Un fotografo italiano a Tokyo. Episodio 8: paura

Questa puntata del blog vi arriva dal solito immancabile parcheggio che, come sapete, è completamente privo di riparo.

Salgo a bordo di un autobus con divisori di plastica trasparente tra una fila e l’altra. Penso di avere evitato per per un soffio il tifone Gennaro, o come li chiamano da queste parti. Arriva da Shangai e ha iniziato a scaricare acqua nella Baia di Tokyo.

La giornata di oggi ha modificato l’umore generale. Le due medaglie sono meravigliose. Mi vanto di avere pronosticato il podio dei 100 rana, anche se in effetti non serviva essere un genio.

Ma con tutto l’affetto e l’ammirazione per Nicolò Martinenghi, l’argento della staffetta è davvero un evento storico. La 4×100 stile libero è la regina delle staffette (anche se personalmente preferisco la mista). Noi abbiamo un passato importante soprattutto nella 4×200 mentre la prva veloce ci era sempre un po’ sfuggita, non ci era mai capitata un’infornata di velocisti di questo calibro. Ricorda un po’ il percorso della Francia di una decina d’anni fa, che aveva cresciuto cinque-sei velocisti da paura (“da paura” anche perché erano tutti energumeni di due metri per svariati chilogrammi), anche se di quella squadra si ricorda soprattutto il disastro di Pechino quando Alain Bernard recente primatista mondiale partì per l’ultima frazione con un paio di metri di vantaggio e l’opportunità di sfilare l’ottavo oro dal collo di Michael Phelps. Bernard che invece si scoprì cuor di coniglio e si fece rimontare da uno strepitoso Jason Lezak, al quale spero che prima o poi Phelps innalzerà una statua nella piazza centrale di Baltimora. Fu una delle pochissime volte in cui vidi Phelps esultare veramente in maniera scomposta, con le vene del collo gonfie, la scena che ricordiamo tutti.

I nostri oggi sono stati piuttosto compassati. Alessandro Miressi si guardava intorno come a dire “Ma veramente?” Poi, quando hanno realizzato, si sono un po’ lasciati andare. Sono stati tutti bravissimi naturalmente, ma quello che mi ha più impressionato è Manuel Frigo che non solo ha tenuto, ma ha condotto una frazione autorevole che ci ha dato la tranquillità del secondo posto.

La staffetta veloce è una gara strana da fotografare: sull’acqua non puoi inquadrare nulla, c’è solo acqua che ribolle, sembra un gigantesco frullatore, quindi ripieghi su chi parte e, al limite, su chi esce. Infine, le manifestazioni di esultanza o delusione. Fortunatamente nel nostro caso è stata esultanza. Un argento davvero memorabile.

È con un certo piacere che ho chiuso il PC dopo avere spedito circa un milione di foto. Per darvi un’idea della mole reale del nostro lavoro: in questi primi due giorni e mezzo di gare, facciamo tre contando anche i riscaldamenti, ho scattato circa ventunomila foto, settemila immagini al giorno. Io ho una fortuna, anzi due: la prima è che la connessione via cavo funziona (il Wi-Fi, come già sapete, è un disastro), la seconda è che dall’altra parte del cavo, a Roma, ci sono Andrea Staccioli Federica Muccichini che si prendono carico delle mie foto. “Prendono carico” significa che le elaborano, le ritagliano, le sistemano, le equilibrano e, soprattutto, aggiungono i metadati e le distribuiscono ai nostri clienti: la Federazione italiana nuoto, un’agenzia olandese che a sua volta le gira a Getty Images, e alcune Federazioni minori. Sono dei fenomeni: lavorare in remoto alle tre di notte è tremendo, anche loro meritano un monumento di fianco a Jason Lezak.

Dopo la conclusione delle gare mi sposto al Main press center (MPC) per andare a ritirare i biglietti dei quali vi ho parlato nel precedente episodio e mi ritrovo ancora a riflettere sulla tristezza e sulla penuria di arredi di questo luogo. È tutto bianco e spoglio, sembra di essere in Antartide o in un albergo dell’epoca sovietica. In compenso è pieno di gattini grassi che salutano muovendo la zampa in vendita alla spropositata cifra di 16.500 yen (circa 122 euro). Voi li associate ai ristoranti cinesi, ma in realtà sono una tradizione giapponese della quale sono state realizzate alcune varianti a tema olimpico e prezzo, come detto, indecente. Sono in vendita nell’unico negozio di souvenir davanti al quale c’è sempre una fila interminabile e sarà quindi impossibile acquistare alcunché. Ma se torno a casa a mani vuote mi scotennano, quindi prima o poi mi dovrò decidere a mettermi in coda.

Del tema dei “ricordini” parleremo in seguito, oggi vorrei parlarvi invece della paura. Oggi abbiamo avuto tutti paura, noi che mangiamo e beviamo nuoto. Abbiamo avuto paura perché con quel 1.57.33 Federica Pellegrini ha rischiato seriamente di rimanere fuori dalle semifinali. E se fosse rimasta fuori sarebbe stato un modo terrificante di chiudere la carriera. Quando ho visto il tempo prima mi è preso un colpo poi mi è salito un groppo in gola. Non so se è stato un problema di forma fisica o atteggiamento mentale, ma il rischio è stato davvero grosso. Ho aspettato con ansia il recap delle qualificate: non era nelle prime otto, come prevedibile, allora le seconde… C’era! Di poco ma c’era.

Penultimo tempo significa partire nella corsia 8 della seconda semifinale, cioè dall’altra parte del mondo per noi fotografi. Che faccio? In quale postazione vado? Vedremo. Nel complesso comunque è stata una giornata positiva.

Domattina vedremo che succederà con il tifone, io di certo prenderò un taxi perché oggi il mio tour in autobus è durato quaranta minuti in più dei quaranticinque previsti. Da Atene in poi in tutte le città ospitanti c’era una olympic lane riservata ai mezzi di servizio dei Giochi. Qui, no.

Ph. ©G.Scala/Deepbluemedia

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