: “l’ho fatto e …. tanti saluti a tutti, questo è il mio valore”. Nella mia carriera ho vissuto alcuni momenti disastrosi come ai Mondiali di Madrid 1986 quando persi 400 e 1500, agli Europei del 1977 quando non mi sono qualificato per la finale. Tutto questo brucia, ti sembra che tutto crolli, che la luna si schianti sulla terra ….. ma un secondo dopo ti rendi conto che non è successo niente, che paragonato all’universo quello che ti è successo non è niente. Dopo un paio di ore mi sono subito ripreso ed ho realizzato che forse l’estinzione dell’essere umano tra qualche miliardo di anni potrà essere una tragedia, non certo quello che era successo a me poco prima.

Questa risposta sarà molto apprezzata dagli allenatori e dai ragazzi di questa generazione, poiché spesso dimentichiamo quali sono i reali valori per ottenere qualcosa. Durante il racconto della sua storia sportiva lei ha accennato ad un momento in cui tutto sembrava perso (1984 boicottaggio). Niente obiettivi, nulla da raggiungere …. Può essere accomunato in una qualche maniera alla situazione tragica che stiamo vivendo oggi con la pandemia COVID ? Atleti e tutti coloro che sono attivi nello sport potranno gestire in una qualche maniera questa situazione ?

Per quanto alla prima parte della domanda, nel 1984 come sappiamo ci fu il boicottaggio, una cosa diversa. Qualcuno gareggiò qualcun altro no. Non ti senti bene di fronte ad una situazione come questa. Qualcuno deve fermarsi, qualcuno invece va avanti normalmente. Questa è stata davvero una pessima sensazione.

Ora invece tutti sono fermi. Credo che tutti troveremo un modo di andare avanti, quelli che sono preoccupati per il mantenimento della loro forma fisica ritorneranno sui blocchi quando sarà tutto finito. La mia idea è che sia un poco più semplice. Siamo tutti nella stessa situazione, in futuro ci saranno meno abbracci e baci (noi ne diamo tre, voi due). Probabilmente questo ci mancherà o forse no, magari avremo presto un vaccino e questo periodo sarà un punto nero della nostra vita.

Due, tre mesi fuori dall’acqua per un nuotatore è certo un periodo lungo, ma la storia ci aiuta con diversi esempi concreti. Se capitano dei problemi di salute, un qualche trauma come una frattura, o altro senza la possibilità di nuotare per mesi, si sa bene che si potrà tornare ai livelli precedenti.

La situazione attuale è comunque un dato di fatto, va vissuta e credo che i nuotatori torneranno come prima.

Circa i cambiamenti futuri non vedo cambiamenti significativi. Si dovranno seguire i protocolli di sicurezza come la distanza sociale, ma non credo proprio che dovremo ricorrere a costumi “full-body” con la maschera per proteggerci da tutto ciò che ci circonda.

Inoltre il cloro sicuramente rende difficile la vita a virus e batteri, nel passato ce n’era un mucchio in acqua ed i nostri capelli diventavano biondi o verdi e gli occhi erano completamente rossi (eravamo tutti alla caccia di un paio di occhialini allora). 

Adesso c’è meno cloro in acqua di allora e chissà, oltre a disinfettare e sterilizzare l’ambiente magari ritorneremo ad avere più cloro in acqua. In ogni caso non penso che succederà nulla di drammatico al mondo del nuoto.

Noi conosciamo la forza sportiva della Russia. Potrebbe spiegarci quale sia l’organizzazione del nuoto nel vostro Paese. Ci sono i clubs e quindi i Centri Nazionali ? Come si sviluppa da un punto di vista strutturale la vita di un atleta e il mondo del nuoto ?

Cerco di spiegarmi meglio che posso, a volte è difficile capirlo anche per noi.

I club privati sono molto pochi in Russia, la maggioranza di strutture è gestita dai comuni, dalle province o dalle regioni e quindi ha una conduzione pubblica. Noi le chiamiamo “sport schools” e faccio un esempio: a Mosca ne abbiamo circa 60.

Sono finanziate per lo sviluppo del nuoto da zero fino all’elite. La maggior parte dei bambini impara a nuotare senza dover pagare nulla o in alcuni casi molto poco. Lo step seguente, è la possibilità delle scuole di offrire un programma di allenamento ma non in tutte le “sport schools”, ossia non tutte le scuole hanno una piscina adatta ar procedere nel programma. Questo sarebbe un mio sogno.

Mi piacerebbe che questo si realizzasse perché in Russia non abbiamo abbastanza piscine, in una piscina abbiamo fino a 5-6 scuole di nuoto che noleggiano gli spazi acqua.

Procedendo fino (più o meno) al terzo anno di attività si continua a non pagare nulla o pochissimo a parte l’equipaggiamento sportivo se non è fornito dalla scuola. Nel momento in cui si raggiunge il cosiddetto livello “masters of sport” (uno standard stabilito dal ministero dello sport), si accede ad un gruppo “top” composto da poche unità (5-6 persone). L’allenatore è sempre pagato dall’ente pubblico, dalla scuola (è un dipendente della scuola, della città o della provincia). Se tra questi atleti c’è chi si qualifica per la squadra nazionale, gli è permesso partecipare ai raduni collegiali, pagati del Ministero dello Sport ed organizzati dalla Federazione Russa.

Ci sono altre opzioni: se la scuola è ben organizzata possono esserci dei collegiali organizzati in altri luoghi dalla stessa. Nelle grandi città ci sono “clubs” di questo tipo che propongono camps sul Mar Nero o in Paesi confinanti con la Russia.

Dal momento in cui sei qualificato per la squadra nazionale, fai parte di un grande gruppo (abbiamo circa 300 nuotatori che sono qualificati come CANDIDATI alla squadra nazionale). La squadra nazionale viene selezionata tra questi prima degli eventi internazionali più importanti della stagione. Da noi sono tutti “candidati” e hanno la possibilità di svolgere collegiali con il proprio coach o, in mancanza di questo, di unirsi ad un gruppo guidato da un “national coach”.

Questi raduni non coprono tutto l’anno, la maggior parte del tempo l’atleta sta a casa sua fatta eccezione per i nuotatori di altissimo livello che hanno 5/6 raduni all’anno le cui spese sono coperte dal Ministero dello Sport. Questi raduni possono realizzarsi nel nostro centro a Mosca, oppure nel centro di Volgograd dove ci sono 4 piscine di cui due da 50 metri e che abitualmente viene utilizzato per gli junior.

Ripeto quindi che noi abbiamo i cosiddetti “candidati” al team nazionale che hanno la possibilità di allenarsi e vivere senza costi in questi centri quando non siano in grado di farlo nel loro impianto.

Finalmente conosciamo meglio la vostra organizzazione. Abbiamo per lo più informazioni parziali … adesso una domanda forse buffa. Nella sua generazione ci sono stati molti campioni e tra questi abbiamo scelto un grande come come Sergey Bubka. Quindi la domanda è semplice: chi è il migliore: Bubka o Salnikov ?

Non lo so e non ho mai paragonato i miei risultati con quelli di qualcun’altro. Questo va bene ai giornalisti ed agli statistici. Apparteniamo a due discipline troppo diverse e secondo me non confrontabili. Direi che i nuotatori meritano molto di più di quello che hanno. Il lavoro che fanno in acqua non è mai compensato abbastanza con del denaro. Ma meglio non fare paragoni con altre discipline e non toccare il punto in cui ci si confronta con gli sport di squadra altrimenti andiamo in una direzione molto diversa e lontana che non voglio affrontare.

Non importa per l’ultima considerazione sugli sport di squadra, ci ha comunque dato emozioni di chi è un grande atleta. Tornando al nuoto e nel particolare al mezzofondo, lei vede in giro per il mondo o crede ci sia già una sorta di nuovo Salnikov ?

Mi spiace di non rispondere in modo esaustivo a questa domanda. Nel mondo ci sono molti atleti buoni, nella mia posizione non sono interessato a fare un ranking particolare. Preferisco vedere la domanda da un punto di vista diverso.

Se pensiamo ad un atleta che nuota i 400, aggiungiamo i 200, la 4×200 e la 4×100. Quando un atleta è in grado di essere in cima al mondo in 3 di queste prove, due individuali e una di squadra, beh è benvenuto nel mondo dei top-swimmers. Ma chiediamoci: chi è in grado di fare questo ?

L’ultima (ma non lo sarà) domanda. Non crede che le maggiori istituzioni come FINA, CIO etc. dovrebbero dare più spazio e udienza a tecnici ed atleti quando portano nuove idee e cose diverse nei momenti decisionali ? La nostra opinione è che gli attori principali non godano di una attenzione adeguata. Può darsi che mi sbaglio ….

Da quello che ho notato negli ultimi 5 anni, il ruolo degli allenatori e degli atleti è diventato sempre più significativo all’interno delle Istituzioni Mondiali. Possono sedersi al CIO e in FINA nelle commissioni dedicate.

Ciò che penso è che la voce degli atleti è adesso più forte e la loro opinione più importante. Forse nel prendere decisioni non lo è ancora abbastanza, ma già questo è un grande risultato. A proposito degli allenatori, penso che la commissione degli allenatori all’interno della FINA è una buona piattaforma che può permettere di esprimere la loro opinione. In quanto membro del Bureau FINA e attualmente il Liason FINA per il comitato dei tecnici (abbiamo anche commissioni per syncro, tuffi, pallanuoto etc.) so che i tecnici sono coinvolti nello stilare il calendario ed i programmi degli eventi.

Nella grande ed articolata struttura che abbiamo nel CIO e nella FINA, per prendere una decisione finale però si devono considerare moltissimi fattori.

L’opinione dei tecnici, della commissione tecnica, del comitato legale e delle altre realtà che concorrono alla realizzazione di un evento rende complessa una decisione che sia la più soddisfacente per tutte le parti coinvolte. Alcune decisioni o posizioni non arrivano alla parte finale  decisionale a causa della consecutività che deve esserci tra i vari ruoli.

Ad esempio, la World Cup: un paio di anni fa il programma prevedeva due giorni, programma che venne considerato troppo compressa e privo di alcune distanze. Su suggerimento degli allenatori, la commissione tecnica ha deciso di portare a tre le giornate di ogni tappa. Questo è ok per gli atleti e per i tecnici ma non per gli organizzatori, che devono disporre di un budget maggiore, devono trovare più denaro, essere in grado di vendere i diritti TV in modo da compensare le uscite più cospicue. Ogni aspetto è collegato all’altro. Alcune volte da un certo punto di vista può essere considerato inadatto, ma nel mondo moderno non possiamo ignorare aspetti quali la TV ed i media, perché questi giocano un ruolo molto significativo nello sviluppo dello sport. La maggioranza dei fondi proviene dai media.

Anche gli sponsor sono importanti. Vogliono visibilità, essere presenti ovunque sul piano vasca.

Io mi considero ancora un nuotatore e quindi mi è facile vedere le cose da questo punto di vista. Ho notato che gli atleti hanno un ruolo sempre maggiore nelle decisioni da prendere, mentre gli allenatori …… “niente atleta niente coach” , è un po’ la storia dell’uovo e della gallina e cosi via.

Ricordo che quando entravo in piscina da bambino per me il coach era come un Dio in cui credevo al 100 per 100. Direi che ci sono tre o quattro momenti attraverso i quali si sviluppa la relazione tra atleta e allenatore.

Il primo, che dura parecchio, forse fino a circa 16 anni è appunto rappresentato da un coach che rappresenta TUTTO per l’atleta ed al quale bastano poche regole che vengono rispettate in quanto lui è leader indiscusso.

Il secondo, quando coach e allenatore si avvicinano molto in termini di comprensione, ossia l’atleta non è solo un esecutore di “ordini” ma è in grado di dare un feedback al tecnico che è in dovere di ascoltarlo. In poche parole: cooperano.

A questo punto il lavoro è congiunto ed il successo è legato al modo in cui sviluppano questa relazione perché più il nuotatore cresce più gli errori possono essere significativi e pericolosi. Pertanto devono essere molto più attenti al loro modo di interagire e comunicare per non compromettere il futuro.

L’ultimo passo, quando l’atleta è sviluppato e si sente come un pesce nell’acqua, come un delfino, uno squalo. Beh tutto ciò lo porta a pensare di conoscere già tutto di sé stesso del suo corpo delle sue sensazioni e di sapere già cosa deve fare. Questo livello appartiene solo a pochissimi campioni con la responsabilità che comporta questa posizione. E’ qui che l’atleta può decidere con chi allenarsi e in che modo. Non è certo possibile che questo tipo di scelta avvenga in momenti precedenti. Il giovane atleta non ha né le conoscenze né un background sufficiente per poter valutare il tecnico che lo guida. Per arrivare a questo ultimo step, sono necessari anche più di 15 anni.

E’ stato un piacere sentirla, sono passati oramai 53 minuti e questa è davvero l’ultima domanda. La risposta è sicuramente affermativa. Lei è mai stato in Italia, quante volte e quali le sue impressioni sul nostro Paese ? … non mi dica che è i suo preferito perché non ci credo !

… è Il secondo, il secondo dopo la Russia….. 

L’Italia mi piace, la gente è molto amichevole, il Paese ha una grade storia e mi ricordo che quando ero bambino, avevo circa 6 anni, il mio libro preferito era “Spartaco” di Giovagnoli, un libro bello grosso. Non so quante settimane ho impiegato a leggerlo ma era il mio libro preferito.

Mi piace Roma, mi piace Venezia, sono stato in Italia molte volte, non so quante 15-20 forse di più.

La gente è sempre sorridente ed ha un grande senso dell’umorismo, cosa che apprezzo particolarmente. Mi ricordo che mio suocero mi diceva che nella vita ci sono molte perdite. Perderai i tuoi genitori, i tuoi amici e questa è una cosa molto triste, ma se perdi il senso dell’umorismo sarai un uomo perso. E se lo perdi come potrai trovare la persona che eri prima ? Quindi non perdere te stesso. Penso che se sorridiamo potremo risolvere ogni problema e potremo capirci l’un l’altro molto meglio.

Mi piace la tradizione della famiglia che c’è in Italia, cosi come in Russia. I nonni, i nipoti il nucleo familiare. Non posso dire che mi sento come a casa perché anche la lingua è diversa, ma certo la sensazione è quella di leggerezza.

Poi il cibo, il clima, la cultura italiana.

 … Pizza, spaghetti …

Mi piace molto il parmigiano. A proposito di cucina italiana, ricordo di una volta in Italia con il mio amico Camillo Cametti che mi invitò in un ristorante non sofisticato o particolarmente chic. Era piuttosto una taverna o una caffetteria dove si mangiava la miglior pizza in città. Questo è singolare perché spesso siamo attratti da ciò che sta attorno e delle apparenze piuttosto che dalla concretezza delle cose.

Bene Presidente, grazie. Siamo molto onorati della sua disponibilità e gentilezza. Grazie da tutto lo staff di nuoto.com Ci ha raccontato molte cose e penso che tutto sia stato molto interessante per chi leggerà.

Atleti, tecnici e famiglie. Sono stati toccati diversi punti interessanti e nel modo giusto. Ero un poco intimorito perché l’ho incontrata diverse volte sul bordo vasca, ma lei è un “Boss” del nuoto e non ho potuto interagire con lei. Spero di ritrovarla in futuro in piscina, un futuro con meno baci e abbracci come ha detto lei, ma con la comunità del nuoto che celebra una nuova gara.

Grazie a voi per l’opportunità.

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