Andrà tutto male

È un disastro, inutile girarci intorno. Le piscine non riapriranno il 3 aprile, né tantomeno il 3 maggio o il 3 giugno. Se e quando riapriranno, sarà con vincoli e controlli severissimi che renderanno antieconomica l’apertura. Ammesso che ci sarà ancora qualcuno che vorrà entrarci in una piscina.

I dati, peraltro incompleti e totalmente indecifrabili, sembrano comunque suggerire che potremmo essere in prossimità del picco epidemico. Siamo a fine marzo. Lo stato di emergenza è stato dichiarato il 31 gennaio. Benissimo che vada, quindi, si tornerà a una parvenza di normalità a fine maggio. Via via riapriranno i servizi non essenziali a basso rischio: botteghe, piccoli negozi. Per strutture di aggregazione come le piscine i tempi saranno certamente più lunghi. Magari in qualche regione meno colpita sarà possibile mettere in funzione le strutture estive, ma certamente con limitazioni molto severe. A essere ottimisti, le piscine riapriranno a settembre. A condizione che per quella data per qualche motivo la pandemia sia cessata.

Perché diversamente l’allentamento delle restrizioni dopo qualche tempo porterà a un riacutizzarsi delle infezioni, che indurrà nuove restrizioni e così via, in un’altalena che durerà fino alla scoperta di un vaccino o alla progressiva immunizzazione della popolazione: un’altalena che, a seconda delle fonti, potrà durare anni.

E anche ammesso che i vincoli si allentino, pensate veramente che qualcuno vorrà mettere piede in una piscina fino a quando l’emergenza non sarà definitivamente e indubitabilmente conclusa? Pensate al disastro combinato dai sindaci della Lombardia con #milanononsiferma e altre campagne analoghe che sottovalutando il problema lo hanno ingigantito.

Realisticamente, le cose per noi donne e uomini di piscina non torneranno a un minimo di normalità prima di 12-18 mesi, con due grandi incognite. La prima: a quali condizioni si potrà riaprire? Non fatico a immaginare limitazioni pesanti sugli accessi (massimo x bagnanti per corsia, un bagnante ogni y metri quadri di spogliatoio, dove x e y saranno molto meno generosi delle attuali norme sull’impiantistica sportiva). La seconda: quali italiani usciranno da questa esperienza? Sui danni psichici innescati dal lockdown vi rimando all’ottimo contributo di Diego Polani; certamente bisognerà prepararsi culturalmente e tecnicamente a gestire i rapporti umani con una popolazione di reduci da un conflitto non sanguinoso ma dirompente.

Se ci saremo ancora.

Ph. ©Tobias Jelskov @Unsplash

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