Il meeting da casa: un contributo di Amelia Mascioli

Riceviamo e pubblichiamo con molto piacere questa riflessione di Amelia Mascioli, consigliera nazionale di Federnuoto e organizzatrice del Meeting Emmedue in qualità di presidente della società ospitante.

 

IL MEETING DA CASA

Succede il Covid.

Succede la catastrofe per tutti i settori, in particolare per il nostro, però.

Succede che a stento e a fatica, quella macchina del mondo del nuoto riesce a ripartire, ma con moderazione, senza accelerazioni.

Poi succede che il Covid va un po’ meglio, ma i costi schizzano alle stelle e fai veramente fatica a pagare le bollette, se riesci. Comunicazioni sempre più diffuse di impianti che chiudono in tutta Italia ed il movimento dei gestori che inizia a farsi sentire, per rivendicare il dramma in cui siamo caduti, peggio di quello causato dalla pandemia.

Pochi, coraggiosi o forse folli, continuano ad andare avanti, mettendo insieme le forze (depotenziate) e le risorse (poche) rimaste, per consentire agli atleti continuità, ai bambini continuità, agli alunni continuità, ai disabili continuità… Della loro prospettiva di vita, ciascuno per il proprio bisogno o necessità, da soddisfare attraverso la nostra acqua.

Ed è proprio in ragione di quel credo che ho deciso, a novembre, di riprendere a dare vita agli eventi natatori che da dodici anni a questa parte abbiamo realizzato in M2, in quel del Molise, da due anni in totale stand by. A qualunque costo, consapevole di mettere in piedi una macchina che non solo doveva tenere botta all’evento, ma soprattutto a tutti gli standard di sicurezza imposti in ragione del pericolo contagio, ho deciso di riprendere da dove avevamo lasciato, per dare vita alla edizione numero 11 del Meeting M2.

Con il mio staff, abbiamo lavorato mesi interi: progettazione, logistica, manutenzioni straordinarie, marketing, forniture, sponsor, celebrità del mondo sportivo, autorità, timing, sicurezza. Il nostro è un meeting giovanile di alto livello, pensato per i giovani talentuosi a poche bracciate dal divenire dei big! Negli anni si sono avvicendati talenti poi confermati in nazionale, una fra tutte Benedetta Pilato, tutt’oggi detentrice di tre prestigiosi record della manifestazione, siglati ai tempi in cui era un’esordiente A.

Poi succede che quattro giorni prima dell’inizio della manifestazione, c’è il primo briefing con lo staff, per condividere ogni dettaglio della fase operativa: accoglienza, controllo green pass, percorsi, postazioni squadre, postazioni crono, postazioni giuria, postazioni squadre in zona relax, camera di chiamata, addetto ai concorrenti, consegna kit staff, vigilanza, area social, area stampa, speaker, playlist, medaglie, zona podio, allestimento campo gara, accoglienza autorità hostess, premiazioni, zona social, contest dell’evento, audio, uno due tre prova! Credo di avervi buttato giù tutto ed ho concluso il mio primo briefing dicendo: “Mi raccomando ragazzi, ora dobbiamo stare attenti ad ogni minimo dettaglio, soprattutto cerchiamo di evitare di ammalarci, non uscite, non fate serate, sempre mascherine in viso e diretti verso venerdì”.

Le ultime parole famose.

Morale: avevo un leggero mal di gola, ma un forte dolore alla schiena (cosa che mi ha fatto insospettire).

Torno a casa, faccio tampone, giusto così per scongiurare: positivo.

Ed erano talmente nette quelle due lineette sul tubicino bianco che non lasciavano scampo ad interpretazione alcuna.

Ho il Covid a quattro giorni dall’evento.

Ho il Covid.

Io, la presidente della società organizzatrice.

Io che dovevo fare da speaker della manifestazione e tenere il tempo dell’evento. Io che (nella mia testa)… Come si fa senza di me?

A caldo ne ho pensate di ogni: “Non lo dico, tanto sto bene”; “Ma come non lo dico che sto tritata”; “Non lo dico, vado e mi chiudo in segreteria con mascherina”; “Come faccio? Ottocento atleti in arrivo da ogni dove, le squadre, gli ospiti: ed io? A casa?”

Morale, dopo la prima oretta di disperazione, tra pianti e crisi isteriche scrivo sul nostro gruppo aziendale: “Ho il covid. Merda”

Tempo due secondi e si attiva un meccanismo meraviglioso di solidarietà e compattezza.

Fuori dal palcoscenico ero comunque in cabina regia, ma da un’altra prospettiva rispetto a quella che quotidianamente vivo. Da questa nuova prospettiva ho avuto modo di pesare ancora di più la competenza, il valore e la dedizione di un team, che non fa le cose perché “le deve fare”, ma perché sente di farle, perché le sente sue e sposa la causa a prescindere dal mio input.

E così, da remoto tramite video call, abbiamo dato vita a briefing, eseguito e svolto appuntamenti, controllato i vari allestimenti, la logistica: ho ripercorso mentalmente tutti i passaggi che erano ancora da finalizzare dando un compito specifico a ciascun operatore, ed ogni sera c’era il report su quanto fatto e quanto ancora da fare.

Erano talmente tanti e tanto motivati a voler fare che ho addirittura dovuto declinare alcune disponibilità che da amici, dai genitori della mia squadra, da chi conosce il cuore e la dedizione necessari per realizzare tali eventi, mi sono arrivate in maniera corale.

Ognuno dei miei ragazzi, dello staff M2, si è reso protagonista, consapevole di fare il meglio soprattutto dandosi una mano l’un l’altro. Ed io, da casa, perennemente a telefono o in videocall, ho misurato, da una prospettiva diversa da quella del quotidiano, di cosa fossero davvero capaci i miei ragazzi.

Il meeting è stato un successone.

Walter Bolognani, selezionatore delle squadre giovanili nazionali, ospite nella nostra manifestazione, e presente dunque all’evento, al termine della prima giornata di gare mi ha scritto: “M2 sembra un’enclave Svizzera. Tutto in ordine, tutto pulito, tutti bravi”!

Certo, risultare positiva a quattro giorni dall’evento è stata una grandissima sfiga.

Dopo due anni di silenzio, volevo esserci, per stare con il mio staff, con i miei atleti, per vivere l’esperienza, le emozioni, perché tanto sono mancate quelle emozioni.

Ma… Grazie al Covid, mi sono realmente resa conto che il lavoro impostato bene alla base, produce sempre buoni frutti, ne avevo consapevolezza, ma forse non così pienamente. Mi ha stupito il livello di professionalità con il quale, da remoto, in mia assenza, la macchina si è mossa, con una maestria che mai, dal vivo, presente con loro, avrei percepito così come invece, ho potuto testare stando lontana.

Per cui, il lavoro costruito bene a monte, paga sempre. La passione e dedizione che hai per ciò che fai, se trasmessa ed accolta senza riserve fa sì che accada ciò che è accaduto a me: riuscire a realizzare un evento di successo senza essere sul campo, in prima linea.

L’evento si è chiuso con l’assegnazione del trofeo alla società vincitrice… Ma il mio trofeo personale lo ha vinto il mio team, che ha portato a compimento un’opera, in assenza della direttrice di orchestra, realizzando comunque una meravigliosa sinfonia.

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