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Ethelda e l’Olimpiade

Anversa accoglie le gare di nuoto nei fossati: costumi pesanti e acqua gelida

La vittoria su Fanny Durack a New York, aveva fatto di Ethelda Bleibtrey la superfavorita per Anversa 1920. Il ritiro di Fanny, sebbene avvenuto all’ultimo momento, fu un altro segno di un destino da leader che sembrava segnarla. Tra l’altro l’american crawl s’era dimostrato più veloce in ogni distanza già in quel 1919 e lei ne era la perfetta interprete. Nel 20 lo stile avrebbe sfondato, anche negli uomini, che avevano in squadra talentoni come Duke Kahanamoku e Norman Ross.

Trials

I trials, che si svolsero a meno di un mese dal diritto di voto alle donne americane, per Ethelda furono una formalità. Nelle cento iarde cominciò col togliere il record americano all’amica Charlotte Boyle nelle batterie e finì col prendersi quello mondiale di Fanny Durack in finale (1’12.35). Si racconta che nella concitazione, Ethelda, sia finita addosso ad Helen Moses, una nuotatrice di Honolulu, costringendola al ritiro ai cinquanta metri. Può sembrare strano succedesse una cosa del genere, se non si pensa che non c’erano corsie, né linee sul fondo e che le gare si facevano tutte nuotando gomito a gomito. Sarebbe stato così anche ad Anversa. Le corsie furono una novità di Parigi 1924. Tra l’altro Ethelda scontrò anche Charlotte Boyleche però si riprese immediatamente, riuscendo a tenersi un secondo posto che le assicurava la partenza per il Belgio. Quattro giorni dopo, al largo di Manhattan Beach, Ethelda Bleibtrey vinse anche la prova sui trecento metri, superando un altro record mondiale di Fanny Durack. I trecento erano la seconda distanza olimpica. La scelta strana che non fu mai ripetuta. Il fatto era che si trattava dell’unica misura in cui le nuotatrici erano state autorizzate dalla federazione ad esercitarsi aerobicamente. Il regolamento infatti, prevedeva che non intraprendessero sforzi superiori al minuto e mezzo, immaginando una debolezza di genere, che andava ovviamente “protetta” dalle norme. 

Anversa 

Alle Olimpiadi Ethelda Bleibtrey ci arrivò che aveva 18 anni. Era nata infatti il 27 febbraio 1902. Ad Anversa si nuotava nei fossati della città, adibiti appositamente per le gare di nuoto. Un fossato non era certo una piscina e l’acqua era fangosa, scura e molto fredda. Faceva freddo anche fuori, tanto che dopo ogni gara i nuotatori si rannicchiavano a terra per riprendere un po’ del loro calore. I costumi delle donne erano ancora decisamente assurdi, anche se forse lo erano un po’ meno di quelli di Stoccolma. Il nylon non era stato ancora inventato ed erano fatti di lana, cotone o seta. Il materiale li faceva pesanti e scomodi. Quando erano bagnati si attaccavano al corpo e diventavano anche spaventosamente trasparenti. Così le nuotatrici, per pudore, erano costrette, appena uscite, ad indossare un accappatoio che dovevano lasciare appositamente all’arrivo. Il costume di Ethelda non era meno di quello delle altre, più un abito corto che un costume da gara. Ma con quel costume avrebbe gareggiato in tutte le distanze previste e avrebbe vinto ogni prova. Fece 100, 300 e 4x100 stile libero. Peccato non ci fosse il dorso, perché anche lì non aveva avversarie, forse ancora più di quanto succedesse nello stile libero.

Cento 

Le batterie dei 100 stile si svolsero il 23 di agosto, con diciannove atlete in gara. Sette sarebbero andate in finale: le prime due di ogni batteria e il miglior tempo tra le altre. Ethelda era in terza batteria, quindi poté osservare tutte le avversarie gareggiare. Vinse con 1’14,4, togliendo un altro record a Fanny Durack. La più vicina era la compagna di squadra Frances Schrott, vincitrice della prima serie in 1’18.0. Le altre non la impensierivano. Le americane in gara Irene Guess e Charlotte Boyle avevano fatto 1’18.8 e 1’20,4. La britannica Connie Jeans aveva nuotato 1’20,8, la neozelandese Violet Walrond 1’21.4, mentre Jane Gylling, svedese si attestava ad 1’27.4. Quarantotto ore dopo si sarebbero sfidate. La sfida non fu difficile per Ethelda, che abbassò ancora il record mondiale portandolo a 1’13.6. Dietro a lei Irene Guest era a quasi quattro secondi. Nel nuoto veloce si trattava di un’eternità.

Trecento 

Anche nei 300 Ethelda era molto al di sopra della concorrenza: quindici avversarie di sette nazioni. Il 24 agosto nuotò la sua semifinale in 4’41.4, che era ancora record del mondo. Questa volta, però, lo aveva tolto a sé stessa. Era il 4’43.6, stabilito all'inizio dell'anno. Sedici secondi dopo arrivava la britannica Constance Jeans, quindi nessuna trepidazione. Nella finale del giorno 28 nuotò ancora più forte, abbassando il record mondiale a 4’34,0. Dietro di lei c’era una compagna di squadra, anche lei nuotatrice da sei battute, Margaret Woodbridge, staccata di otto secondi. Fu l'unica volta che alle Olimpiadi si disputarono i 300. Nel 1924 a Parigi, e poi per sempre, la distanza del mezzofondo per le donne divennero i 400 metri. Un passetto microscopico verso la parità di genere.

Staffetta

La gara a staffetta fu così limitata da non costituire nessun problema. Si scontravano solo tre squadre e la superiorità americana era devastante. Gran Bretagna e Svezia potevano solo stare dietro sul podio. Scontato era anche l’ordine di arrivo. Il 29 agosto, Margaret Woodbridge, Frances Schroth, Irene Guest ed Ethelda Bleibtrey, tutte medagliate individualmente, arrivarono trenta secondi davanti alle britanniche. Naturalmente 5’11,6 che nuotarono era anche record del mondo e record olimpico. Il margine di 29 secondi e due decimi fece di quella vittoria la più sbilanciata della storia delle Olimpiadi.

Rivolta olimpica

Ethelda Bleibtrey era stata imbattibile e aveva vinto tutte le gare del programma olimpico. Era anche stata la prima americana a vincere l’oro e la prima a fare record del mondo in tutte le gare. Ma non furono solo i record a far parlare di lei. Fu anche protagonista della prima rivolta pubblica degli atleti americani. Era successo, infatti, che la squadra avesse subito diverse vessazioni. Erano arrivati in Europa già provati a causa del viaggio sulla S.S. Princess Matoika, una nave usata in guerra per il trasporto a casa dei cadaveri dei soldati della prima guerra mondiale. L’odore dei morti e dei disinfettanti aveva ammorbato il viaggio degli atleti. Oltre al disagio dovuto alla puzza, le condizioni di viaggio erano state terribili: caldo infernale, pasti scarsi e di dubbia qualità, alloggi angusti spesso condivisi con topi e altri animali. Molti avevano dato di stomaco. Così una delegazione di atleti, guidata da Norman Ross, scrisse una delle pagine più pittoresche dei Giochi passata alla storia come “l’ammutinamento della Matoika “. Fu organizzato un sit-in sulla spiaggia, con la minaccia di non gareggiare se i dirigenti americani non avessero assicurato una sistemazione migliore ad Anversa, il ritorno con una nave diversa, con passaggio in cabina e il biglietto ferroviario da New York alla città natale degli atleti. 

Fama e successo

Il successo olimpico diede ad Ethelda una fama notevole che le consentì un momento di vita decisamente inebriante. Tra le occasioni mondane ebbe l’opportunità di surfare con il Principe di Galles alle isole Hawaii, di frequentare il rematore miliardario Jack Kelly ad Atlantic City e di fare un tour mondiale che la portò a Panama, in Australia e in Nuova Zelanda. Fu Fanny Durack, l’antica rivale, a volerla invitare in Oceania, in nome di una fratellanza olimpica che questa volta però non nascondeva nessuna trappola mortale. 

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