Il salto in FIN

Col termine della pre-agonistica se ne volano via quattro anni di gare, emozioni ed esperienze fondanti di quell’invisibile lucchetto che legherà a lungo i ragazzi all’acqua. 

La propaganda li ha presi bambini, li ha appassionati e consegnati all’agonismo emozionati quanto sicuri di sé. Li guardiamo desiderosi di sapere che pensano di questo salto e ci rendiamo presto conto che solo noi genitori ci stiamo chiedendo: “E adesso?”

I genitori arrivano all’agonismo sapendo tutto quello che serve per sopravvivere. Ormai sono anni che si ripetono “non far vedere che ci tieni, non far vedere che ci tieni…”

Abbiamo avuto quattro anni per trovare la nostra comfort zone tra una prestazione e l’altra, abituarci alle possibilità di nostro figlio, imparare a incoraggiarlo nella maniera giusta e non mettergli pressione, constatando che alcuni cambiamenti sono avvenuti proprio come ci dicevano, all’improvviso, e altre situazioni invece sembrano non cambiare mai. Un equilibrio psico-emotivo conquistato con fatica e di cui andiamo orgogliosi.

Poi arriva l’agonismo e spariglia tutto. Come fa? In cinque semplici mosse che lette tutte insieme garantiscono buone vendite di Xanax.

1) I trofei di propaganda avevano un numero contenuto di partecipanti rispetto a quanti ne troverete in FIN, questo comporta un inevitabile allungamento della classifica. Se per esempio in propaganda arrivare a un secondo dal primo classificato consentiva la medaglia d’argento, in FIN al pronti-via degli Esordienti B potrebbe significare un ottavo posto. Stesso distacco ma sei mocciosi in mezzo, saltati fuori dal nulla.

2) Per lo stesso motivo vincere le batterie non basta più. I ragazzi dovranno imparare a mettercela tutta anche quando sembra fatta. Non lo capiranno subito.

3) Iniziano a confrontarsi con bambini più grandi. Le categorie vanno di due anni in due anni, perciò vostro figlio sarà un anno tra i più piccoli in gara e quello successivo tra i più grandi. Quando sono sui blocchetti dire ad alta voce che “quello in corsia tre è più alto di mio zio” non costituisce un alibi per un piazzamento sgradito. L’anno prossimo sarà vostro figlio lo zio di qualche implume esordiente.

4) Ci sono tantissimi partecipanti. Ve l’ho già detto ma non l’avete capito. Sono talmente tanti che le gare di qualificazione a un trofeo regionale sono divise in più date e in più piscine. Li chiamano “concentramenti”. La classifica definitiva delle qualifiche di vostro figlio si può apprendere quindi solo nei giorni successivi o la notte stessa, ma solo se si è così maniacali da impugnare carta e penna e scorrersi tutte le batterie, un approccio folle che io naturalmente non ho, mi hanno solo raccontato che c’è chi lo fa, che matti (nel prossimo numero vi spiego tutte le app per il calcolo, se proprio per assurdo vi interessasse).

5) Ci sono molte più discipline. Iniziano a gareggiare sui 50 metri, sui 100, sui misti, vasca da 25 poi vasca da 50 e con gli anni le distanze crescono. Questo spariglia tutto. 

Quel bambino che vi sembrava un sasso da fiume nelle gare sprint, potrebbe rinascere sulle lunghe distanze e provare nuove soddisfazioni.

Quel bambino che era un lampo sui 25, potrebbe andare alla deriva sui 100, chiedendosi chi gliel’ha fatto fare di crescere.

E quel bambino piagnone e viziato che passava il tempo a criticare i compagni invece di pensare a se stesso, rimarrà uguale (o passerà finalmente al calcio).

E cosa cambia per noi genitori? Ormai dovremmo averlo capito che non è cambiato nulla sin dal principio, dobbiamo fare la mamma e il papà schermando squilibri e paranoie, grazie a questa sicurezza nostro figlio ce la farà sempre.

Ph. ©Deepbluemedia

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