abbracciare il limite

La filosofia del No Limits, è una c…ta pazzesca direbbe il mio concittadino Fantozzi. Eppure è la logica del momento, nella politica, nella scuola, nello sport, nella società. La nostra esperienza individuale è invece tutta esperienza del limite. Qualcosa non ci è dato. Non siamo come vogliamo. C’è qualcosa che non si può toccare. Una realtà si oppone. Esiste un punto di non ritorno.

La bella notizia è che non sappiamo qual è. Lo sport lo cerca. La scienza lo cerca. Umanesimo è cercarlo. E cercarlo è senz’altro una cosa buona.

Una ridicola ideologia dei consumi ha contaminato ogni ambito dell’umano con questa idea del superamento del limite: “Un modo per farmi comprare un’enciclopedia” avrebbe detto un mio vecchio amico, che imperversava con queste tesi quando ancora usavano quegli omini che ti importunavano per piazzarti la Treccani. E’ la stessa trama che propina oggi la scuola. La persona normale è quella che fa il liceo classico, studia alla Bocconi, prende tre lauree, fa il master in America e poi fa il broker, comprando azioni in inglese.

Nello sport quest’idea si incarna nell’ideale dell’atleta vincente che migliora sempre, che vince quando vuole, che non patisce la pressione degli altri, che non soffre le pretese di genitori, la supponenza degli allenatori, il disprezzo che i superiori continuamente dimostrano agli inferiori. E’ una ripresentazione attualizzata dell’uomo macchina, dell’uomo di regime, del cittadino soldato. Un fantasma per affermare il proprio egoismo.

Lo sport, come ricerca individuale di senso, è invece sempre  contatto col limite. Limite, che per definizione è quello che non si può superare. E’ limite la condizione dell’operare, il tempo, il carattere, le proprie forze, le fragilità, le competenze, le storie individuali, le relazioni… Gli stessi ingredienti del successo e delle possibilità di trovare momenti di felicità nella vita. Segreto di quel successo: poter abbracciare il limite e portarselo dietro come condizione.

 

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