Alberto Burlina: “Per Thomas nonostante tutto è stato un anno buono. I giovani allenatori? Vanno aiutati e guidati.”

Alberto Burlina (nella foto di copertina con Carola Valle) per Thomas Ceccon è il “Maestro”. Questo sostantivo per tanti potrebbe suonare quasi come una presa in giro, e invece questo ragazzo lo pronuncia con grande rispetto nei confronti dell’allenatore che lo ha cresciuto, natatoriamente parlando, e lo sta accompagnando in un percorso sportivo, che inevitabilmente è anche umano,  molto importante ma anche molto complesso. Capo allenatore presso la Leosport di Creazzo (VI), Burlina ha a curriculum, oltre che moltissima esperienza e passione, anche alcuni atleti che hanno fatto parte di progetti olimpici e mondiali.

Stiamo vivendo una seconda fase Covid, sportivamente parlando, che ha dato un ulteriore scossone al nostro sport, già parecchio segnato con quanto accaduto in primavera. Qual è il tuo pensiero sullo stato attuale delle cose?

Sono molto preoccupato. In questa situazione gli atleti di alto livello hanno probabilmente sofferto un pochino di meno: ci sono i centri federali e le squadre più grosse hanno forse i mezzi per far nuotare i loro atleti, ovviamente con molti sacrifici! Ma ciò che mi preoccupa è la base: la scuola nuoto, il lavoro di preagonismo fatto con i più piccoli, con quelli che saranno gli atleti del futuro. Questo sarà, a mio parere, un problema che ci ritroveremo ad affrontare non appena la situazione si sarà normalizzata. Noi, ad esempio, in società stiamo facendo degli sforzi economici notevoli per poter continuare a far nuotare gli atleti, perché riteniamo che la fascia da curare di più, in un progetto a medio-lungo termine, sia quella degli esordienti. Se questi si fermano rischiamo di perdere ragazzi per un equivalente di quattro annate. Ed è un buco enorme. Abbiamo notato inoltre, che nonostante sia stata data l’opportunità di nuotare, le presenze si sono comunque notevolmente ridotte, quasi dimezzate. Non oso pensare a coloro che hanno dovuto chiudere con il 26 di ottobre. La situazione è molto preoccupante. Anche perché le società sono agonizzanti, sono veramente in grosse difficoltà. Se la situazione persiste, nel tempo ne risentirà anche l’alto livello. È inevitabile.

Sei il tecnico di Thomas Ceccon, atleta giovane, ma già da qualche anno in nazionale assoluta. Parlaci di lui.

Sono molto contento per Thomas. Nonostante il 2020 sia stato un anno catastrofico sotto tanti punti di vista, per la sua crescita personale è stato un anno buono: ha fatto la maturità, ha preso da poco la patente… Speriamo chiuda l’anno in bellezza facendo anche delle belle gare a Riccione agli Assoluti. Il progetto 2019/2020 era di mettere in standby i 200 misti e i 200 in generale come distanza di gara, per focalizzarci sulla velocità, centrando quindi i 100 dorso e cercando un posto in staffetta nella 4 x 100 stile. Al Sette Colli di quest’estate ha fatto dei buoni tempi nonostante il contesto. A settembre, quando abbiamo ripreso, si è cominciato a lavorare per costruire i 100 di cui accennavo prima, senza tralasciare i 50 e 100 farfalla. Lui è stato tra i fortunati che ha potuto allenarsi con continuità, Verona in questi mesi è stata un’isola felice grazie al supporto della Federazione. Gli sono mancate moltissimo le competizioni. Fortunatamente ha potuto fare alcuni collegiali che per lui sono sempre molto stimolanti, anche perché con il gruppo dei velocisti di Rossetto si trova molto bene, ci sono poi alcuni suoi coetanei del Team Veneto che vengono convocati con i quali lui si allena molto volentieri e va d’accordo. Con questo ulteriore stop è tornata la paura di non poter gareggiare: per fortuna sono rimasti a calendario gli assoluti, perché nella nostra scaletta avevamo programmato altre gare prima di Riccione, che purtroppo però non si sono disputate.

CECCON Thomas ITA
LEN 45th European Junior Swimming Championships
Helsinki, Finland
Mäkelänrinne Swimming Centre
Day00 03-07-2018
Photo Andrea Masini/Deepbluemedia/Insidefoto

 

Per quanto riguarda il nostro rapporto, tra di noi c’è grande rispetto, Thomas è un ragazzo rispettoso nei miei confronti. C’è chiarezza nel nostro modo di comunicare, scherziamo ma sappiamo anche dove si trova il confine e qual è il limite che per il bene di entrambi non dobbiamo superare. Lui sa di potersi fidare e, personalmente, mi fa sentire degno di questa fiducia. Non fa obiezioni o discussioni sugli allenamenti e se c’è un problema me ne parla. Io personalmente ritengo che per essere rispettato devi rispettare: è un atteggiamento che adotto con tutti i miei atleti, non solo con Thomas, e questo nel tempo mi ha sempre dato risultati. Sostanzialmente anche la relazione con il tuo atleta è soggetta a uno sviluppo: parti che sono bambini in cui sei giocoso ma direttivo, mano a mano che crescono passi da autoritario ad autorevole. Se tu rispetti l’atleta, solitamente l’atleta rispetta te e la relazione che si instaura è costruttiva.

Seguire un atleta di alto livello è sicuramente una grande soddisfazione, ma anche un grande impegno. Quali sono le difficoltà maggiori che hai incontrato fino ad ora?

Gestire un atleta di alto livello è una cosa completamente nuova rispetto a quello che solitamente si fa tutti i giorni a bordo vasca, e in particolare con Thomas. Bisogna tener conto che è un ragazzo che dai quattordici anni, fino ai diciotto, è stato apostrofato in mille modi: il nuovo Phelps, il Talento, l’Extraterrestre, il Golden Boy. È dovuto crescere prima del previsto, ha dovuto imparare subito come funzionava il mondo, soprattutto con i più grandi, e ha indossato uno zaino carico di aspettative pesantissimo. La grossa difficoltà che ho incontrato è stata, da una parte di contenere queste tensioni e questo stress emotivo che il ragazzo, e la famiglia stessa, si sentiva addosso, e dall’altra evitare comunque che il ragazzo si montasse la testa perdendo completamente di vista quello che era l’obiettivo. Ricordiamoci che stiamo comunque parlando di una ragazzo che fino a un paio d’anni fa era addirittura un ragazzino. Con lui era una continua altalena tra il sentirsi il migliore e la terribile di paura fallire, non riuscendo a dimostrare il suo valore. Non è stato assolutamente facile. Tra i quattordici e i diciotto Thomas ha partecipato a tutte, e dico tutte, le manifestazioni internazionali giovanili: quattro Eurojunior, due Mondiali, l’Olimpiade Giovanile, etc. Inoltre a fatto tutte le manifestazioni assolute della Nazionale: Europei, corta e lunga, Mondiali, corta e lunga, mancherebbe ora l’Olimpiade. Questo non per dire che non è giusto, che non si doveva fare o cosa, ma solo per dire che conciliare la crescita con un percorso sportivo ambizioso, come è giusto che sia, è stato molto impegnativo. E non è finita. Un atleta che arriva piano piano, che riesce a fare i suoi step con gradualità e all’età giusta è un pochino più facile. Thomas ha fatto un Europeo Juniores da secondo anno categoria Ragazzi, con atleti di quattro anni più grandi di lui, non sono cose che si vedono tutti i giorni. Affrontare tutto questo per un ragazzino, oltre che complesso, è anche pericoloso. Ora ci troviamo a vivere nella situazione che da ex bambino prodigio, deve dimostrare ciò che vale, e non è così semplice, è un’ulteriore tensione che se non adeguatamente gestita porta a risentirne a livello di autostima, quindi a livello personale, inibendo tutto il potenziale che una persona può avere. Sicuramente Thomas non è un ragazzo qualsiasi, e in buona fede si è pensato di aiutare il suo potenziale facendogli fare più esperienze possibili, ma se non si è sufficientemente maturi diventa difficile da sostenere in maniera equilibrata. Posso comunque ritenermi fortunato, perchè in tutto questo ho sempre avuto affianco a me la Federazione Italiana Nuoto, a darmi tutto il supporto di cui avevo bisogno. Non sono mai stato escluso dal processo decisionale che riguardava le scelte che si dovevano fare nei confronti di Thomas, sono sempre stato coinvolto e sempre stato ascoltato: si è sempre deciso insieme e per il bene del ragazzo. 

CECCON Thomas
100 Backstroke men
Roma 12/08/2020 Foro Italico
FIN 57 Trofeo Sette Colli – Campionati Assoluti 2020 Internazionali d’Italia
Photo Giorgio Scala/DBM/Insidefoto

 

Con la società Leosport di cui sei capo allenatore segui anche ragazzi più giovani. Con il tuo vissuto da allenatore, ritieni ci siano importanti cambiamenti tra i nuotatori di oggi e quelli di un decennio fa? E quali?

Io non credo che i nuotatori di oggi siano diversi da quelli di dieci anni fa, forse rispetto a quelli di vent’anni fa. Ma penso che siano diversi perché noi allenatori siamo cambiati. I ragazzi sono sempre ragazzi. Probabilmente possono avere motivazioni diverse rispetto ad una volta; oggi i ragazzi sono molto informati e molto più connessi con il mondo grazie ai social, ma le loro debolezze, le loro fragilità e la loro positività sono ancora le stesse di vent’anni fa. Magari possono espresse in forma diversa rispetto a un tempo, ma sempre di positività o di fragilità si tratta. Noi allenatori abbiamo subito il cambiamento più importante: siamo cambiati nella metodologia, nell’approccio all’atleta, nella proposta degli stimoli, nei tempi che teniamo i ragazzi in acqua, oppure fuori dall’acqua. Se c’è un cambiamento, quello riguarda i tecnici. Il cambiamento nei nuotatori è solo una conseguenza. Si tirano alla corsia oggi come una volta, sbuffano per una seduta di allenamento un po’ noiosa oggi come una volta, sono tesi prima della gara oggi come una volta. La società è sicuramente cambiata, ma anche noi tecnici siamo evoluti e abbiamo molti più strumenti per fare bene il nostro lavoro rispetto a un tempo. 

Uno dei fenomeni più ricorrenti, purtroppo, è quello del drop out. Che consiglio daresti agli allenatori più giovani per evitare situazioni di abbandono precoce da parte degli atleti?

Quello che vedo è che un errore ricorrente purtroppo riguarda la categoria degli esordienti. Solitamente si mette l’allenatore più giovane oppure l’ex atleta a seguire i piccoli. Questo, a mio avviso, è uno sbaglio. Non dico che l’allenatore più bravo deve far nuotare gli esordienti, ma il capo allenatore deve seguire in maniera importante, quasi maniacale il giovane allenatore in questa fase. Ritengo che debbano essere assolutamente affiancati e mai lasciati soli. Perché i più piccoli rappresentano il futuro, la base su cui si costruisce l’attività di domani. Pertanto la cura che bisogna avere nelle proposte, sia di acqua che di relazione, sono fondamentali. Si rischia di buttare alle ortiche l’entusiasmo e la curiosità che caratterizzano un bambino, andando a chiudere tutte le sue finestre aperte sul mondo acquatico, che invece ci avrebbero facilitato il lavoro futuro. Il giovane allenatore va seguito, va guidato e non gli si dovrebbero affidare “le basi” del movimento sportivo con il dubbio che possa lavorare male. C’è anche un altro grande rischio: il giovane allenatore potrebbe confondere le abilità di un ragazzo precoce con un aspetto tecnico, convincendosi di avere un fenomeno in vasca e per questo lavorare con alte intensità o proporre carichi assolutamente inadatti. Questi atteggiamenti, che possono anche essere dettati dall’inesperienza, portano inevitabilmente al fenomeno del drop out, poiché ci si focalizza sulla prestazione e sulla vittoria e questi ragazzini precoci, abituati a vincere e a pensare solo a quello, nel momento in cui si confronteranno con dei loro pari, faranno fatica ad accettare la sconfitta, perchè non sono stati preparati a questo. Non reggono la frustrazione. Ritengo che l’abbandono sia collegato ad uno squilibrio tra le richieste del tecnico e ciò che cercano i ragazzi. Il consiglio che mi sento di dare ai giovani allenatori è quello di chiedere! Farsi consigliare, vestirsi di grande umiltà e cercare il confronto sempre con chi ne sa di più e ha più esperienza. Le figure non mancano. È facile dire “se è forte esce fuori da solo”, se non lavori bene non emerge. A volte siamo noi tecnici a soffocare il talento, perchè pur avendolo magari visto, non lo abbiamo curato e non abbiamo saputo aspettare. Si specializza prestissimo, poche gare e tutte orientate ad uno stile e al massimo a un paio di distanze. Questo nel tempo non paga. Inoltre sono una componente importante anche le aspettative dell’ambiente natatorio in generale, giornalistico e purtroppo, in alcune situazioni anche le aspettative e le pressioni della famiglia non aiutano. 

Ultimamente molti allenatori sostengono che il lockdown di primavera ha dato motivo di riflettere sulla metodologia che fino ad ora è stata adottata. Al Sette Colli di agosto si sono avuti riscontri cronometrici notevoli nonostante uno stop forzato che non aveva precedenti. Qual è il tuo pensiero?

Sicuramente c’è da riflettere. Sull’equilibrio tra carico e recupero credo ci si arrovelli da sempre, è uno dei miei crucci. Io ho sempre sostenuto che piuttosto che avere un atleta stanco è meglio avere un atleta disallenato. Da sempre si cerca questa alchimia e bisogna pensare che ogni nuotatore risponde in modo diverso, non è possibile generalizzare o trovare una soluzione che vada bene per tutti. Scientificamente parlando però, anche ciò che è accaduto al Sette Colli non è supportato da uno studio. Sarebbe stato probabilmente bello aver fatto uno studio, in base all’età, in base alle settimane di stop, perché io personalmente credo alla scienza. Penso però che un ragazzo, in salute, che è stato fermo molto tempo e non vedeva l’ora di gareggiare, di dimostrare a se stesso e agli altri il suo valore, ha sicuramente voglia di andare in gara e dare il massimo. Ma qui è lo testa che può fare la differenza in maniera importante. Non me la sento di dire che i buoni risultati del Sette Colli sono frutto del periodo di stop, la cosa va studiata e supportata da dati scientifici, altrimenti stiamo parlando di nulla. Anche perché questa cosa non può assolutamente essere generalizzata per tutte le distanze di gara, una cosa è la velocità, un’altra è il mezzofondo. Lo stop fa sempre bene, è il motivo per cui si fa lo scarico, per cui ci si riposa, per il principio della supercompensazione. Si tratta di andare ad analizzare se si possono trovare nuove formule rispetto alle tradizionali e che siano valide o addirittura migliori. Credo che una buona valutazione su quanto si è visto a Roma ad agosto debba tenere in considerazione anche le altrettanto numerose controprestazioni e addirittura le importanti assenze. 

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