Un fotografo italiano a Tokyo. Episodio 14: toccare il Fondo

Alle 3:45 l’alba non si preannuncia ancora. Strada facendo, tra un camion e l’altro, le rosee dita dell’aurora, oppure un sinistro bagliore radioattivo (direzione Fukushima) hanno colorato un quartiere modernissimo, che sembra un’illustrazione dei libri che leggevo da piccolo, quelli come “Il mondo di domani” o “Le città future”.

Sembra di vivere in un rendering di un architetto. Quasi tutti edifici a parallelepipedo (F1 orizzontale, F2 verticale – le scorciatoie da tastiera) ; F3 raccordo autostradale; F5 metropolitana sospesa; F6 alberi altri e stretti, F7 alberi ciccioni; F7 arredi urbani ad libitum; F8 ponte sospeso; F9 mare e barche. F4, per chi ha visto Boris, non lo devo spiegare. In questa finzione le uniche cose disegnate accuratamente dall’architetto sono due/tre edifici di forme astruse, di quelle che rendono la vita impossibile a chi ci vive, ma da fuori sono fichissimi.

Entrato, dopo aver depositato il mio penultimo campione ad un povero cristo che raccoglieva sputazzi alle quattro di mattina (che avrà fatto di male…), mi fanno subito capire che il mio sacrificio di alzarmi ad un’ora veramente antelucana non è apprezzato affatto.

Siamo in due, in sala stampa, con sguardo vetrificato e palla a due per arrivare per primo al caffè. Il photo manager , Neil, è molto gentile e capace. A quest’ora il nuoto di fondo è l’unico evento in corso.  E quindi siamo qui, presso l’Odaiba Marine Park, in attesa che prenda il via la maratona femminile dalla barca riservata ai fotografi.

Il mare è calmo, l’acqua leggermente increspata, e il deejay ufficiale sta già tormentando con le sue playlist i timpani di un paio di milioni di residenti, che avranno pagato miliardi di yen questi appartamenti dalla vista meravigliosa.

Seppur impossibilitati ad avvicinarci ad alcuno, abbiamo assistito alle prove della squadra maschile. Sembrano tutti molto carichi, a cominciare dai tecnici.

Mi tolgo la soddisfazione di essere incaricato dai fotografi del pool (l’ho già raccontato, le migliori agenzie del mondo, quelle che vincono sempre il World Press Photography Award) di istruire il barcaiolo. Mi dicono: pensaci tu, sai come fare. Mi fa piacere. Poi capisco che era una trappola. Il barcaiolo parla solo il dialetto di Okinawa. Yes, no, right, left sono già al di là delle sue capacità.

Quattro botte col monopiede (con il puntale elettrificato) lo fanno ragionare ed il secondo giro è più produttivo. Certo, scattare con un 600 mm da una barca che si muove non è proprio facilissimo. Per capirci, provate a guardare il panorama in auto su una strada di montagna attraverso il tubo dello Scottex casa.

Come fai a non voler bene ai fondisti? Rappresentano la vera dimensione epica dello sport. Viaggiano, nuotano in posti improbabili, in balia delle correnti, delle onde, con meduse ed altri esseri orrendi in agguato. Non ho ancora notizia di atleti rapiti da kraken o balene bianche, ma non me ne stupirei.

Motivazione alla ungherese

Ana Marcela Cunha, che è una sagoma, si riprende l’oro che le era sfuggito a Copacabana 5 anni fa, Mentre Sharon Rouwendaal conferma di essere fortissima. Ricordatevi il quasi triplete di Glasgow.

Io ai fondisti voglio proprio bene. E poi mi sorridono, in qualche modo mi cercano. È un bel riconoscimento. In fondo lo sport senza fotografi si svolgerebbe lo stesso, i fotografi senza sport si dedicherebbero solo ai matrimoni. Quindi grazie, ma proprio tanto, alle atlete e agli atleti per esserci e per la fatica che fanno.

Ph. ©G.Scala/Deepbluemedia

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