Il Clinic con Bowman

I prossimi 5 e 6 ottobre a si svolgerà la 44esima edizione dell’Eastern States Swim Clinic a  Cherry Hill in New Jersey. Parteciperanno in qualità di speaker il coach di Michael Phelps, Bob Bowman, e diversi olimpionici,  Josh Davis, Elizabeth Beisel e Breeja Larson.

Segue la locandina del Clinic di Cherry Hill, sotto un contributo di Bob Bowman estratto dal libro “Le 10 regole d’oro per raggiungere l’eccellenza nello sport e nella vitaedito nel 2018 da Calzetti e Mariucci.

 

 

Celebrate il vostro successo, poi decidete quale sarà il prossimo

Di Bob Bowman

Ce l’avete fatta. Avete passato mesi, magari anni, lavorando per raggiungere la vostra visione. Cosa fate quando finalmente arriva il momento della realizzazione? Come celebrate i vostri risultati?

Vediamo i vincitori della 500 Miglia di Indianapolis fare il giro d’onore e poi, in ossequio ad una tradizione un po’ folle, scolarsi un litro di latte. Tornando agli anni Quaranta, abbiamo visto i cadetti lanciare con gioia i loro cappelli in aria dopo essersi diplomati all’Accademia Militare di West Point. Siamo rimasti alzati fino a tardi la notte di Capodanno per ascoltare Guy Lombardo, poi Dick Clark e ora Ryan Seacrest [presentatori radiotelevisivi USA, NdT] festeggiare la conclusione dell’anno e di tutti gli eventi che ne hanno fatto parte.
Ogni successo è unico e così dovrebbe essere il modo in cui lo celebriamo. Almeno, questo era il mio pensiero dopo avere finalmente raggiunto il più grande successo della mia carriera. Vi descrivo la scena: Pechino, Cina. Domenica 17 agosto 2008. La finale della staffetta 4×100 metri mista. La squadra USA composta da Aaron Piersol, Brendan Hansen, Jason Lezak e Michael Phelps fronteggia i team di altre sette nazioni. Ho detto in precedenza che gli Stati Uniti hanno dominato questa gara sin dalla sua introduzione nel 1960, così generalmente, negli attimi che precedono la partenza, c’è poca suspense: gli Americani vinceranno sicuramente. Questa volta però c’è tensione: i 14.000 spettatori del Water Cube e milioni di persone davanti alla TV nelle loro case, nei bar o nei ristoranti di tutto il mondo aspettano che Michael faccia la storia. Michael, nuotando la frazione a farfalla (la terza), dà il cambio in testa a Jason Lezak che terminerà la gara e la corsa all’oro.
Guardate i replay e vedrete il sorriso di Michael che diventa sempre più largo ad ogni bracciata di Lezak. M.P. era arrivato a Pechino con una visione: nuotare a tempo di record del mondo per trovarsi nella condizione di vincere otto medaglie d’oro. Aveva stabilito sei record del mondo in sei delle sette gare precedenti ed un record olimpico nella settima. In quel momento, quando Lezak tocca la parete vincendo la staffetta con il nuovo record del mondo, Michael inizia immediatamente ad abbracciare i compagni, a dargli il cinque e fa vedere al mondo quanto è felice, soddisfatto e appagato per il risultato. Il Cube rimbomba di quello che si può solo definire un pandemonio, mentre Michael riceve il tributo alla sua impresa.

E io? No, io non ho nuotato alcuna gara nei nove giorni precedenti, ma sono completamente esausto, spossato, esuberante. Il lavoro di Michael è compiuto e così il mio. Per undici anni abbiamo lavorato insieme, costruendo questo momento – io disegnando la strategia, lui eseguendola in assoluta perfezione Ora è il più grande atleta olimpico che il mondo abbia mai visto e io sono un allenatore di nuoto molto felice e soddisfatto. Gli occhi del mondo sono tutti per lui; nessuno mi considera più di tanto, credetemi. E con tutti quei riflettori accesi, lascio il mio sedile sulle tribune del Water Cube e mi sposto in un piccolo corridoio adiacente alla piscina. Il corridoio è vuoto e silenzioso e per alcuni minuti resto lì, con la sensazione che le gambe non mi reggano. Mentre sono lì, con la faccia congelata nei miei pensieri, la mia mente indifferente a tutto ciò che mi circonda, dico a me stesso: “È successo veramente… È successo davvero… Il sogno si è realizzato?

Le medaglie olimpiche sono per gli atleti, non per gli allenatori. Nessun problema. Sono gli atleti che gareggiano. Eppure, voglio qualcosa per commemorare questo momento. Ce l’ho. Quei pochi minuti di solitudine sono la mia ricompensa per il risultato che abbiamo appena raggiunto. Nei quattro anni precedenti, io e Michael avevamo lavorato su P.G. dopo P.G. e attraverso una serie di obiettivi sempre crescenti, avevamo scritto il copione per entrare nella storia. E avevamo speso così tanto tempo ed energie mentali, così tante ore chiedendoci questo e quello…e poi, improvvisamente, il lavoro era fatto e noi avevamo ciò che cercavamo – primati del mondo, la storia, e otto medaglie d’oro. Era arrivato il momento di “festeggiare”.
Poi io trovo un corridoio silenzioso e festeggio, alla mia maniera.

Rendete memorabile il ricordo del vostro successo
In quel corridoio, ero stato in grado di assorbire, per un istante, ciò che avevamo realizzato nei quattro anni precedenti. Credetemi, una prescrizione essenziale del Metodo è che dovete ricompensarvi con un po’ di introspezione per tutto il lavoro che avete fatto e le energie che avete impegnato per realizzare la vostra visione. Durante la nostra vita le persone – siano esse insegnanti, datori di lavoro, genitori – ci premiano con dei trofei per celebrare dei momenti significativi: un encomio scolastico, una targa di “Venditore del Trimestre”, un orologio al momento della pensione, una medaglia d’oro dopo una gara molto veloce. E quei trofei ci servono a ricordare ciò che abbiamo realizzato. Anche se belli da guardare, non valgono però come i ricordi che conservate di quei momenti e solo voi potete regalarveli.
Non mi credete? Allora sentite cosa disse Matt McLean quando gli chiesero il significato della medaglia d’oro conquistata alle Olimpiadi del 2012: “È solo un gingillo. Quando guardo indietro la medaglia non significa niente per me, sono le esperienze e il modo in cui mi hanno cambiato come persona la vera ricompensa. Una delle cose che impari è che il viaggio è più importante della destinazione”.

Può sembrare strano, e forse è una mia stranezza, ma il ricordo di me da solo in quel corridoio con i miei pensieri è quello che porterò con me per sempre. Perché? Per quello che ha significato: io sono qui perché è successo qualcosa di importante e ho bisogno di scolpirlo nella mia mente.
Ovviamente ci furono molte occasioni per festeggiare pubblicamente il carico d’oro di Michael e ognuna di esse contribuì a rinforzare e perpetuare il ricordo. Quando rientrammo a Baltimora dopo i Giochi per esempio, la città organizzò una parata per il “Festival dell’oro”; attraversammo la città in mezzo ai fan di Michael ed essi acclamarono il ragazzo di Bawlmoor [nome gergale di Baltimora, NdT] per il bel lavoro svolto.
Quattro anni prima, quando Michael aveva vinto sei medaglie d’oro ad Atene, la città aveva organizzato una festa chiamata “Phelpstival”. Entrambi gli eventi furono rumorose e gioiose celebrazioni. Durante le sfilate io e Michael riconoscemmo persone che, in un modo o nell’altro, ci erano state vicine nel percorso verso il grande risultato. Abbiamo centinaia di foto che ogni tanto riguardiamo: ci ricordano di come le persone, compresi noi stessi, vengono influenzate dal nostro lavoro. Per quanto memorabili ed entusiasmanti siano state queste celebrazioni, ricordo con più nitidezza i piccoli eventi come la festa che Debbie aveva organizzato per il ritorno di Michael da Sidney dopo la sua prima Olimpiade. Quel giorno c’erano poche persone e non c’erano medaglie da maneggiare e ammirare.

Eppure era necessario festeggiare il risultato di essere riusciti a partecipare ai Giochi; faceva parte della visione originaria che io e la famiglia avevamo definito durante quell’incontro di alcuni anni prima.
Seguendo il Metodo, Michael aveva completato una parte del suo viaggio, imparato molto su se stesso e meritava di celebrare tutto ciò. Negli anni sono diventato un fermo assertore dell’importanza della celebrazione come parte del Metodo che, piccola o grande che sia, segnala che qualcosa è stato completato e che siamo pronti a crescere ancora.
Quando ero un giovane allenatore non ricordo di essere stato così propenso ai festeggiamenti, ero probabilmente troppo impegnato a stabilire i prossimi traguardi di qualche nuotatore (o di me stesso). Con il passare del tempo, tuttavia, ho compreso l’importanza e il piacere di celebrare i risultati. Ad esempio, negli ultimi anni, ho iniziato a festeggiare il capodanno a casa mia con un centinaio di persone fra amici e parenti. Non lo pubblicizzo in questo modo, ma la festa è un’opportunità per me e per i partecipanti – persone che rendono la mia vita interessante e piacevole – di guardare indietro a tutto ciò che abbiamo fatto individualmente e insieme nei dodici mesi passati.

Realizzare la nostra visione richiede molto sacrificio: impegniamo del tempo che non ritornerà, dobbiamo stilare ogni giorno liste di cose da fare, dobbiamo trovare un modo per combattere l’esaurimento fisico ed emotivo. Ma una volta che arriva il momento della realizzazione, è indispensabile fermarsi, riflettere e considerare cosa è stato fatto e scoperto. Se avete trovato il successo – avete vinto un campionato, stabilito un primato personale, superato un esame importante – dovete godervi la soddisfazione.
Se il successo non vi ha trovato, celebrate ugualmente il percorso che avete affrontato e ciò che avete visto e scoperto lungo la strada. Ricordate: il mio Metodo riguarda il processo di crescita, non i risultati e attraverso quel processo si guadagna molto.

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