Riccardo Vernole: investire sulla formazione per rimanere al vertice

Abbiamo raggiunto il direttore tecnico della Federazione italiana di nuoto paralimpico (FINP) Riccardo Vernole, che senza avere neppure il tempo di godersi gli straordinari successi dei Campionati del mondo di Madeira, dove l’Italia ha vinto tutto ciò che era possibile vincere è già in Finlandia per seguire gli imminenti Giochi paralimpici europei giovanili (EPYG), con una rappresentativa di sedici promesse del nuoto azzurro.

Allora Riccardo, ti abbiamo lasciato tranquillo nei giorni immediatamente successivi alla chiusura trionfale dei Campionati del mondo di Madeira, oggi a mente fredda e bocce ferme ti chiediamo un bilancio dell’evento.

Mi fa molto piacere poterne parlare oggi, quando si sono appena conclusi i Mondiali di Budapest: la vicinanza dei due eventi ha messo in evidenza l’esistenza di un “filo azzurro” di successi che hanno una base comune: un’Italia che nuota tanto, nuota bene e nuota forte in tutti i contesti. Tutte le rappresentative FINP e FIN sono competitive, complete e profonde, con molte atlete e atleti in grado di primeggiare pressoché in ogni specialità. Tanti successi che portano visibilità e motivano sempre più giovani ad avvicinarsi al nostro sport, e questo credo sia il successo più grande che abbiamo ottenuto. La sfida oggi è chiudere il “buco” lasciato da due anni di Covid, recuperare chi è stato costretto a interrompere l’attività e garantire continuità e ricambio al movimento.

Come pensi che i successi di Madeira influenzeranno questi EPYG? Con una maggiore motivazione, con timore reverenziale, o che altro? E che risultati ci possiamo attendere?

Noi schieriamo sedici elementi, undici ragazzi e cinque ragazze, di buon livello, sicuramente ispirati dai grandi successi ottenuti al Mondiale di Madeira. Gli EPYG sono una manifestazione particolare, nella quale non c’è la suddivisione in classi sportive ma in serie unificate per tempo di iscrizione, e le classifiche escono in base ai punteggi tabellari attribuiti, per tanto i ragazzi non avranno spesso un confronto con gli avversari della stessa classe come accade per le altre competizioni paralimpiche. Al di là di questo, un successo l’abbiamo già ottenuto con l’ottimo lavoro svolto nella fase di avvicinamento alla manifestazione: il gruppo è compatto ed è stato seguito con attenzione nel corso dell’intero anno, con due collegiali a Modena e Milano, creando un modus operandi dedicato al settore giovanile che sarà implementato in maniera significativa nell’immediato futuro per consolidare i risultati di Madeira ed effettuare un ulteriore salto di qualità, indispensabile a fronte di una concorrenza internazionale sempre più agguerrita. Non ho idea di quali e quante medaglie potremo conquistare qui in Finlandia, ma mi attendo molti record personali e in generale una crescita del gruppo anche in termini di esperienza e cultura sportiva: per essere competitivi nel nuoto paralimpico bisogna sottoporsi a una disciplina di allenamento con la A maiuscola.

E dal punto di vista della distribuzione geografica com’è composta questa nazionale giovanile?

Molto ampia, abbiamo convocazioni da tutta Italia: Sicilia, Puglia, Campania, Lazio, Friuli Venezia Giulia, Trentino A. A., Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte. Una rappresentativa da questo punto di vista molto più eterogenea della nazionale maggiore, ed anche questo è il segnale che la nostra opera di disseminazione della cultura paralimpica sta funzionando.

Madeira, e auspicabilmente Parigi, rappresenta la consacrazione e la piena maturazione di un gruppo di atleti di grande talento caratterizzati da un’estrema polivalenza: Simone Barlaam e Antonio Fantin che dominano in tutte le distanze dello stile libero e vincono anche a farfalla e dorso, Stefano Raimondi e Xenia Palazzo che conquistano medaglie nello stile libero dorso rana e misti individuali. Nel futuro dobbiamo ancora attenderci atleti con un range di specializzazione così ampio o si va verso una maggiore specializzazione?

Andiamo inevitabilmente verso una maggiore specializzazione, anche alla luce di quello che dicevo prima: aumenta il numero di nazioni e atleti coinvolti nel nuoto paralimpico, di conseguenza aumenta la competitività e quindi la necessità di focalizzare la preparazione dell’alto livello su un numero più ristretto di prove. Un altro tema importante è quello del reclutamento, in particolare in categorie come la S12 e la S13 (ipovedenti), che può e deve essere condotto in sinergia con le società affiliate alla FIN, sono certo che ci sia un numero interessante di atleti ipovedenti (avere un visus di 1/10 rappresenta la disabilità minima) pronti a gareggiare con la FINP. Diventa a questo punto fondamentale l’intervento degli allenatori che a mio parere dovrebbero completare il percorso agonistico dei propri atleti con le gare paralimpiche, riconoscendole come un opportunità, come è accaduto a Carlotta Gilli appena dopo RIO 2016.

Senza nulla togliere ai tecnici societari e federali, il nuoto paralimpico italiano si identifica in Riccardo Vernole: sei soddisfatto dei risultati che hai raggiunto? E oltre ad arricchire il medagliere, quali obiettivi ti sei posto?

Io rappresento dal punto di vista tecnico la punta di un iceberg, per me Madeira è il passato, non ci penso sinceramente già più. Io mi ritengo soddisfatto nel momento in cui riesco a completare un progetto. Il mio obiettivo ora è consolidare il nostro movimento per mantenere la supremazia in un contesto internazionale che nei prossimi anni crescerà vertiginosamente, a cominciare dai “cugini” francesi che anche grazie alle risorse disponibili per l’organizzazione dei Giochi 2024 stanno effettuando investimenti importantissimi ai quali dobbiamo rispondere con un ulteriore salto di qualità, in primis attraverso la formazione dei tecnici. La base c’è, le ragazze e i ragazzi che vogliono nuotare sono tanti, ma devono trovare le persone giuste a bordo vasca, e le persone giuste non possono che emergere da un percorso condiviso tra FIN e FINP. Premesso che a mio avviso è inevitabile che nel medio periodo le due realtà si unifichino come avviene già in diverse nazioni, nel frattempo è indispensabile che i rispettivi settori dedicati all’istruzione tecnica dialoghino e collaborino. Questa è l’unica via per mantenerci al vertice non solo a Parigi, ma anche negli anni a seguire. Quello che sogno è che ogni istruttore di nuoto conosca l’attività paralimpica e soprattutto abbia le competenze per insegnare a nuotare ad un disabile con la qualità che deve essere sempre garantita e anche con quell’ambizione che potrebbe far nascere un buon agonista.

Ph. ©FINP

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