La pratica variabile nei giovani sportivi

Di Aurelio Messina

Laureato in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate
Allenatore capo di nuoto e Docente regionale SNAQ FIN Lazio.


Il raggiungimento di un elevato livello di abilità tecniche specifiche (status di expertise) necessita di un importante quantità di lavoro. È stato documentato attraverso numerosi studi svolti a partire dagli anni ‘90 che hanno evidenziato come nei giovani, in diversi ambiti (musica, danza, sport, matematica) il raggiungimento di una prestazione di alto livello sia frutto di almeno 10 anni o 10.000 ore di pratica deliberata.

L’apprendimento, lo sviluppo ed il consolidamento di un gesto, può essere legato a due diverse modalità didattiche: l’utilizzo della pratica costante, dove l’azione è eseguita sempre nello stesso modo e nelle medesime condizioni esterne e della pratica variabile, dove vengono prodotte delle variazioni sia delle azioni che delle condizioni in cui avviene l’esecuzione. In passato, la costruzione ed il miglioramento di una abilità è stata identificata attraverso la ripetizione automatica dei gesti tecnici che caratterizzano la disciplina di riferimento. Ciò che si è modificato nel tempo, grazie alle ricerche nell’ambito dell’apprendimento motorio ed alle esperienze dei tecnici sul campo, è il concetto di ripetizione. Non è più importante, come una volta, il numero assoluto delle ripetizioni ma il modo in cui si svolge ogni ripetizione. La pratica deliberata attualmente viene vista, non più come acquisizione ed automatizzazione di gesti, ma come lo sviluppo di conoscenze, capacità ed abilità attraverso la variazione costante delle attività svolte. Questo approccio esalta l’importanza dei processi cognitivi all’interno di esercitazioni che richiedono riflessione ed autovalutazione.

Se il concetto di variazione è ormai ampiamente riconosciuto nell’ambito degli sport non stereotipati (sport di squadra – sport di combattimento), esso non trova ancora condivisione assoluta all’interno delle abilità chiuse, cioè caratterizzate da un ambiente pressoché stabile come nel nuoto, nell’atletica leggera, nel tiro con l’arco ecc. Tuttavia, la modificazione dei parametri esecutivi dei gesti e la modificazione dei programmi di movimento attraverso esercizi coordinativi, sviluppano delle mappe motorie più flessibili e modificabili in relazione al contesto e grazie alla variabilità i programmi di movimenti possono essere modulati in situazioni che pur essendo simili non sono mai sperimentate in precedenza allo stesso modo.

Nel corso del tempo la pratica deliberata variabile ha preso il nome di multilateralità come metodo didattico finalizzato all’acquisizione di più esperienze motorie possibili che hanno come obiettivo l’ampliamento dell’arsenale motorio a disposizione dell’allievo e che si basa sulla pluralità di proposte (mezzi educativi) motorie. La multilateralità può essere generale – estensiva dove l’obiettivo è l’organizzazione di schemi motori e abilità legate a tutte le discipline sportive, speciale – orientata quando è indirizzata all’apprendimento di schemi motori e di abilità legate in modo significativo alla disciplina di riferimento e specifica – mirata quando è orientata verso l’acquisizione e l’utilizzo delle abilità specifiche della disciplina praticata.

Quali sono i vantaggi di questo approccio?

  • I programmi di movimento si sviluppano in maniera direttamente proporzionale al numero di variazioni sostenute
  • Nell’interazione organismo ambiente le situazioni possono essere simili ma mai identiche: la capacità di adattamento attraverso variazioni diventa indispensabile per arrivare ad una conoscenza più profonda delle abilità
  • Le variazioni del gesto stimolano a ricostruire di frequente un piano d’azione nuovo attivando frequentemente i processi di raccolta, sintesi ed analisi delle informazioni a disposizione
  • Un elevato numero di feedback percettivi determinano mappe più flessibili

Sintetizzando: lo sviluppo di soluzioni motorie ed il loro costante richiamo, pur essendo attività cognitive dispendiose, tendono a determinare nel tempo la conoscenza del problema, migliorando la capacità di recupero del gesto adeguato ed il transfert in situazioni simili.

A questo punto è di fondamentale importanza per l’istruttore, la richiesta coerente di compiti motori ai suoi allievi: non è determinante l’esercizio coordinativo in sé, ma il problema motorio che l’esercizio pone. È necessario quindi che l’esercizio ponga un problema motorio, che venga stimolata cioè un’attività cognitiva orientata alla risoluzione del problema stesso. Lo stimolo dovrebbe essere comunque orientato affinché il problema possa essere risolto, non dovrebbe essere quindi né troppo semplice né troppo complesso, ma calibrato sulle possibilità motorie attuali. Risolvendo il problema coordinativo l’allievo acquisisce autostima che si traduce in autonomia e disponibilità al fare sempre di più, innescando un circolo virtuoso che alimenta la curiosità e la motivazione. Inoltre, per una maggiore interiorizzazione dell’apprendimento di abilità diverse è sempre utile far concentrare l’allievo verso il compito da svolgere e non verso il risultato da ottenere, è necessario cioè comprendere lo scopo del movimento più che la sua organizzazione spaziale: innescare questo processo determina una conoscenza più profonda dei gesti e maggiori possibilità di renderli trasferibili.

Metodi più utilizzati per lo sviluppo della multilateralità:

  1. Variazione sistematica della pratica (Hitz 1985)
  2. Domanda coordinativa del compito (Neumeier e Meichling 1995)
  3. Variazione delle condizioni ambientali (Petterson 2008)

Nei metodi basati sulla variazione sistematica della pratica lo sviluppo delle abilità motorie avviene attraverso l’aumento delle difficoltà esecutive e la diminuzione o l’aumento delle informazioni provenienti dagli analizzatori. Sono questi tutti gli esercizi coordinativi che non entrano direttamente all’interno dello schema motorio di riferimento. Nella pratica del nuoto si possono utilizzare alcune di queste situazioni metodologiche:

  • Esecuzione di esercizi di sole gambe o sole braccia
  • Esercizi mono laterali
  • Esercizi di accoppiamento o di combinazione di abilità parziali già automatizzate
  • Esercizi che ripercorrono sequenze di movimento della abilità di riferimento

Nei metodi basati sulla domanda coordinativa del compito l’attenzione è posta sulla variazione dell’esecuzione globale ponendo l’accento sul controllo della tecnica del movimento in relazione alla sua forza, al tempo ed alla precisione. Nella pratica del nuoto si possono utilizzare alcune di queste situazioni metodologiche:

  • Esercizi di ritmo
  • Esercizi con variazione di ampiezza e frequenza
  • Esercizi di variazione delle traiettorie
  • Esercizi di variazione della forza applicata (progressione/regressione)

Nei metodi basati sulla variazione delle condizioni esterne l’attenzione è posta sulla ricerca di fornire all’allievo delle situazioni esterne meno prevedibili possibile in maniera tale che la variabilità sperimentata possa favorire l’identificazione di molteplici relazioni tra le risposte motorie simili, incentivando la possibilità di scegliere, in una determinata situazione, la risposta più appropriata alla necessità del momento. Nella pratica del nuoto si possono utilizzare alcune di queste situazioni metodologiche:

  • Variazione della temperatura esterna o dell’acqua
  • Variazione dell’illuminazione
  • Variazione spaziale dell’ambiente (corsia più stretta)
  • Variazione del campo dell’attività (piscina o acque libere)

L’obiettivo finale dei percorsi educativi multilaterali è il raggiungimento di competenze motorie, cioè la capacità di far ricorso, di mobilitare, di reclutare tutte le proprie conoscenze, capacità, abilità, attitudini ed esperienze maturate fino a quel momento, condensarle in maniera funzionale e creativa al fine di padroneggiare al meglio la realtà circostante, gestire criticità e sapere autovalutarsi. Il miglioramento passa attraverso situazioni didattiche variate che intervengono sulla maturazione cerebrale degli allievi che si possono riassumere in quattro processi che interagiscono reciprocamente:

  1. Sinaptogenesi: processo in cui avviene la formazione di nuove connessioni (sinapsi) tra neuroni
  2. Pruning: Sviluppo delle connessioni nervose che implicano un potenziamento dei circuiti più utilizzati e una potatura (pruning) dei percorsi nervosi meno utilizzati. Quando le sinapsi inutilizzate scompaiono, il SNC può concentrare le sue risorse sulla creazione di sinapsi per movimenti che vengono utilizzati più frequentemente. La potatura sinaptica aiuta a spiegare perché è più facile apprendere abilità diverse in età più giovane età e perché i percorsi neurali sono più facili da stabilire
  3. Mielinizzazione degli assoni: processo con cui gli assoni delle vie neurali importanti vengono ricoperti da una guaina isolante, la mielina, che li rende più veloci e stabili
  4. Capacità di elaborazione: il continuo contrasto/confronto di esperienze motorie da parte del sistema nervoso arricchiscono in maniera esponenziale la capacità di elaborare nuove possibilità di movimento

Gli esseri umani raggiungono la massima densità cerebrale fra il terzo e il sesto mese di vita fetale, ed a partire dagli ultimi mesi di gestazione fino a circa due anni il cervello subisce una significativa riduzione dei neuroni con la potatura ed eliminazione di quelli non più necessari. Tra i 5 e i 13 anni si infittiscono nuovamente i collegamenti tra i neuroni con una seconda fase di sinaptogenesi, formando centinaia di sinapsi con altri neuroni e creando nuove vie per gli impulsi nervosi. Lo spessore della materia grigia è massimo quando le ragazze hanno circa 12 anni e i ragazzi 13. Successivamente avviene un secondo importante potatura delle relazioni neurali che si innesca nella preadolescenza e si protrae fino alla maturazione completa dell’individuo. In questa fase non cresce più il numero dei neuroni, ma, attraverso stimoli corretti ed orientati, può crescere il numero di connessioni nervose (sinapsi). Come abbiamo visto, inoltre, il SNC dei soggetti in età evolutiva va incontro ad un aumento della mielinizzazione degli assoni che determina una maggiore efficienza nella velocità di conduzione degli impulsi. Programmare attività con finalità multilaterali punta a sviluppare al massimo le potenzialità motorie dei giovani attraverso una proposta motoria diversificata e variata. Questa ricchezza è data dalle esperienze da fare, dalle abilità da arricchire, dalle capacità da sviluppare, dalle varianti da provare. Una specializzazione troppo anticipata ed una attività poco variata possono comportare problematiche legate alla stagnazione delle prestazioni legate ad un bagaglio di schemi motori impoverito da proposte unilaterali, la perdita di interesse a causa della ripetitività delle esercitazioni proposte ed una maggiore facilità di traumi del sistema muscolo- scheletrico.

Bibliografia:

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  • Craighero L. Vedere è fare, Il Mulino, 2010
  • Hotz A. L’apprendimento qualitativo dei movimenti, S.S.S Roma, 2005
  • La Torre A. Allenare per vincere, Edizioni SDS, 2018
  • Mandolesi L. Neuroscienze dell’attività motoria, Springer, 2016
  • Meraviglia V. Sistemi motori. Nuovi paradigmi di apprendimento e comunicazione, Springer, 2012
  • Mantovani C. Insegnare per allenare, Edizioni SDS, 2018
  • Schmidt R.A. Wrisberg R. Apprendimento motorio e prestazione. Società Stampa Sportiva, 2000
  • Bartoli L. Robazza C. L’apprendimento delle abilità motorie, Sds-Scuola dello sport, 109 Aprile-Giugno 2017, 23-34
  • Danese P. Attività natatorie, funzioni esecutive e competenze esecutive: aspetti teorici, AQA- numero 7, Gennaio-Giugno 2019, 50-53
  • Gross F. Figura e ruolo dell’istruttore, AQA- numero 3, Gennaio-Giugno 2017, 56-61
  • Invernizzi P.L. Del Bianco R., Scurati R., Caporaso G., La Torre A. Analisi delle capacità tecnico-coordinative e senso-percettive nel nuoto, Sds- Scuola dello sport, 73, 1997, 45-52
  • Pesce C. Insegnamento prescrittivo o insegnamento euristico? Sds-Scuola dello sport, 55 2002, 10-18.

Ph. ©Deepbluemedia

 

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