Vito D’Onghia: “Il mio lavoro? Equilibrista”

Saluto Benedetta lasciandola alla sua routine, contenta di aver conosciuto una ragazza così giovane ma così matura e con la testa sulle spalle. Dopo qualche minuto incontro anche il suo allenatore Vito D’Onghia, 35 anni ex nuotatore, ranista per la precisione. Ne approfitto per fare quattro chiacchiere anche con lui.

Vito, quant’è che alleni Benedetta?

Da sempre, io ero l’allenatore dei bimbi più piccoli della propaganda e Benedetta si è unita al gruppo quando aveva quattro o cinque anni, arrivava dalla vasca piccola. In quel momento non mi sono accorto del fenomeno che avevo in acqua, era ancora troppo piccola. Ma si capiva che aveva quel qualcosa in più: era intelligente, spigliata, metteva in riga gli altri bambini e li aiutava se avevano difficoltà. Abbiamo seguito un percorso di crescita parallelo, man mano che salivo di categoria lei mi accompagnava. Arrivato ad allenare gli assoluti, la piscina dove stavamo non poteva darci spazi acqua sufficienti quindi abbiamo dovuto spostarci con tutto il gruppetto in provincia, per poi tornare dopo un paio d’anni dove siamo ora, a Taranto.

Come definiresti Benedetta come persona?

Benedetta è speciale, al di la di quello che fa in acqua. È molto intelligente ed è poco costruita: questo a volte può risultare un difetto, perché se non le vai a genio si vede, spesso è fin troppo rigida e chiusa nel suo ambiente ma difende il suo mondo. Allo stesso modo se le piaci te ne accorgi. È anche molto scaltra.

Hai detto che Benedetta tiene molto al suo mondo, pensi stia riuscendo a proteggerlo da questa esplosione mediatica che si è scatenata intorno a lei negli ultimi anni?

Per ora si, ci siamo io e la famiglia che facciamo da filtro tra lei ed i media, ed anche lei valuta tutto molto attentamente. Comunque essendo minorenne deve passare tutto da noi

Ci sono dei momenti in cui devi riportarla con i piedi per terra?

Io credo che questo sia un po’ il mio lavoro, fare l’equilibrista tra riportarla per terra ed esaltarla. Penso sia la parte più difficile del mio lavoro.

Quando hai capito che poteva fare qualcosa di importante?

Ha sempre mostrato questa propensione per la velocità. Quindi ho preferito non seguire gli allenamenti canonici ma adattare l’allenamento alle sue caratteristiche, per permetterle di farla sentire a proprio agio e di non farla soffrire in allenamenti che non sono adatti a lei. Da esordiente A fece il tempo per gli assoluti, ai quali non poteva neanche partecipare, e fece il record regionale di due categorie superiori alla sua. Lì cominciai a rendermi conto che poteva far bene, ma avevo anche molti dubbi. Si vedono tanti bimbi fenomeni da esordienti e che poi si fermano lì. Io sto facendo un percorso ritagliato su di lei e sono convinto che la strada è quella giusta. Metro dopo metro stiamo costruendo anche i 100.

Come ti trovi in Aniene?

Benissimo! Organizzazione allucinante, struttura incredibile. Noi stiamo bene a Taranto, riusciamo ad adattarci molto, abbiamo preparato mondiali in vasche di lidi o di villaggi turistici, ma poi arrivi qui e ti rendi conto che il livello è incredibilmente alto ed è per questo che abbiamo deciso di unirci alla famiglia, di meglio non c’è in Italia.

È una realtà molto diversa da quella di Taranto?

È tutto molto diverso, i tempi sono dilatati, le distanze sono diverse. Qui “vicino” significa mezz’ora, da noi tre minuti. Noi veniamo su, stiamo bene, però poi la nostra quotidianità è a Taranto e ci piace tornare alla nostra terra ed alle nostre famiglie.

Cosa provi quando lei è in gara?

Io sono un po’ ansioso, spesso più di lei, ma ormai riusciamo a gestirci. Alcuni pre gara riusciamo a gestirli tranquillamente, altri cerchiamo di sdrammatizzare e capiamo che siamo in ansia. Ho la fortuna di fare questo per passione, non per lavoro (sono dipendente di un’azienda sanitaria), quindi posso viverlo con una certa tranquillità perché non devo a tutti costi raggiungere il risultato per “tirare avanti”. È chiaro che nelle finali importanti, da casa, è difficile. Se mi scrive che giustamente ha paura, io cerco di tranquillizzarla, le dico che è normale. Io ho le mie tisane che mi aiutano. I 43 giorni a 15 anni per la prima volta lontano da casa per la ISL li ha vissuti incredibilmente bene. A dicembre non sapeva neanche che tempo avrebbe dovuto nuotare per le Olimpiadi, e di questo ne vado fiero perché non si è fissata. Io però sapevo che l’avrebbe nuotato

Per Tokyo qual è l’obiettivo e quali pensi siano le avversarie più temibili?

C’è una grande densità di atlete al mondo che ormai nuotano 1’06 basso, tolta King. Di Yulyia Efimova non sappiamo niente a parte un trial nuotato giusto per qualificarsi. Il nostro obiettivo (e sogno) è la finale. E sarebbe la cosa che mi farebbe più felice al mondo dopo mia moglie ed i miei figli.

Ph. ©Deepbluemedia

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