Il CEO di USADA Travis Tygart dalla parte di Shayna Jack

Il capo dell’Agenzia antidoping americana (USADA), Travis Tygart, colui che fermò il ciclista Lance Armstrong e tutto il suo entourage,  si è espresso a favore della nuotatrice australiana Shayna Jack squalificata per quattro anni nel luglio del 2019 dall’agenzia antidoping australiana (ASADA) per essere risultata positiva al Ligandrol dopo un test eseguito durante un collegiale di avvicinamento ai Campionati del Mondo di Gwangju, nel novembre 2020 la Corte di Arbitrato per lo Sport di Losanna ha ritenuto valide le motivazioni della difesa, riconoscendole la non consapevolezza nell’assunzione del farmaco proibito, dimezzandole la squalifica a due anni.

Secondo il CEO dell’USADA la nuotatrice australiana è vittima di “un sistema intrinsecamente ingiusto” che tratta tutti gli atleti come fossero truffatori intenzionali, indipendentemente dalle circostanze individuali, a suo dire la normativa antidoping non sta tenendo il passo con i progressi tecnologici fatti dalla scienza che è in grado di rilevare tracce minime di sostanze vietate, valori che non portano alcun beneficio ai fini del miglioramento prestativo degli atleti, fra i farmaci in oggetto c’è anche il Ligandrol che continua ad essere rilevato in valori molto bassi in numerosi atleti, il che suggerirebbe, secondo la sua riflessione, che ci sono molte situazioni di assunzione non consapevole.

 

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Queste alcune dichiarazioni di Travis Tygart rilasciate per lo speciale televisivo di Channel 2 (sopra il trailer) dedicato al caso di Shayna Jack

Definire questa persona imbrogliona al pari di chi ha fatto parte del sistema doping di stato in Russia è semplicemente ingiusto.

Abbiamo registrato dozzine di casi in cui gli atleti sono risultati positivi con livello molto bassi causati dalla contaminazione di carne o dall’intimità con un partner, da contaminazioni multivitaminiche, dall’assunzione di minerali e integratori .  

Le regole prevedono che un atleta che ha un riscontro di positività venga automaticamente considerato un imbroglione intenzionale che merita una sanzione di quattro anni. L’unica domanda da porsi è: quanti atleti innocenti saranno ancora condannati prima che le regole cambino?” 

 

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