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Acque calde, sfide estreme: il nuoto di fondo tra infortuni, clima e inquinamento. Intervista a Marco Bonifazi

Il Team Manager delle Squadre Nazionali racconta da Singapore le condizioni di Gregorio Paltrinieri dopo l’infortunio, analizza gli effetti fisiologici del caldo estremo e riflette sul futuro della disciplina tra sicurezza, ambiente e formazione tecnica

Incontriamo il dottor Marco Bonifazi, Responsabile del Centro Studi e Ricerche della Federazione Italiana Nuoto, a Singapore in qualità di Team Manager delle Squadre Nazionali, al quale come prima cosa chiediamo notizie delle condizioni di salute di Gregorio Paltrinieri dopo l’infortunio subito nel corso della 10Km chiusa al secondo posto.

Gregorio ha sofferto il distacco di un piccolo frammento osseo all’inserzione del tendine dell'estensore della terza falange dell’anulare sinistro. Questo a causa di una collisione involontaria con il francese Olivier. Nella 5 Km ha gareggiato con un taping, poi il 21 tornerà in Italia e vedremo il da farsi.

Volevamo chiederti un parere sul fatto che, un po' per la scelta delle location e un po' per il riscaldamento globale, gli atleti del nuoto in acque libere si trovano sempre più spesso a nuotare la gara clou della stagione in acqua molto calda. Che tipo di effetti fisiologici ha questa situazione?

È più frequente, secondo me, trovare acqua troppo fredda che troppo calda, soprattutto perché molte gare si tengono a maggio. In questo caso specifico, hanno gareggiato su 10 km con acqua a 30,9 gradi ufficiali, con il limite fissato a 31,0…. L'acqua viene campionata in tre punti, poi si fa la media. Ma nell'area dove c'è una piccola insenatura e l'acqua ristagna, tutti i nuotatori dicevano che si percepiva come molto più calda.
Dal punto di vista fisiologico, questa è stata la gara più lenta degli ultimi anni. Hanno nuotato intorno alle due ore, mentre di solito la gara da 10 km si chiude in 1h50 o 1h52. Le donne hanno nuotato in 2h08. Quindi parliamo di un peggioramento del 7-8% nella performance.
Perché peggiora la performance? Innanzitutto, l'aumento della temperatura corporea e la difficoltà di smaltire il calore incidono molto. La differenza tra la temperatura interna del corpo e quella della sua superficie esterna è cruciale per dissipare il calore, e in queste condizioni è ridotta. La cute non riesce a smaltire bene il calore e questo porta a un aumento della frequenza cardiaca, un maggiore flusso sanguigno a livello cutaneo, e quindi relativamente meno sangue e ossigeno ai muscoli. Di conseguenza, c'è più produzione di lattato, più consumo di zuccheri rispetto ai grassi, e un maggiore impegno metabolico.
Aumenta anche la sensazione di sforzo, provocando una fatica mentale che limita la prestazione. Per questo, molti partono già più piano come risposta adattativa. Malgrado tutto, alcuni sono arrivati con buona energia: Wellbrock e Paltrinieri e i primi 5-6. Altri invece hanno mollato prima.
La disidratazione è meno intensa in acqua, ma proprio per questo è più difficile dissipare il calore per convezione, perché l'acqua troppo calda non favorisce lo scambio termico. Questo rallenta la prestazione ed espone anche al rischio di colpi di calore, che possono essere pericolosi.
Per fortuna, gli atleti sono esperti e sanno riconoscere i propri limiti. In questa gara i problemi sono stati contenuti. Ora ci saranno gare più corte, da 5 km e meno, con rischi inferiori.

E riguardo alla questione sollevata da Paltrinieri sull'inquinamento dell'acqua?

I controlli oggi sono più accurati. In passato abbiamo nuotato in condizioni anche peggiori. Non sono stati diffusi dati precisi sull'inquinamento fecale, ma pare che uno degli ultimi test effettuati 48 ore prima della gara abbia mostrato valori superiori ai limiti previsti da World Aquatics. Sono stati quindi eseguiti ulteriori controlli e la gara è stata rinviata, anche perché i test microbiologici richiedono ore di incubazione, quindi i risultati arrivano con un certo ritardo. Probabilmente una frequenza maggiore nei controlli avrebbe dato indicazioni più precise. Il sito dell'Agenzia Nazionale dell’Ambiente di Singapore indica comunque Palawana Beach, sull'isola di Sentosa, come una delle migliori spiagge del paese.
Quando si presentano situazioni come queste, non c'è una profilassi sanitaria specifica. L'inquinamento è difficile da prevedere, ma le soglie fissate sono giustamente molto basse. Un superamento occasionale non comporta necessariamente un rischio clinico, al massimo qualche disturbo intestinale.
Però è comprensibile che gli atleti siano preoccupati: dormire senza sapere se il giorno dopo si gareggia o no non è il massimo. In condizioni così stressanti, spesso emergono anche le qualità mentali dei grandi atleti.
Certo, è bello che la disciplina del nuoto in acque libere avvicini alla natura, ma alcune località non sono l’ideale. Le sedi delle grandi manifestazioni internazionali vengono scelte principalmente per motivi economici e politici, e non sempre la bellezza del mare è garantita.

Alla luce di tutte queste variabili, credi che gli allenatori delle acque libere necessitino di una formazione dedicata, separata da quella per le gare in piscina?

Credo che in futuro sarà necessario distinguere il percorso formativo tra piscina e acque libere, o perlomeno integrarlo. Le esigenze, le abilità, e le condizioni sono molto diverse. Le gare di fondo richiedono anche competenze da "velista": conoscere vento, correnti, onde, e saperle leggere. Dal punto di vista metabolico, le gare da 5 km e 10 km sono molto diverse tra loro e da quelle in piscina. La 10 km richiede un uso efficiente dei grassi come carburante, cosa poco sviluppata nei nuotatori da vasca.
Insomma, serve un programma di lavoro specifico. Sì, bisognerà metterci mano.

 

Ph. ©Deepbluemedia

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