Brema 57 anni dopo.

Oggi, sabato 28 gennaio, ricorre il 57esimo anniversario della tragedia di Brema. Il nostro ricordo nelle parole di Cristiana Scaramel pubblicate sulla rivista AQA in occasione del cinquantennale.

Segnaliamo il libro “Il nuoto a Venezia, dalla laguna alle Olimpiadi. La storia dei fratelli Chimisso” edito da Grafiche 2 am di Venezia scritto da Roberto Chimisso fratello di Amedeo scomparso nella strage aerea di Brema.

Brema 57 anni dopo

Cosa hanno in comune il Trofeo Nico Sapio di Genova, il centro federale FIN Bruno Bianchi di Trieste, la storica piscina Daniela Samuele di Milano? O ancora la piscina Dino Rora di Torino, la Carmen Longo di Bologna o il circolo sportivo Sergio De Gregorio di Roma? E il Trofeo Master Bruno Costoli con il premio speciale “Luciana Massenzi” e la piscina di Venezia Amedeo Chimisso?

Sicuramente una data, il 28 gennaio 1966, e un luogo, Brema, in Germania. A Superga nel 1949 era scomparso il grande Torino, una squadra famosa e piena di titoli, a Brema nel 1966 fu distrutta la Nazionale di nuoto, una squadra di ragazzi semplici e sconosciuti ai più che studiava, lavorava, nuotava.

Daniela Samuele era di Milano e aveva 17 anni: frequentava il liceo artistico e in valigia con il costume e l’accappatoio mise il suo primo abito da sera di chiffon. Carmen Longo, ranista di Bologna, 19 anni, partì con la borsa azzurra dei Giochi di Tokyo 1964 e con la preoccupazione della sua seconda liceo, sul suo quaderno un verso di Saffo: “Tu giacerai morta, né più alcuna memoria rimarrà di te”. Amedeo Chimisso, 20 anni, dorsista, figlio di uno scaricatore di porto di Venezia, lavorava come fattorino perché il padre gli aveva detto: “Siete sei figli, non posso mantenervi tutti, se vuoi nuotare arrangiati”. Sergio De Gregorio, 20 anni, si allenava anche di notte, era di Roma come Luciana Massenzi, 21 anni, dorsista, che per migliorare era anche andata in Francia. Il triestino Bruno Bianchi, 23 anni, era il più “anziano” e anche il capitano, viveva da solo a Torino e lavorava alla Fiat per mantenersi all’università. Era preoccupato di volare d’inverno visto che un aereo indiano si era appena schiantato sul Monte Bianco. Chiaffredo “Dino” Rora, 21 anni, dorsista, torinese, anche lui impiegato alla Fiat dove suo padre era collaudatore, prima di partire chiamò casa e disse: “Perdonami, mamma”. Di cosa, scherzò lei. “Di tutto”, rispose lui. Paolo Costoli, 56 anni, l’allenatore di esperienza che sostituì Bubi Dennerlein, era un tecnico e un ex nuotatore molto famoso. Nico Sapio della Rai si era aggiunto all’ultimo, Brema era un meeting internazionale molto importante.

Ed è per ricordare i sette atleti, il loro l’allenatore e il cronista Rai periti in questa tragica circostanza che Francesco Zarzana – giornalista, scrittore e autore teatrale, nonché commissario FIN di pallanuoto – ha deciso di dedicare tempo a questa tragedia del nuoto, prima raccontandola con il libro “L’ultima bracciata” pubblicato nel 2012 e ora con il film documentario “Tra le onde, nel cielo” realizzato con il patrocinio della Federnuoto, che sarà presentato in occasione del 50° anniversario della tragedia.

In quell’ultimo fine settimana di gennaio l’Italia era davanti alla TV a vedere il Festival di San Remo dove la coppia Modugno – Cinquetti avrebbe vinto con “Dio come ti amo”, ma c’era anche un meeting internazionale di nuoto per la prima volta in eurovisione, importante per le convocazioni dei successivi Europei di Utrecht che si sarebbero svolti in estate.

La nebbia avvolge l’aeroporto di Milano, voli cancellati, ma si trova un’alternativa facendo scalo a Zurigo, da dove poi si potrà raggiungere Francoforte e quindi Brema. Gli azzurri, ai quali si era aggiunto all’ultimo il telecronista Rai, arriveranno a Francoforte, ma perderanno fatalmente la coincidenza per Brema. Morirono per un ritardo di dodici minuti: l’aereo che persero, decollò e atterrò senza problemi con i loro nove posti vuoti. Quello seguente, un Convair, non arrivò mai: un boato durante la fase di atterraggio all’aeroporto di Brema sotto un nubifragio e nessun superstite.

Quei giorni si gareggiò ugualmente: una cerimonia a ricordo dei partecipanti e sui blocchi di partenza dei concorrenti un tricolore listato a lutto e un mazzo di fiori in loro ricordo.

Dino Buzzati scrisse un articolo con il titolo “I Puri” parlando così degli azzurri: “Non erano né ricchi né famosi. A guardare le loro foto fanno tenerezza e pietà. E poi l’Italia era a seguire Sanremo, una gara di nuoto in un paese che non sa stare a galla, non era così interessante”.

Questo è il motivo per cui la Federazione Italiana Nuoto, per commemorare la memoria di questi atleti, ha ideato la “Coppa caduti di Brema”, inizialmente riservata a quelle società che avevano perduto i loro ragazzi e che poi successivamente venne aperta tutti, diventando il campionato nazionale a squadre che oggi conosciamo.

L’intento di Francesco Zarzana è quello di raccontare non solo la vita sportiva ma anche di mettere in risalto l’aspetto umano di questa vicenda per ricordare i ragazzi e restituirgli una memoria popolare. Questo film non vuole essere un prodotto di settore, ma vuole raggiungere più persone possibile, il racconto della vita di questi ragazzi ne dovrebbe onorare la memoria e tramandarla alle nuove generazioni. Lo stesso Zarzana spiega: “Sono stati dimenticati troppo in fretta, è giusto restituirgli il loro spazio tra i campioni del nostro paese. Mi piacerebbe che fossero anche gli stessi allenatori, in qualità di educatori, a portare i loro ragazzi a conoscenza di questa tragedia. Anzi io li sgrido quando li incontro, perché se portano i giovani a una manifestazione che si chiama “Caduti di Brema” devono spiegare da cosa prende il nome.”

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