Un fotografo italiano a Tokyo. Episodio 2: la Via Crucis

Il Giappone ci accoglie con uno splendido regalo: il Monte Fuji che sbuca dalle nuvole. Atterriamo, si scatena la bagarre per conquistare i primi posti della fila ai controlli.

Neanche il tempo di riaversi da tanta bellezza che inizia una Via Crucis di svariate stazioni. Certo i Giapponesi sono più ospitali dei centurioni romani: nessuno mi ha fustigato, ma con cortesia squisitamente orientale mi richiedono una quantità di carta superiore a quella in mio possesso e questo mi mette un po’ in difficoltà.

Durante l’attesa per il tampone insieme ad altre decine di disperati cerco di recuperare un po’ di saliva, completamente prosciugata dopo dodici ore di aereo. Sono circondato da albanesi, kosovari, azerbaigiani, russi, serbi, e per un attimo mi viene il dubbio di avere sbagliato destinazione e di essere ai Campionati europei. Poi mi passa davanti un’atleta francese di chiare origini mediterranee la cui visione da sola giustifica la trasferta.

La Via Crucis termina con la grave perdita di una confezione di salamini Beretta a causa di un beagle dall’olffatto finissimo. Salgo su un autobus che ci porta al parcheggio dei taxi dove cerco un mezzo per raggiungere l’albergo e coricarmi essendo, come si dice a Roma, completamente sfranto. 

La prima giornata si conclude con la scoperta di essermi portato dall’Italia uno spiacevole “bug” intestinale, che non è stato rilevato all’arrivo. Fortunatamente non ho febbre. Rivolgo un applauso interiore agli innumerevoli addetti alle interminabili stazioni della Via Crucis che sono stati di una gentilezza e professionalità mostruose ma proprio in questo momento faccio la conoscenza di un animale sconosciuto ai più, anche per le sue abitudini notturne: il bradipus nipponicus. Non è una specie in pericolo, anche se meriterebbe l’estinzione, e vive prevalentemente negli alberghi dove si procura il sostentamento operando come portiere di notte. Il mio esemplare, per assegnarmi una stanza fetente (fetente sia perché orribile sia perché, nonostante le mie chiare specifiche al momento della prenotazione, puzza orrendamente di fumo. Tutto l’albergo puzza di fumo. Sembra di stare in una fumeria di Istanbul al tempo dei sultani) ha impiegato più tempo do tutto il personale dell’aeroporto messo insieme. La mia ormai ultradecennale esperienza di viaggiatore mi permette di affermare che il bradipus rivaleggia in lentezza con le sole cassiere dei supermercati di Rio de Janeiro. Nei supermercati di Rio de Janeiro tutto è lento, compreso il lettore ottico che al momento del passaggio della merce non fa “bip” ma “bi-ii-iii-iiiip”. Egli inoltre millanta la conoscenza dell’inglese, ma quando gli ho chiesto di tradurmi in giapponese “orrenda topaia affumicata” non mi ha saputo rispondere.

Ph. ©G.Scala

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