“Chi pensa ai bambini morti?”

Credo sia stato un errore madornale chiedere la riapertura delle piscine cantando nello stesso coro di palestre, circoli di tennis e di qualsiasi altra disciplina sportiva terrestre. Così facendo siamo stati trattati appunto come qualsiasi altra disciplina terrestre: un passatempo superfluo che può essere sostituito da una passeggiata o quattro rampe di scale.

Parliamo di numeri: nel 1970 annegavano ogni anno 22 bambini per milione di abitanti (dati Istituto superiore di sanità):  in totale 1.182 piccole vittime. Nel 2000 il dato era sceso a 3 per milione, circa 180, nel 2015 siamo scesi sotto il centinaio nonostante in mezzo secolo la popolazione residente sia aumentata da 53 a 60 milioni. Mille decessi scongiurati ogni anno grazie alle scuole nuoto.

Un anno di lockdown significa una generazione di piccoli nuotatori perduta. Significa più morti per annegamento già la prossima estate. Con tutto il rispetto per gli atleti di interesse nazionale credo sia questo il vero problema da porre con forza all’attenzione del decisore politico. È una situazione che non può essere tollerata e che si può facilmente risolvere riportando sulle spalle degli enti locali proprietari delle strutture le responsabilità che gli competono: riaprire gli impianti con numeri bassi, bassissimi per scongiurare qualsiasi rischio di contagio, con i costi fissi trasferiti a comuni province e regioni. Parliamo di una goccia nel bilancio pubblico a fronte della vita dei nostri figli, un investimento urgente e necessario.

(Che poi non si prendano minimamente in considerazione le necessità dell’altra enorme fetta di popolazione per la quale frequentare una piscina è letteralmente questione di vita o morte, le persone con disabilità, mentre a palazzo Chigi si pianta la bandierina di un ministero a loro dedicato è altra questione da far sanguinare gli occhi)

Ph. ©Daisa TJ @Pexels

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