Le abitudini

In una ricerca effettuata da Richard Nelson e Sidney Winter, docenti di Yale ed esperti di strategia aziendale e teoria delle strutture organizzative, si afferma che la massa dei comportamenti, almeno in azienda (ma personalmente non vedo differenza con il nostro mondo), sono la conseguenza di abitudini generali e di orientamenti strategici provenienti da ciò che abbiamo appreso nel nostro passato piuttosto che da un esame particolareggiato di ciò che stiamo affrontando.

Questo ci fa capire quanto le abitudini consolidate ci mettono in condizione di agire grazie a dei modelli che abbiamo strutturato nel tempo. Abbiamo un potenziale enorme, si dice, per migliorare la nostra vita quando possiamo cancellare cattive abitudini per crearne nuove Le nostre abitudini hanno, quindi, un effetto molto più profondo di quanto non si possa pensare creando pertanto un cortocircuito mentale che limita la capacità di cambiamenti. Queste abitudini, in ogni caso, da un lato sono importanti in quanto permettono una serie di comportamenti atti a trovare la soluzione della nostra attività agita, ma dall’altro tendono a causare molti problemi di crescita in quanto non ci fanno agire con tranquillità di fronte a nuovi modi di esprimersi preferendo non intervenire.

Secondo Charles Duhigg, l’autore che per primo ha parlato delle abitudini come elemento fondamentale per determinati comportamenti grazie al suo libro The Power of Habit, si evidenzia che le abitudini possono essere definite anche con questi comportamenti:

  • La maggior parte della nostra vita la viviamo utilizzando quello che viene chiamato Pilota Automatico;
  • Il segnale detto Trigger o Cue è quello che viene identificato come l’interruttore dell’abitudine;
  • L’azione agita è ciò che la nostra abitudine ci porta a compiere;
  • La ricompensa che noi otteniamo è tutto ciò che completa il ciclo della nostra abitudine;
  • L’abitudine è sicuramente personale, ma può anche essere un’attività sviluppata da una compagnia o da una struttura societaria;
  • Le Abitudini non si eliminano mai totalmente, ma si è visto che si possono riscrivere alcuni cambiamenti sopra di esse;
  • Risulta, quindi, più facile e proattivo trasformare un’abitudine cattiva in una buona piuttosto che eliminarla;
  • Grazie al potere delle abitudini, se agite in maniera consapevole, si può eccellere in molte attività della nostra vita;

Un’abitudine, sempre come spiega Charles Duhigg nel suo libro, è composta da tre elementi fondamentali:

  • stimolo: l’aspetto che attiva il nostro pilota automatico;
  • routine: ciò che si svolge senza creare un nostro attivo coinvolgimento;
  • ricompensa: aspetto fondamentale affinché il nostro corpo possa completare l’attività richiesta.

Lo scopo delle abitudini è, quindi, quello di evitarci la fatica e l’impegno di pensare a una soluzione per ciò che stiamo affrontando. Immaginiamoci se si dovesse valutare come sviluppare le virate ogni volta che effettuiamo una competizione! Il nostro cervello tende di fatto ad ottimizzare tempi ed energie con le nostre abitudini. Le abitudini persistono affinché ci possano aiutare a risolvere un problema velocizzando la nostra azione motoria.

Le abitudini, dal punto di vista neurofisiologico, si formano in quelle zone del cervello che conosciamo con il nome di gangli della base dove vengono programmate per non dover più prestare attenzione a queste attività. I gangli della base che evidenziamo per questo aspetto sono posizionati nella corteccia prefrontale, ovvero in quella zona del cervello che è incaricata a prendere decisioni razionali. In questo caso si elaborano le eventuali conseguenze a lungo termine dell’azione.

Non scordiamoci che spesso, per apprendimenti errati, costruiamo delle abitudini non ottimali e che ci creano continue difficoltà nella nostra performance operativa. Cancellare le cattive abitudini, anche se sembra assurdo, può alla fine risultare piuttosto semplice. Come? Basta creare una routine diversa legata allo stimolo che ci porta inconsapevolmente sulla cattiva strada e credere, con l’esercizio, nel cambiamento.

È risaputo che quando siamo stanchi il nostro cervello tende ad affidarsi alle abitudini che ci siamo creati in maniera conscia od inconscia perché ci crea meno fatica. Un modo operativo, quindi, per dimenticare una cattiva abitudine è quello di cancellarne  l’innesco, ossia quello stimolo che ne permette il processo comportamentale. Ad esempio, per semplificare, se l’innesco legato ad un comportamento non ottimale in fase di performance agonistica è: “sicuramente oggi riesco a fare bene la gara perché sono preparato” e la ricompensa inconscia è legata al riproporre un comportamento agonistico che ci mette in difficoltà con noi stessi, bisognerà cambiare l’abitudine cercando una frase interna che sia legata al reale cambiamento e quindi attivare una nuova abitudine basata su un selftalk positivo.

Non è un percorso facile, bisogna affidarsi ad un professionista che possa costruire e valutare il percorso che si sta facendo in quanto dobbiamo fortificare la nostra fiducia verso il cambiamento.

Per solidificare un’abitudine che risulti positiva e propositiva occorre fare affidamento alla nostra motivazione ed alla nostra forza di volontà, oltre ad essere persistenti. Ogni volta che conseguiamo un obiettivo, anche minimo, il nostro corpo rilascia la dopamina, un neurotrasmettitore endogeno che produce motivazione e ricompensa, di cui il nostro cervello è ghiotto. Sfruttare questa sostanza attraverso l’apprendimento di nuove abitudini può sollecitarci a raggiungere traguardi migliori e maggiori.

Sappiamo che la motivazione risulta essere necessaria per ottenere l’obiettivo che ci siamo prefissati, ma non dobbiamo scordarci la forza di volontà che è altrettanto fondamentale; senza la seconda la prima tende a calare alle prime difficoltà. In poche parole unendo questi due aspetti sappiamo che possiamo riuscire in quanto il cambiamento delle nostre abitudini parte dalla decisione di fare qualcosa perché lo abbiamo scelto e non perché ci hanno obbligato.

Iniziamo, quindi, a registrare i nostri successi al fine di radicare la nuova abitudine e di conseguenza trovarne un ritmo ottimale.

Ph. ©Deepbluemedia

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