4×100 maschile mista – La Rana. Marco Pedoja: “Le medaglie olimpiche di Nicolò tappa di un viaggio ancora molto lungo”

Roma – Campionati Italiani. Abbiamo incontrato gli allenatori dei quattro atleti della staffetta maschile mista di Tokyo. Staffetta che ha regalato al nostro Paese un bronzo olimpico. Ad ognuno di loro abbiamo chiesto di raccontarci le emozioni di questa Olimpiade e il percorso di crescita dell’atleta che seguono.


Photo Giorgio Scala / Deepbluemedia / Insidefoto

 

Marco Pedoja, allenatore di Nicolò Martinenghi.

L’Olimpiade di Nicolò, vista con gli occhi e sentita con le emozioni del suo tecnico, visto che per tutti i componenti della staffetta (atleti e allenatori) era la prima esperienza olimpica.

Dal punto di vista emozionale è stata sicuramente un’Olimpiade strana. Sono stato in collegiale in Giappone e si cominciava a respirare il clima olimpico. Mano a mano che arrivavano gli atleti degli altri sport si respirava quel senso di vivacità contemporaneamente a un certo peso che inevitabilmente era diverso rispetto alle altre competizioni internazionali, che potevano avere anche lo stesso avvicinamento, dovuto magari dal fuso orario. Vista da casa invece non sembrava un’Olimpiade. Guardandole dal divano, sinceramente, guardavo la gara e mi sembrava una gara normalissima. Personalmente non sentivo quell’ansia, quello stress pre-gara, mettevo la sveglia la notte e non realizzavo subito che stava suonando per andare a vedere la gara. Arrivare lì e vedere parecchi nomi europei, che avevano fatto anche la ISL, dove Nicolò aveva gareggiato ed era rimasto per un mese e mezzo a Budapest, per certi aspetti mi dava tranquillità, perchè sapevamo, più o meno, chi erano gli avversari. Avevamo piena consapevolezza che Arno Kamminga meritava l’argento, essendo l’unico ad aver nuotato sotto i 58″ oltre a Adam Peaty. Nicolò se la giocava fondamentalmente con cinque avversari: la VAR, questo meccanismo di ripresa subacquea che permette di individuare i “furbetti” delle subacquee, mi aveva fatto escludere mentalmente il bielorusso Ilya Shimanovic. Lui quando c’è la VAR stravolge la sua nuotata, diventando meno competitivo, infatti ha nuotato un secondo sopra il suo personale. Erme Sacki, Turchia, non gareggiava in lunga da parecchio e infatti non è entrato in semifinale. Non dico che mi sono rilassato parecchio, però le cose giravano a favore di Nicolò. I più temuti forse erano James Wilby, Gran Bretagna, e Michael Andrew che spingeva parecchio. Quindi un’Olimpiade davvero particolare, strana, vista dal divano, mi sono sicuramente emozionato e aver visto Nicolò che ha affrontato tutte e tre le sue gare, batteria, semifinale e finale, alla perfezione mi ha dato una grande gioia e riempito di orgoglio. 

Prima della finale gli ho mandato un messaggio in cui gli scrivevo che “le gare le vincono gli agonisti e non chi ha il tempo migliore sulla carta”. Fossi stato lì avrei accompagnato queste parole con un gesto, una pacca sulle spalle o una stretta di mano. Ma Nicolò il significato di ciò che gli volevo dire lo ha capito ugualmente. 

Nicolò era a suo agio in quei giorni, e quello che ho cercato di fare da casa era mantenere questa serenità. Antonio Satta, che era tra i tecnici presenti al Villaggio Olimpico, mi ha aiutato molto in questo. Dovevo assicurarmi che restasse sempre lui, il Tete che conosco, allora le cose potevano andare bene. Quando si è avvicinato il momento della staffetta, l’atmosfera tra i ragazzi era ottima. Noi quattro allenatori eravamo i loro primi quattro tifosi! Loro hanno cominciato a crederci ancor prima dell’Olimpiade e non hanno mai smesso. Hanno fatto la mista mista virando a 1’49” dopo le frazioni dorso/rana e lì hanno dimostrato di esserci. Avevano voglia di esprimersi: circa 28 atleti di tutta la spedizione olimpica erano “matricole” e probabilmente avevano la voglia di mettere la mano davanti. Questi ragazzi hanno una marcia in più: non sono contaminati dalla politica, da lavaggi di cervello, sono sé stessi. Decidono con chi nuotare, si allenano con impegno, e quindi le cose possono andare bene. In passato ho assistito a tensioni tra atleti: uno andava male e l’altro rideva, si prendeva in giro chi andava peggio. In questa occasione non si è verificato e quindi l’atmosfera è rimasta positiva, anzi, direi che si sta invertendo la tendenza: ci sono degli atleti di spessore che ti dimostrano che vogliono vincere comunque, anche a fronte dello scherno di alcuni compagni di squadra. Questo è un trend positivo e che contagia anche gli altri. 

Leggendo un po’ i giornali, si diceva che la squadra femminile è andata meno bene della maschile: non sono molto d’accordo su questo. Benedetta Pilato ha stabilito il record del mondo e ha modo di rifarsi a livello olimpico, Federica Pellegrini ha centrato la sua quinta finale olimpica sui 200 stile, Simona Quadarella non stava benissimo ed è riuscita a portare a casa una medaglia, Ilaria Cusinato ha centrato la finale dei 400 misti, Martina Carraro quella dei 100 rana. Non siamo andati proprio così male secondo me. Margherita Panziera è probabilmente un esempio di atleta di altissimo livello, che, come molti altri, soffre la tensione che si crea in competizioni come queste. E non va giudicata per questo. Va aiutata: perché se aiutata può dare molto. 

L’Olimpiade di Nicolò, ma credo che la stessa cosa valga anche per altri ragazzi, è la dimostrazione che credono in ciò che fanno. Nonostante due anni davvero terribili a causa della pandemia, ha sempre creduto in ciò che poteva e che voleva fare. Le prospettive per il 2024 sono buone, non solo per Nicolò. Bisogna solo fare in modo che non si montino la testa, ma credo che su questo possiamo stare abbastanza tranquilli. Penso inoltre che questo bronzo valga molto perché è anche il risultato dell’affiatamento dei quattro atleti che hanno gareggiato e dei loro allenatori. 

L’Olimpiade di Nicolò da un punto di vista tecnico nella frazione da lui interpretata in staffetta.

La gara di Nicolò nella qualifica della mixed e nella finale della mixed sono state davvero buone. Nella finale della mista maschile mi aveva mandato un messaggio che significava “oggi ci provo”. Ho voluto chiudere un occhio e lasciare che facesse quello che si sentiva, anche perché, non essendo lì con lui, non potevo sapere esattamente come si sentiva e quanto stanco fosse. Effettivamente ha nuotato il primo 50 un po’ contratto e negli ultimi cinque metri questa cosa un pochino l’ha pagata. Poteva stare un po’  più calmo, invece in quella finale lì era tornato un pochino il Nicolò degli Europei partendo subito forte. Ma a eccezione di questa lieve sbavatura, peraltro comprensibile, ha nuotato abbastanza bene e il risultato che hanno ottenuto ne è la conferma. Se vogliamo trovare qualche errore, negli ultimi dieci metri ha nuotato con il bacino basso, spingendo poco di gambe perché oramai non ne aveva più. Ma poi è partito Federico Burdisso, che era quello più carico di tutti, ha sostenuto tutto il gruppo e ha recuperato.

Sono tutti ragazzi molto giovani e con un grande potenziale. Nicolò è allenato da te da una decina di anni: qual è stato il suo percorso di crescita? Percorso che ha portato a grandi risultati fino a quello olimpico: e naturalmente ci auguriamo tutti che questo sia una tappa di un viaggio sportivo molto lungo.

I ragazzi che hanno gareggiato in questa staffetta sono tutti molto giovani. Ricordo gli Eurojunior del 2017, c’erano i tre quarti della squadra che ha vinto a Tokyo e stileliberista era Davide Nardini. Vincemmo gli Europei davanti alla Russia stabilendo il record del mondo. Nessuno se lo aspettava, era presente anche Alberto Burlina e ci fu davvero un’euforia generale per questo risultato. Nello stesso anno, andammo ai mondiali, sempre con la stessa formazione e siamo arrivati terzi, perdendo anche il record del mondo. I nostri ragazzi avevano peggiorato perché si erano sentiti forti del precedente risultato e quindi avevano un po’ sottovalutato la competizione. Questo avvenimento, secondo me, ha insegnato loro parecchio: non bisogna mai dare nulla per scontato. E penso se lo ricorderanno anche per la prossima edizione dei Giochi prevista a Parigi nel 2024. Continueranno ad essere seguiti dagli stessi tecnici e noi allenatori faremo il possibile perché non si adagino sui risultati ottenuti.

Parlando nello specifico di Nicolò, nel 2017 era andato veramente bene. Il 2018 è stato l’anno dell’infortunio e il 2019 è stato l’anno della sua rinascita con una qualifica agli europei  in vasca corta di dicembre, però poi, arrivati ai mondiali in lunga, sono emerse le sue fragilità. Sentiva il bisogno di avere le indicazioni solo dal suo allenatore, senza che altre figure si inserissero nel suo percorso e si sentiva fragile perché sapeva di avere un record del mondo Junior e nuotava tre decimi più di prima. Per lui questo era sconfortante e si sentiva insicuro, non credeva più in sé stesso. Dopodiché, passato il Mondiale di Gwangju, voleva tornare a casa e chiudersi nel suo mondo, nella sua camera. Non glielo ho permesso: gli ho spiegato che i problemi si devono affrontare; l’ho raggiunto e quando ci siamo visti l’ho visto sollevato e felice che fossi lì. Da lì in poi, è andato avanti con più serenità e con più tranquillità e i risultati, piano piano, sono arrivati. Si è completamente affidato a me, e posso confermare che in allenamento fa esattamente quello che gli dico io. Non accetta interferenze esterne, partecipa molto volentieri ai collegiali perché sa che il confronto con gli altri è sempre stimolante e costruttivo, ma sa che svolgerà quanto avevamo previsto insieme. Come allenatore, negli anni sono cambiato, sono cresciuto insieme a Nicolò. Sicuramente commetterò degli errori, perché siamo esseri umani. Però se c’è la condivisione del percorso e dell’obiettivo, come quella che c’è fra me e Nicolò, il risultato probabilmente arriverà. Sicuramente si può anche sbagliare, ma solitamente sbagliano quelli che ci provano. 

Ora non vedo l’ora di intraprendere l’avventura alla ISL perché Nicolò avrà come compagno di squadra Arno Kamminga e io sono davvero ansioso di conoscerlo, già si vede che è un bravissimo ragazzo, ma credo che lavorare un mese con lui sarà una crescita incredibile per entrambi. L’avversario deve essere rispettato, il nostro non è un mondo come il calcio dove a volte emerge un agonismo un po’ più cattivo. Nel nuoto c’è l’agonismo, ma c’è soprattutto il rispetto: se vinci non sei autorizzato a prendere in giro l’avversario. Vedere l’esultanza dei tre atleti che hanno fatto podio nei 100 rana ti fa capire che tutti e tre hanno ottenuto il massimo che volevano, nessuno aveva il rammarico o il broncio nei confronti dell’altro. 

Questa medaglia olimpica è stata il coronamento di un percorso che io e Nicolò abbiamo fatto insieme e che segna un nuovo punto di partenza per il viaggio che speriamo ci porti alla prossima Olimpiade. La medaglia è solo un simbolo, la cosa importante è ciò che ha raggiunto Nicolò, la sua soddisfazione, la sua felicità, la sua voglia di riprovarci in vista di Parigi 2024. 

Mi sono commosso quando Nicolò ha ringraziato il suo vecchio allenatore che purtroppo è mancato nei giorni scorsi. Da questo punto di vista sono felice di non essere stato a Tokyo, perché non avrei potuto vedere le gare con Franco Di Franco, non avrei potuto andare a trovarlo facendogli vedere cos’era successo, non avrei potuto fare nulla di tutto questo. E invece cerco sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno: ben venga la non-convocazione che mi ha concesso di vivere gli ultimi momenti insieme a lui, ci ha lasciati con la soddisfazione di vedere il sogno di Nicolò realizzato. 

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