Lutto in famiglia, Swimming Australia convoca Matt Wilson anche senza tempo limite. Cesare Butini: “Giusto esercizio del potere discrezionale”

Matt Wilson sta cercando di venire a patti con le modalità con le quali è stato inserito nella rappresentativa olimpica australiana.

Wilson, già primatista mondiale dei 200 rana, è una delle principali speranze olimpiche del nuoto maschile aussie per Tokyo, ma a causa di quello che ha definito “un ottovolante emotivo” è arrivato secondo nella sua gara preferita ma senza staccare il pass per le Olimpiadi (i trials australiani qualificano di diritto il vincitore di ogni gara indipendentemente dal tempo e il secondo classificato a condizione che ottenga il tempo limite), scoppiando in lacrime al termine della prova: Wilson non aveva informato nessuno, ma era sconvolto dalla recente morte della nonna.

La sua disperazione si è trasformata in incredulità quando, il giorno successivo, ha scoperto di essere comunque stato incluso nella lista dei 35 partecipanti alle Olimpiadi, dopo che Swimming Australia ha riconosciuto “circostanze eccezionali ed estenuanti” che hanno influito negativamente sulla sua prestazione.

Ho passato una notte insonne, non mi sembrava vero. Le ultime 48 ore sono state un ottovolante emotivo, dalla certezza di non partecipare alle Olimpiadi alla convocazione. Sono fuori di me.

Stavo pensando di prendermi una pausa dal nuoto, ma dopo che i dirigenti di Swimming Australia hanno saputo del mio lutto ho scoperto che esiste la possibilità per la direzione tecnica di esercitare un potere discrezionale in determinate circostanze.

La nonna è sempre stata la mia prima fan insieme ai miei genitori. È stato terribile vederla lottare contro il cancro, superare le cure e poi improvvisamente peggiorare e morire pochi giorni prima dei trials. So che sarebbe fiera di me, e farò del mio meglio per lei.

La notizia fa scalpore perché incrina un mito fondativo del nuoto australiano, i trials come prova senza appello. Evidentemente anche agli antipodi hanno ritenuto che nella costruzione della nazionale sia più proficuo l’esercizio di un margine di discrezionalità.

Sul tema, molto sentito alle nostre latitudini, abbiamo chiesto un parere al Direttore tecnico delle Squadre nazionali azzurre Cesare Butini, da sempre fautore di una ragionevole integrazione fra cronometro e buon senso:

Pur non conoscendo le motivazioni che hanno indotto i responsabili australiani a prendere questa decisione, la ritengo un giusto esercizio del potere discrezionale della direzione tecnica che si affianca e si integra al criterio di selezione.

L’Australia comunque non è la prima volta che indirizza le sue selezioni con interventi tecnici, penso al recupero di Ian Thorpe nei 400 metri stile libero in occasione dei trials 2004.

Per ultimo mi fa piacere evidenziare che anche un paese come l’Australia che ha una tradizione nel nuoto molto forte ed è storicamente ancorata al sistema trials, adotti un intervento discrezionale come facciano noi da tempo.

 

Per i lettori più giovani ricordiamo che la vicenda Thorpe rappresentò un autentico psicodramma collettivo per l’intera Australia. L’asso di Sidney  in occasione della finale dei 400 stile libero perse l’equilibrio sul blocchetto rovinando in acqua e subendo l’inevitabile squalifica.


Ph. ©Wikipedia

Il nuoto australiano si spaccò a meta, con Shane Gould a capo di chi affermava che Swimming Australia avrebbe dovuto rivedere i propri criteri di selezione mentre il Direttore tecnico Leigh Nugent insieme a Don Talbot Kieren Perkins (quest’ultimo oggi presidente della stessa Swimming Australia) difendeva un approccio intransigente.

Nonostante la delusione, nei giorni seguenti Thorpe vinse in maniera netta i 100 e 200 stile libero, facendo montare l’onda dell’opinione publica che ne chiedeva il reintegro nella gara più lunga, con il primo ministro che arrivò a parlare di “tragedia nazionale”.

La vicenda si sbloccò infine con la rinuncia di Craig Stevens, secondo classificato nella gara incriminata, che dichiarò di avere agito nell’interesse nazionale ma non rifiutò i 130mila dollari australiani della rete televisiva Seven Network che si aggiudicò l’annuncio in esclusiva, tanto che il Sydney Morning Herald titolò “325 dollari a metro” e Perkins si dichiarò “disgustato” dalla vicenda.

Il resto, come si dice, è storia: Thorpe gareggiò e vinse i 400 olimpici davanti a Grant Hackett Klete Keller, quest’ultimo recentemente tornato alla ribalta delle cronache per aver preso parte ai disordini del campidoglio dello scorso 6 gennaio, in una finale nella quale il nostro Massimiliano Rosolino si classificò in quinta posizione.

Leggi la notizia sul Guardian [ENG]

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