Come tutelare i diritti delle atlete transgender senza danneggiare lo sport femminile? Negli USA si apre il dibattito

Un gruppo di atlete di alto profilo e avvocate specializzate in diritti femminili sta sollevando forti perplessità sul recente ordine esecutivo firmato dal neo presidente degli Stati Uniti Joe Biden che prevede la completa inclusione delle atlete transgender: ogni istituzione scolastica che riceve finanziamenti pubblici deve consentire a studenti biologicamente maschi che si identificano come femmine di poter entrare nei gruppi sportivi femminili.

Molte leader dello sport femminile, a cominciare dalla leggenda del tennis Martina Navratilova, per cinque mandati presidente della Women’s Sports Foundation, chiedono però a Biden di non consentire la partecipazione alla competizioni a ragazze e donne transgender che “presentino i segni parziali o completi della maturità sessuale maschile (che è la giustificazione per la separazione di genere nello sport)”, favorendo la loro pratica sportiva in modi differenti. Fra le opzioni proposte batterie separate, manifestazioni dedicate o una partecipazione ad handicap.

“Sosteniamo pienamente l’ordine esecutivo di Biden, che mette la parola fine a una serie di discriminazioni verso cittadine e cittadini LGBT” dichiara al quotidiano USA Today Nancy Hogshead-Makar, ex nuotatrice tre volte oro a Los Angeles 1984 (100 stile libero, 4×100 stile libero, 4×100 misti) un’avvocata specializzata in diritti civili e leader del Women’s Sports Policy Working Group “tuttavia gli sport agonistici, come la gravidanza e i trattamenti medici, richiedono un approccio all’inclusione delle atlete transgender basato sulle evidenze scientifiche. Il nostro obiettivo è tutelare lo sport femminile creando al contempo le condizioni per l’inclusione. In attesa che si definiscano meglio i contorni delle disposizioni presidenziali, chiedere alle donne di rinunciare ai diritti faticosamente conquistati di gareggiare nello sport d’élite con pari opportunità, borse di studio, premi in denaro, visibilità, onore e rispetto non rende un buon servizio alla causa delle atlete transgender. Si alimenterebbero rancori e risentimenti con effetti controproducenti. Noi dobbiamo invece lavorare per rendere lo sport un luogo accogliente per chiunque”.

“Ci sono differenti approcci a questo tema” commenta Navratilova “dobbiamo trovare la soluzione migliore per rendere le condizioni di partecipazione il più possibile eque. Al momento le regole per le atlete transgender non sono chiare. Abbiamo bisogno di chiarezza e unità. Vogliamo dare vita a un dibattito civile e fare dei passi avanti.

Partecipa al dibattito anche la ex nuotatrice Donna de Varona, oro nei 400 misti e 4×100 stile libero alle Olimpiadi di Tokyo 1964 e oggi avvocata anch’essa specializzata in diritti civili, prima presidente della Women’s Sports Foundation e attuale consigliera del Comitato olimpico e paralimpico USA : “Vogliamo iniziare una discussione e trovare soluzioni. Tutti discutono di principi ma nessuno si concentra sulle soluzioni. Gli estremismi non ci aiutano a trovare una soluzione equa e scientificamente corretta. Tutti devono godere dei benefici dello sport, stiamo lavorando per questo”.

“In questo momento, le associazioni che tutelano i diritti delle donne transgender e delle donne biologicamente tali non dialogano” chiosa Hogshead-Makar “Tutte sono arroccate sulle proprie posizioni. Stiamo cercando di aprire un dialogo. È necessario che le cose cambino”.

Leggi la notizia su USA Today [ENG]

Ph. ©A.Masini/Deepbluemedia

 

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