tornando alla meritocrazia

Detesto la parola meritocrazia. Faccio fatica con chi la usa. Chi cammina sulla terra da un minimo di tempo, sa che, come tutte le parole pseudo virtuose, copre sempre menzogne più o meno grandi (chi non vuol crederlo deve rileggere con discreta attenzione il nostro buon Nietzsche e imparare qualcosa. Consiglio “Umano, troppo umano”). Normalmente chi la usa oggi, per esempio per elargire fondi o incarichi, ha già pensato a chi darli e anche perché.

meriti

La questione dei meriti e del successo, però, è una questione spinosa. Diecimila anni di civiltà non sono stati in grado di decifrarla. Si è dovuto tirar fuori la fortuna, il karma, il destino, il Dna, le stelle, la storia… e non si è scritta una parola definitiva. Il cristianesimo aveva messo un bel carico con la fantastica idea che ci si salva per fede, non per merito. Nessuno, infatti, merita davvero e nessuno può davvero sapere chi merita, perché i fattori che determinano l’agire umano sono troppi per ordinarli. Per cavarsela occorre affidarsi a chi è credibile e stare con lui per affezione. Tra l’altro in questo caso il più meritevole di tutti, che nella vita aveva fallito. Peccato che la storia dei suoi stessi seguaci abbia sempre più attenuato la cosa per ritirare fuori la questione del meritarselo con la meritocrazia.

moderno

Il moderno ha risaltato la staccionata, riappropriandosi totalmente della questione “merito” da attribuire al potere. E’ bastata una letteratura che raccontasse un esito diverso dalla realtà (il romanzo, o se volete la sua degenerazione) e il gioco era fatto. Non serviva più meritare, bastava raccontarlo. Mai Omero avrebbe sostenuto che Achille vinceva sul campo di battaglia per i suoi meriti! tantomeno Ulisse.

senza merito

Affermare il merito dei vincenti permetteva anche di accusare impunemente i senza merito. Gli altri. Quelli che non hanno perché non meritano. A loro non spetta nulla e quindi sono da rottamare. L’idea bislacca che la vita dovesse essere organizzata come la costruzione e la vendita della Ford T, ha poi completamente sigillato nell’idea di società, il fatto che l’affermazione  coincidesse col merito.

sport

Nello sport si sa che il merito non vince sempre. Il bello, però, è che c’è sempre del merito in una vittoria. Nella vita non è così. Si affermano più facilmente scaltrezza e inganno e altrettanto facilmente il valore è disconosciuto. Nello sport, anche dove ci sono scaltrezza e inganno, non si vince senza motivo. Ma il pensiero che chi tocca davanti o arriva primo ha più merito di tutti è un idea fuorviante. Pubblicizza un uomo che non esiste e mette nella testa dell’atleta un’idea sbagliata di quello che dovrebbe essere,  fonte d’angoscia e di  sgradevoli sensazioni di inadeguatezza. Però quest’idea è molto utile al sistema. Ma questo lo ha detto meglio di me Federico Gross nel suo post, che dovete assolutamente rileggere (l’illusione della meritocrazia 5/12/22).

Più che ad un uomo che merita, a me piace pensare ad un uomo che osa. Che si confronta. Che lo fa anche quando la vita è ostile, l’esito incerto o addirittura contrario. Mi piace pensare a quest’uomo spinto dall’esile speranza che ci sia un bene da trovare che agisce con la propria misura, katà métron, come avrebbero detto i greci: come può, dove può, con quello che ha, senza la malauguratissima intenzione di voler stravincere.

 

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