Chi pensa a chi ha vissuto di sport?

La giusta attenzione della riforma dovrebbe essere accompagnata da attenzioni concrete, immediate, per chi di sport viveva.
Mentre la politica compie i passi per un assetto operativo, il mondo dello sport rimane in attesa di un tanto bramato delegato a cui far comprendere le necessità del settore. Si è in attesa che la nuova riforma sullo sport trovi attuazione, tra interpretazioni e criticità, vista anche la tragica situazione dei gestori. Il mondo dei collaboratori sportivi è più che mai diviso in due. Da una parte appunto i ristoràti soddisfatti e dall’altra i collaboratori sportivi che di sport campavano, supportati da bonus impari ed inadeguati. Intorno a questa triste verità c’è una gravissima incongruenza. Il ministro uscente si è speso per tutelare la categoria, ha supportato tangibilmente i collaboratori sportivi che non avevano superato la soglia dei 10.000€. Anche quei tanti che lavoravano un paio d’ore il sabato mattina, portando a casa meno di 100 euro al mese, si sono trovati con un rimborso fino ad 800 euro al mese per ben cinque mesi. Una panacea? Tanti soldi profusi senza criterio. Ma non vuole essere una critica al passato, piuttosto una riflessione su quanto ancora si possa fare. Questi fortunati collaboratori di poche ore, secondo quanto compreso dal progetto di rivoluzione lavoristica, non incontreranno grandi cambiamenti, sempre che avranno mai idea o opportunità di tornare a bordo vasca o a bordo campo.
La riforma ha giustamente considerato i collaboratori sportivi che grazie all’impegno vivono di sport. Per loro si è pensato all’identificazione del lavoro sportivo. Giusto. Ecco, la perplessità è proprio qui: una volta conosciute e comprese le caratteristiche del mondo sportivo, perché non pensare da subito a queste persone? L’attuazione della riforma avrà tempi tecnici, si parla di almeno un anno. Possibile non pensare a supportare queste persone come meriterebbero? Sono quelle che tutto sommato hanno contribuito in maniera sostanziale al movimento, all’educazione, all’impegno dei giovani, al benessere e quindi alla riduzione della spesa sanitaria. Non vuole essere una mercificazione del ruolo, ma stimolare l’assunzione di responsabilità. Oggi a distanza di un anno e un mese, oramai, non sono più collaboratori. Il riconoscimento del ruolo è importante, ma attenzioni immediate sarebbero importanti. Molti hanno cambiato strada, si sono convertiti in altri settori. Un peccato. Perché è giusto pensare al dopo ma oggi queste persone e le loro famiglie, di cosa vivono?

Foto di Tom Leishman da Pexels

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