L’elefante nella stanza

Di quanto il nuoto faccia bene sappiamo tutto. Oggi vorrei invece parlare delle zone d’ombra, prendendo spunto dalle vicende giudiziarie che coinvolgono USA Swimming, ma in generale tutto lo sport nordamericano che negli ultimi anni è stato scosso da ripetuti scandali legati a molestie o veri e propri abusi sessuali, spesso su atlete e atleti minorenni. In Italia è di pochi giorni fa la denuncia della ex nazionale di ciclismo Maila Andreotti, ed è forse stata dimenticata troppo in fretta la vicenda che ha coinvolto una quindicenne nuotatrice veneta e il suo allenatore quarantenne.

È un fatto: i predatori sessuali sono attratti dagli ambienti che favoriscono la convivenza ravvicinata con i minori. Alcuni di questi ambienti hanno sviluppato anticorpi efficaci, altri meno. E in piscina, possiamo stare tranquilli? Dipende.

Un forte elemento di rassicurazione è dato dalla qualità della formazione dei tecnici: istruttori e allenatori di nuoto sono i meglio preparati di tutto il panorama sportivo italiano. Non lo dico io, lo riconoscono all’unanimità i referenti delle altre federazioni, Antonio La Torre (DT dell’atletica leggera) in testa. Una formazione che tra l’altro si sta sempre più orientando verso l’ambito psicopedagogico, valorizzandol’istruttore/allenatore come educatore prima che come tecnico.

Detto questo, la guardia va mantenuta alta. Viviamo pur sempre in un paese dove qualsiasi tentativo di educazione all’affettività e alla sessualità viene osteggiato istericamente, che soffre di una marcata disparità di genere, dove la cultura della prevaricazione è ancora fortemente radicata. Al punto che certamente qualcuno in calce a questo articolo commenterà che spesso “sono le ragazze/i ragazzi che provocano”. Certo, provocare è il mestiere dell’adolescente. Educare quello dell’adulto.

 

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