Petrolimpiadi? No, grazie

Che negli ultimi lustri le Olimpiadi siano diventate un fenomeno eminentemente commerciale è un dato di fatto del quale non vale neppure più la pena scandalizzarsi: Pierre De Coubertin è sotto terra da un pezzo e che lo sport non sia altro che una delle tante forme di intrattenimento globale può turbare solo i romantici impenitenti come Paolo Tondina.

Ma che solo si possa ipotizzare di assegnare i Giochi 2036 al Qatar è oggettivamente troppo anche per gli stomaci più irsuti.

Le monarchie del Golfo nell’ultimo quarto di secolo hanno occupato le istituzioni sportive, drogato il mercato degli atleti, perturbato i calendari internazionali e trasformato l’agonismo in uno dei tanti costosi balocchi con i quali cercano di vincere il tedio miliardario e si accreditano come interlocutori internazionali in barba alle continue brutali e capillari violazioni dei diritti umani sulle quali sono fondate le loro oscene satrapie.

Per il trastullo di questi sibariti accettiamo senza un plissé le migliaia di morti nei cantieri degli stadi  e, per rimanere in ambito natatorio, la trasformazione della FINA in una compagnia di giro che cancella e organizza eventi a proprio comodo, che fa la guerra alla ISL prima e alla LEN poi, che può permettersi di organizzare un Mondiale con il solo e palese obiettivo di boicottare i Campionati europei di Roma 2022.

Ora, passi per i tifosi del calcio il cui disagio esistenziale gli permette di ingoiare qualsiasi boccone, ma credo che chiunque ritenga che lo sport trascenda ancora in minima parte la dimensione economica e commerciale non possa accettare questo ulteriore scempio, anche alla luce delle cronache recenti che sembrano suggerire in maniera piuttosto evidente le modalità con le quali il Qatar si legittima sul piano internazionale.

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