Un fotografo italiano a Tokyo. Episodio 13: Casa Italia

Esco da Casa Italia, dove ho finalmente consumato un pasto decente dopo dieci giorni a palle di riso e ho visto compiersi due destini. Il primo, da lungo annunciato, di Gianmarco Tamberi. L’altro, francamente inaspettato, di Marc Jacobs, sessantuno anni dopo Livio Berruti  e quarantadue dopo Pietro Mennea.  

In Casa Italia i fotografi non sono ammessi, ufficialmente per ragioni di Covid, e infatti mi hanno cacciato dopo essere entrato di straforo ed essere riuscito a salutare Federica Pellegrini, con la quale ci siamo dati appuntamento a Napoli. Per quello che ho potuto vedere è una location elegante e curata, come sempre; d’altronde sono italiani.

Non posso invece non esprimere tutto il mio disappunto per le divise firmate da Giorgio Armani. Non riesco a credere che uno stilista del suo livello abbia partorito una cosa così oggettivamente brutta. Peggio di noi solo il completo dei tedeschi, veramente orribile; ma d’altronde sono tedeschi.

Parliamo invece di una cosa importante, che tutti devono sapere: a Tokyo non esistono souvenir. Maglie, cappellini, spillette: niente. Lo shop del Villaggio olimpico è completamente vuoto. Lo shop del Media center è uno sgabuzzino con sempre una coda interminabile all’esterno e comunque, per quello che si vede da fuori, pochissimo fornito. Stasera farò un tentativo con il negozio online, ma temo che anche quello sia poco fornito. Quindi: voi tutti che vi aspettate da me un ricordino olimpico mettetevi il cuore in pace. La mascotte in particolare è introvabile, al confronto il Gronchi rosa si trova dal fruttivendolo.

Ho quindi ripiegato su ricordini generici, non facenti parte del merchandising ufficiale. Ieri per esempio a margine delle gare di pallnuoto c’era un tizio che realizzava degli splendidi origami con la carta intestata del torneo, evidentemente non richiestissima: piccole gru di carta che mi hanno richiamato alla memoria Blade Runner, anche perché qui il tempo atmosferico è più o meno lo stesso.

Non posso neppure ricorrere al baratto perché, come al solito, ho dimenticato di portare con me tshirt e cappellini dell’Italia. Peraltro avrei come di consueto il problema delle taglie, a mendo di non organizzare scambi di indumenti con dei lottatori di sumo. Della mia taglia qui non si trova quasi nulla, anche se ho scoperto che Uniqlo vende mutande della mia misura: per quanto la cosa possa interessarvi, evidentemente anche in Giappone c’è qualche culone.

Il nuoto in vasca è terminato. Abbiamo finito in bellezza, con una medaglia conquistata da un quartetto giovane e promettente. Per me la mista è la staffetta più bella: meno noiosa della 4×200, più avvincente di quella veloce. Certo, siamo stati un po’ oscurati dai due ori dell’atletica leggera sui quali il neo presidente Stefano Mei camperà per tutta la vita. Personalmente sono molto contento per la vittoria dell’atleta venezuelana Yulimas Rojas nel salto triplo a suon di record del mondo: il Venezuela è un paese in difficoltà che ha bisogno di aiuto e di attenzione, e una medaglia olimpica per loro vale certamente tantissimo.

Vorrei invece parlare di Fahim Anwari, nuotatore afghano immortalato nella foto di copertina, un personaggio meraviglioso. Credo che non ci sia una piscina in tutto l’Afghanistan, che certamente i talebani riterranno un oggetto peccaminoso. Qualche anno fa girava la foto dell’unica piscina olimpica del paese, a Kabul, abbandonata e piena di rifiuti.

Ph. ©G.D’Alberto

Fahim ha gareggiato nei 50 stile libero classificandosi al quintultimo posto. Io credo che il bello delle Olimpiadi non siano Caeleb Dressel che  trionfa a ripetizione Kristof Milak che vince e non esulta. Il bello dei Giochi, e ancor più dei Mondiali, sia proprio assistere alle performance di nuotatori provenienti da nazioni che a malapena sappiamo che esistono: l’ecumenicità del movimento olimpico: chiunque può partecipare e cercare di fare del proprio meglio, e pazienza se la durata delle batterie si allunga.

Da oggi il blog si prende qualche giorno di pausa, ci rileggiamo in occasione delle gare in acque libere.

 

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