Barelli lancia ancora l’allarme: lo sport rischia di morire

Passate le feste, il numero uno della Federnuoto riporta a galla il problema più grande del mondo sportivo oggi. Proprio nel giorno in cui l’Italia osserva i primi vaccini per il Covid-19. L’Italia che nuota è seriamente preoccupata per la ripresa. Impianti chiusi, società in serie difficoltà e nessun concreto supporto al settore, che teme il peggio. Quello sportivo è un sistema sostenuto e fondato su associazioni e società private, con gli enti locali che oramai hanno un ruolo sempre più marginale.

Barelli, per Italpress, commenta anche la questione della mancata autonomia del CONI, nonché il preoccupante tema dei decreti di riforma dello sport. Attorno a quest’ultimo, oltre alle criticità condivise anche da rappresentanti della maggioranza competenti in materia di sport, sono emersi disaccordi tra il Ministro Spadafora e il Presidente di Sport e Salute Cozzoli. Insomma un fine anno che non lascia spazio ad alcun lieto fine.

 

“Usciamo da un anno complicato: il quadro è drammatico in particolare per noi, visto che le nostre discipline si fanno dentro le piscine. Il Governo deve rendersi conto che lo sport in Italia si fa solo attraverso le società e le associazioni sportive, che vanno sostenute con i fatti e non soltanto a chiacchiere”.

Questo l’appello lanciato da Paolo Barelli, presidente della Federnuoto e deputato di Forza Italia, in un momento davvero complesso per lo sport italiano, alle prese con le pesanti conseguenze economiche provocate dalle chiusure causa pandemia. “Le nostre società e i gestori affiliati sono veramente allo stremo – spiega il numero uno della Fin in un’intervista all’Italpress – i costi restano più o meno gli stessi ma con la chiusura degli impianti all’utenza non ce la fanno più e alcuni stanno fallendo. I ristori non sono assolutamente arrivati al settore dello sport, se non piccole mancette che non servono a nulla. Siamo più che preoccupati, anche perché in Italia lo sport non si fa nella scuola né all’università, i comuni non hanno la forza economica di sostenere l’attività motoria: tutto è basato su società e associazioni, entità non riconosciute dal punto di vista pratico. Lo Stato non fa nulla per sostenerle: se muoiono queste realtà, già allo stremo per il Covid, chiudono gli impianti e finisce l’attività motoria”.
Nel corso dell’anno la Federnuoto è intervenuta in modo importante, per sostenere le proprie società, “ma non abbiamo la possibilità di sostituirci allo Stato”, osserva Barelli. “I costi di gestione per una piccola piscina possono superare i 50-60 mila euro al mese – prosegue il presidente della Fin – Noi siamo intervenuti stanziando oltre 6 milioni per azzerare i costi di affiliazione e tesseramento e per coprire le spese per la partecipazione alle gare attraverso fondi trasferiti ai comitati regionali. Interverremo ancora, anche per mantenere aperti alcuni impianti che altrimenti non ce la farebbero, ma non possiamo sostituirci allo Stato, perché parliamo di cifre enormi che la federazione non può sostenere”.
In questo contesto c’è da preparare anche l’Olimpiade di Tokyo, con tutte le difficoltà connesse all’emergenza sanitaria. “Le prospettive sono delicate e critiche – ammette Barelli – Il Covid colpisce indistintamente e rappresenta un grande punto interrogativo, perché pur facendo attenzione non è possibile vivere in una campana e gli ultimi dati pare non siano confortanti. Essere ottimisti è molto difficile anche perché c’è anche il punto interrogativo degli impianti, che sono molto costosi: vedremo se sarà necessario adottare un programma specifico per garantire gli allenamenti ai nostri atleti”.
Per tutti questi motivi Barelli preferisce non sbilanciarsi in previsioni di medaglie: “Sulla carta ci saremmo presentati con grande entusiasmo – racconta il numero uno del nuoto italiano – Avevamo già qualificato la nazionale maschile di pallanuoto e venivamo dai numeri eccezionali dei Mondiali del 2019. Ma la pandemia ha stravolto ogni parametro e bisogna essere prudenti nelle previsioni, anche se i nostri atleti faranno il massimo”. Sperando di non avere brutte sorprese dal Cio, molto attento alla situazione della mancata autonomia del Coni. “Io non credo assolutamente alle sanzioni – spiega Barelli – Penso sia tutto un gioco delle parti, fermo restando che non bisogna prestarci alle critiche. Ritengo corretto che il Coni sia dotato di una pianta organica, così da sgomberare il campo da equivoci e mettere fine a questo teatrino, perché penso che ci sia anche chi soffia sul fuoco del Cio. Tutto questo va evitato e va fatto rapidamente anche per porre fine agli altri problemi: bisogna togliere ogni possibile strumentalizzazione volta ad altri fini e credo che da qui a breve sarà trovata una forma normativa per risolvere la questione”.
Ma l’autonomia del Coni non è l’unico fronte aperto nello sport italiano. “Viviamo una situazione surreale e il problema più grosso sono i decreti di riforma dello sport – dichiara Barelli – Gli stessi rappresentanti della maggioranza che si occupano di sport sono stati tra i più critici alle nuove norme durante le recenti audizioni. C’e’ qualcosa che non funziona, un cortocircuito da risolvere. E lo stesso botta e risposta tra il ministro Spadafora e il presidente di Sport e Salute Cozzoli andava evitato: se hanno problemi devono risolverli tra loro, se il ministero ha un braccio che non funziona faccia fisioterapia senza esternare queste problematiche creando instabilità in un settore già drammaticamente colpito dal coronavirus. E questo vale anche per le questioni del Coni”.
(di Daniele Palizzotto / ITALPRESS)

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