Stefano Rubaudo: “Andiamo all’attacco, con leggerezza” – INTERVISTA ESCLUSIVA

A poche ore dall’inizio delle 10Km olimpiche abbiamo intervistato il Coordinatore tecnico delle Squadre nazionali Stefano Rubaudo. 

Buongiorno, Stefano. Iniziamo dall’argomento che sicuramente ti ha creato più grattacapi: nei limiti del rispetto della privacy dell’atleta, ci puoi raccontare come è stata gestita la situazione di Gregorio Paltrinieri dal momento della diagnosi fino alla partenza per Tokyo?

La diagnosi è arrivata a Piombino mentre erano in svolgimento i Campionati italiani assoluti di fondo. A quel punto si è ovviamente ritirato dalla lista dei partenti e per qualche giorno ha nuotato “a sensazione”, in base a come si sentiva, senza effettuare lavori pesanti ma mantenendo un chilometraggio importante. Fra il 17 e il 18 giugno la malattia si è acutizzata, con un forte mal di gola, e a quel punto si è fermato e non ha nuotato per sei/sette giorni. Poi è sceso a Roma per tutte le analisi del caso presso il Policlinico Gemelli, dalle quali è emerso che la fase acuta era dietro le spalle e la mononucleosi era in remissione. A quel punto con il tecnico Fabrizio Antonelli si è deciso di spostare l’altura dalla Turchia a Livigno, dove nei primi giorni ha nuotato in base alle sue sensazioni; noi abbiamo cercato di farlo stare il più possibile tranquillo. Ha seguito un programma di allenamento in altura abbastanza classico, senza ovviamente scaricare avendo già perso diversi giorni di preparazione.

Visto com’è andata direi che non ci si può troppo lamentare: l’argento di Gregorio rimane comunque il miglior risultato individuale degli azzurri.

Risultato che lo conferma nella storia del nuoto e da oggi anche in quella della medicina: non ho memoria, e credo neppure tu, di un atleta che sale sul podio olimpico a un mese e mezzo da una diagnosi di mononucleosi.

Io mi sono fatto questa idea: la mononucleosi è una brutta bestia, di fronte alla quale normalmente si getta subito la spugna. Noi abbiamo utilizzato un approccio aggressivo: hai la mononucleosi ma sei pur sempre Gregorio Paltrinieri, hai due gambe e due braccia, sei un animale da competizione, facciamo quello che possiamo con ciò che abbiamo a disposizione. Credo sia stato l’atteggiamento giusto: tradizionalmente i nuotatori sono arrendevoli davanti a questa malattia, noi siamo andati all’attacco.

Gregorio Paltrinieri a parte, quali sensazioni hai per la squadra a poche ore dall’inizio delle gare? 

Come stabilito con coach Emanuele Sacchi, Rachele Bruni Mario Sanzullo hanno svolto un regolare periodo di allenamento in altura a Cervinia con un gruppo numeroso di nuotatori che è andato molto bene. Sono scesi il 14 luglio e 21 il sono partiti per Tokurozawa dove si sono trovati benissimo: hanno mangiato bene, avevano spazi e tempi di allenamento adeguati. Il 1° agosto si sono spostati al Villaggio. Rachele ci dà dei feedback molto positivi, sia fisici che mentali. Penso che tutti e tre siano in grado di conquistare una medaglia. Rachele non ha bisogno di presentazioni, Mario è un brutto cliente per chiunque.

L’acqua è intorno ai 29-30 gradi, una temperatura che tollerano tutti piuttosto bene. Mi rendo conto che parlare di tre medaglie può sembrare un peccato di ottimismo, però abbiamo queste potenzialità ed è giusto esserne consapevoli senza nascondersi.

Il numero dei partecipanti sarà molto contenuto (25 donne e 26 uomini) rispetto a una normale gare di acque libere: per le caratteristiche dei nostri atleti è un vantaggio?

Sì e no. Mario è un atleta molto fisico e sarebbe probabilmente avvantaggiato da un parco di partenti più numeroso, Gregorio preferisce gare meno affollate. Credo che alla fine la gara maschile si giocherà fra otto-nove atleti. Rachele ha una tale esperienza che si può adattare a qualsiasi condizione, se scende in acqua con il giusto assetto mentale ha davvero poche rivali.

Alcuni avversari li abbiamo già visti all’opera in vasca, quali sono gli altri nomi da tenere d’occhio?

Tra gli uomini sicuramente il tedesco Florian Wellbrock,  che in piscina è sembrato in buona condizione seppur non al cento per cento; il francese Marc-Antoine Olivier che mi sembra invece in ottima forma; l’olandese Ferry Weertman che non ama le acque calde e non sembra in forma eccezionale, ma è pur sempre il campione uscente; l’ungherese Kristof Rasovzky, che cercherà come di consueto di “fare la gara”.

Tra le donne vedo un gradino sopra alle altre la brasiliana Marcela Cunha, l’olandese Sharon Van Rouwendaal e naturalmente Rachele; da tenere d’occhio la campionessa mondiale in carica, la cinese Xin Xin. La gara femminile mi sembra comunque nel complesso più equilibrata di quella maschile, nella quale prevedo una rapida rottura del gruppo.

Tu come ti senti all’esordio olimpico come Coordinatore tecnico di un gruppo che, come ci hai confermato, ha ambizioni importanti?

Sinceramente sentivo più pressione prima dei Campionati Europei, una situazione più complessa da gestire: durano più a lungo, c’è un maggior numero di gare, molti atleti da seguire. L’Olimpiade è la ciliegina sulla torta di tutto il lavoro svolto a monte. Arrivati qui, il mio apporto è essenzialmente di tipo motivazionale e di esperienza. Non trascorrendo le giornate spalla a spalla con gli atleti, a differenza degli allenatori, posso magari notare con più facilità qualche dettaglio da correggere o qualche situazione da approfondire.

Inoltre, io cerco sempre di tenere il morale alto e i pensieri positivi. Dopo il quarto posto di Paltrinieri si avvertiva un senso di delusione a mio avviso completamente immotivato. Ho ricordato a lui e a Fabrizio Antonelli che quello che li coinvolge non è un progetto di un anno finalizzato solo a questi Giochi, ma un percorso di sette-otto anni nel quale ci sono ancora tantissime cose da fare: la 10Km di Tokyo, il record del mondo dei 1500, Parigi, Los Angeles… In un momento storico nel quale, tra l’altro, non c’è una concorrenza fenomenale: Robert Finke ha vinto con 14.39.65, tempo molto superiore al PB di Gregorio. Questo per me è esaltante e stimolante, e non vedo l’ora di ricominciare.

A differenza che in piscina, dove il ruolo della Direzione tecnica è quello di tenere aperte fino all’ultimo momento le convocazioni, nelle acque libere la squadra per le Olimpiadi era già composta con un anno di anticipo, quindi il mio ruolo in questi dodici mesi è stato innanzitutto di facilitatore: creare intorno ai ragazzi l’ambiente ottimale per prepararsi a questo appuntamento. Essere a Tokyo per me è un premio, che credo di essermi meritato.

Hai un po’ anticipato la mia ultima domanda: Parigi è dopodomani. Che lavoro si mette in cantiere dal 5 agosto?

Gli obiettivi di Gregorio rimangono invariati, rimanere al vertice in piscina e in mare acquisendo tutta l’esperienza che ancora gli manca. C’è da lavorare sui settori giovanili maschile e femminile per portare a Parigi una squadra completa, due maschi e due femmine. C’è da seguire l’evoluzione di Domenico Acerenza che ha dimostrato di essere molto competitivo anche nel fondo.

Lo dico chiaramente: l’obiettivo per il prossimo triennio è vincere tutto, cominciando dai Campionati Mondiali di Fukuoka nel maggio 2022 ai quali voglio presenziare con la squadra più numerosa possibile in modo da acquisire esperienza. Poi c’è l’appuntamento dei Campionati Europei in casa, a Roma, che vogliamo onorare nel modo migliore per arrivare nelle migliori condizioni al 2023, anno di qualificazione olimpica. A quel punto, di nuovo, il mio ruolo tornerà quello di facilitare la preparazione dei quattro che andranno a Parigi.

Confermi l’impressione che questa “concorrenza” fra mezzofondo in piscina e fondo in acque libere stia facendo molto bene a entrambi i settori?

Non ho il minimo dubbio. Penso inoltre che un ulteriore salto di qualità arriverà quando le ragazze e i ragazzi, con questi ultimi che mi sembrano più avanti in questa presa di coscienza, faranno propria una filosofia delle acque libere che secondo me è molto simile a quella del surf: un atteggiamento mentale molto rilassato, con le gare che si succedono una all’altra senza lo stress delle batterie e delle finali, che farà molto bene anche nel momento del ritorno in vasca.

La parola d’ordine per me è: leggerezza. Il nuoto deve essere uno sport più dinamico, più colorato, meno musone.

Ph. ©Deepbluemedia

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