Molte gare concentrate in poco tempo: analizziamo la periodizzazione dell’allenamento insieme a Marco Bonifazi

Gli atleti d’élite, in questa stagione, si trovano a dover fare fronte a molti appuntamenti importanti e tutti condensati in un arco di tempo relativamente breve: Olimpiadi, Europeo, Campionato Italiano Invernale e Mondiale. Ci siamo chiesti, da un punto di vista metodologico, cosa caratterizza la preparazione di un atleta che deve affrontare così tante gare in così poco tempo.

Per poter dare una risposta a questo quesito ci siamo rivolti al professor Marco Bonifazi dell’Università degli Studi di Siena, Coordinatore Tecnico Scientifico del Centro Studi e Ricerche e Presidente della Commissione Medica della Federazione Italiana Nuoto.

Gli aspetti da valutare sono fondamentalmente due. Il primo è di natura metodologica: come assicurare la conservazione delle capacità funzionali di base, quindi forza, resistenza e coordinazione, compatibilmente con un periodo così esteso di competizioni. Il secondo aspetto è quello dell’impatto dello stress derivante dall’alta intensità del lavoro fatto, dalle competizioni e dalle tensioni che queste inevitabilmente portano. Quindi bisogna tenere in considerazione anche l’impatto globale dei fattori di stress che aumentano inevitabilmente con una frequenza di competizioni di questo tipo e che necessariamente richiede un recupero da parte dell’atleta.

Per quanto riguarda il primo aspetto, non è scritto da nessuna parte che la periodizzazione del carico, che è comunque un fondamento della teoria dell’allenamento, debba essere costituita da blocchi di preparazione che necessariamente durano da tre a sei mesi. Potrebbero essere anche molto più corti. E questa idea nasce da molto lontano: Lucio Flavio Filostrato è stato uno scrittore dell’Antica Grecia (170-245 circa) e a lui si deve l’unico trattato antico sull’agonismo. Oltre che a descrivere le gare e le qualità necessarie perché un atleta potesse eccellere, Filostrato nel suo scritto descrive anche il metodo di allenamento usato, che all’epoca si basava su un microciclo di quattro giorni, la tetrade. Egli espresse il suo parere contrario all’applicazione rigida della tetrade, per la necessità di adattarla allo stato di salute e dell’umore dell’atleta. La tetrade descritta dal greco rappresenta un vero e proprio microciclo moderno e due cose vanno rilevate: il giorno di riposo è il terzo, questo a conferma di come gli antichi greci avessero ben presente che il recupero è parte integrante e inscindibile del processo di allenamento. Altra cosa da rilevare è l’intuizione che l’applicazione rigida del microciclo non permette di esplorare le risposte del proprio atleta a carichi di lavoro proposti in modo diverso.

Il microciclo, come Filostrato ci insegna, deve essere composto in modo da garantire il recupero necessario per il ripristino delle riserve energetiche (in primis il glicogeno muscolare). Questa condizione è fondamentale per limitare lo stress metabolico al quale l’atleta è sottoposto. L’intensità dell’allenamento dipende da molti fattori, ma uno dei più importanti nel programma del nuotatore è, a mio parere, la quantità assoluta di lavoro svolto in regime aerobico intenso. Quindi è importante che la quantità totale e soprattutto la frequenza settimanale dei lavori in regime di potenza aerobica sia attentamente valutata.

Sempre in quest’ambito è importante controllare anche l’intensità dei lavori aerobici più leggeri, normalmente chiamati di resistenza aerobica. L’allenamento di resistenza aerobica dovrebbe essere usato quando il nuotatore ha bisogno di ridurre il proprio sforzo. Se d’intensità corretta, questo tipo di allenamento contribuisce ai fenomeni adattativi, garantendo il recupero e permettendo di mantenere le qualità tecniche e motorie attraverso volumi adeguati di nuoto. L’intensità di questo tipo di lavoro deve quindi essere tale da garantire la rigenerazione delle scorte di glicogeno muscolare e, quindi, il carburante utilizzato per questa tipologia di allenamento deve essere rappresentato principalmente dai grassi.

Nel tempo si sono quindi ricercati metodi alternativi di periodizzazione, che hanno come fondamento due concetti principali: gli effetti cumulativi dell’allenamento, cioè i cambiamenti nelle capacità organiche e nelle abilità tecniche determinati dall’allenamento a lungo termine (anni); e gli effetti residui dell’allenamento, cioè il mantenimento degli adattamenti indotti da carichi di lavoro sistematici entro un certo periodo di tempo dall’interruzione di quel tipo di allenamento.

Uno dei modelli più significativi tra quelli alternativi al tradizionale è quello proposto da Vladimir Issurin chiamato “periodizzazione a blocchi”. Secondo questo modello si distinguono tre mesocicli specializzati, detti di Accumulo, di Trasformazione e di Realizzazione. La principale differenza rispetto alla periodizzazione classica consiste nella separazione netta dei contenuti di ciascun mesociclo. Inoltre, secondo l’autore, può essere riproposta anche sei e più volte nel corso della stagione agonistica.

Nella periodizzazione classica i vari tipi di cicli hanno una struttura gerarchica al vertice della quale ci sono i cicli di maggiore durata. Questo significa che l’allenatore dovrebbe programmare prima sul lungo periodo (possibilmente pluriennale) e da quello scendere a impostare i cicli via via più brevi. In pratica, gli obiettivi dei vari macrocicli vanno stabiliti sulla base della pianificazione annuale o pluriennale, quelli dei mesocicli in relazione ai macrocicli e così via. La singola seduta di allenamento dovrebbe essere quindi pianificata per ultima, solo quando il piano complessivo è definito.

Nella fase iniziale della preparazione e della stagione, per nuotatori molto evoluti, il fatto di fare molte gare diventa estremamente utile poiché ci si esercita a intensità che sono realmente quelle di competizione. Quindi non parliamo solo di adattamenti metabolici, ma anche meccanici, tecnici, di ottimizzazione del gesto. Farlo in questa fase della stagione è stato utile e le varie gare nella parte iniziale della stagione, incluse quelle del circuito ISL, si sono rivelate funzionali alla preparazione dei nuotatori di alto livello.

Fondamentalmente rimane comunque la valutazione e la conoscenza dell’atleta. Non è pensabile, tra gli atleti d’élite, generalizzare oppure trovare un sistema nel quale rientrino tutti. Ogni atleta è una realtà a sé stante e come tale va approcciato. Un bravo allenatore dovrebbe riuscire a applicare questa personalizzazione del lavoro anche prima che il nuotatore diventi di altissimo livello, considerando tutte le particolarità che caratterizzano la crescita di un nuotatore promettente.

Ph. ©Deepbluemedia

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