Questione di pelle

La natura ha pensato proprio a tutto!

Non abbiamo bisogno solo di cibo e acqua perché a garantire le chance di sopravvivenza c’è un elemento molto più importante: il contatto fisico che rende piacevoli le relazioni.
Questa modalità sensoriale è presente in tutte le specie che hanno bisogno di stare insieme e collaborare per ottimizzare appunto, le possibilità di sopravvivenza.

Il contatto è una vera esigenza biologica primaria.
Per il neonato essere avvolto nell’abbraccio di mamma e papà equivale a stare bene, lo confermano le registrazioni dei parametri fisiologici legati al loro benessere. In più la tranquillità che ne scaturisce rende il neonato stesso più ricettivo al mondo esterno e quindi particolarmente predisposto ad apprendere e ad essere più sicuro.

A scoprire il potenziale del contatto fisico furono Renè Spitz e Harry Harlow.
Spitz ebbe modo, studiando i bambini ospedalizzati, di dimostrare come la deprivazione materna abbia effetti a dir poco catastrofici nella prima infanzia che poi si ripercuotono nella vita adulta.
Ad un anno di isolamento si registrava ritardo cognitivo, meno curiosità e voglia di giocare, maggiore vulnerabilità alle infezioni.

Harlow volle approfondire la teoria dell’attaccamento di John Bowlby.
È suo il celebre esperimento condotto su cuccioli di scimmia deprivati della mamma vera, ma forniti di due surrogati materni: uno in metallo che dispensava cibo e l’altro senza cibo ma rivestito di stoffa morbida.
Dimostrò come i cuccioli preferissero di gran lunga la mamma morbida e calda, dalla quale ricevevano conforto e sicurezza, rispetto a quella che aveva solo cibo da dare.
Quest’ultima veniva infatti considerata solo quando avevano fame.

Se la pelle è il più grande organo di senso, il primo a svilupparsi, l’abbraccio è la medicina più antica. Quindi per un sano sviluppo la priorità è ricevere calore e conforto.
Senza abbracci si sviluppa un profondo disequilibrio emotivo fatto di irrequietezza, avvilimento, disperazione. Si crea passività ed indifferenza, disinteresse nelle relazioni, compromissione della salute emotiva e dello sviluppo cognitivo.

Il contatto attiva i recettori di pressione che sono sulla nostra pelle, che hanno un compito importantissimo: stimolare il nervo vago e l’attivazione del sistema parasimpatico che presiede rilassamento e che, tra le altre cose, favorisce la diminuzione di frequenza cardiaca, pressione sanguigna e ritmo respiratorio, avvicinandoci così al senso di benessere.

Il contatto corporeo si rivela un potente anti stress perché in grado di ridurre i livelli di cortisolo.
Il cortisolo viene prodotto in abbondanza quando viviamo situazioni di stress indebolendo il nostro sistema immunitario, mentre abbracci e carezze aumentano i livelli di serotonina ed ossitocina, in grado di ridurre la tensione e favorire il buonumore.
È per questo che i bambini ci prendono per mano quando sono spaventati, che ci stringiamo la mano per allenta la tensione, che gli sportivi si abbracciano per smorzare la tensione ed amplificare il senso di appartenenza alla squadra!

È quindi ovvio che le forme di vicinanza elettronica, che si sono rivelate senza dubbio importanti in questo lungo anno, rappresentano una sorta di surrogato senza calore.

È per questo che abbiamo fame di pelle!
Siamo nel pieno di un fenomeno definito skin hunger relativo al bisogno di toccare ed essere toccati dagli altri, così importante per il nostro benessere.

L’obbligo di distanziamento ci priva di una fonte essenziale di benessere emotivo ed ha notevoli effetti negativi: disturbi del sonno, depressione, ansia, autolesionismo, disagio psicologico, suicidio. Inoltre la solitudine si associa a condizioni di compromissione della salute stessa a lungo termine quali ipertensione, malattie cardiovascolari, declino cognitivo, ictus.
Insomma un quadro abbastanza desolante.

Ma su di noi, amanti dello stare in acqua, affamati di sensopercezione, affascinati dal principio di Archimede, fermamente convinti del potere afrodisiaco del profumo del cloro quanto costa in più la fame di pelle?

Quanti stimoli in meno sono arrivati ai piccolini dello zero tre anni?
Quanto è diminuita la mobilità articolare nei nostri allievi più anziani?
Quanto manca il massaggio dell’acqua sulla nostra pelle?
Quanto meno tonico è il nostro corpo?
È quanto è aumentato il ritiro sociale?
E quante risate in meno sono state fatte?

Eh sì. Perché ad essere quantificati non possono essere solo i dati economici, senza dubbio importanti, ma anche i dati legati al benessere psicofisico, gli unici a dare sostegno, forza e buonumore, potenti motori per la ripresa.

Siamo quindi in debito tra di noi: di abbracci, di pelle, di vicinanza.
Quando torneremo ad abbracciarci, quando torneremo ad immergerci nell’acqua delle nostre piscine, quando torneremo a condividere emozioni, le sensazioni saranno così straordinariamente coinvolgenti che ci faranno presto dimenticare non certo le persone che ci hanno lasciato e che rimarranno sempre presenti nel nostro cuore, ma la fatica legata a questa lunga deprivazione, riconquistando così il nostro benessere.

Ph. ©Pexels

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