Benessere e crescita positiva

L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che il benessere psicologico è quella condizione nella quale si è in grado di sfruttare le proprie capacità cognitive o emozionali, esercitando la propria attività all’interno della società, rispondendo alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, stabilendo relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, partecipando costruttivamente ai mutamenti dell’ambiente, adattandosi alle condizioni esterne e ai conflitti interni.

Tutto questo sviluppa l’idea di un equilibrio tra la persona, i suoi bisogni e le risorse che può mettere in campo per raggiungere i suoi obiettivi anche facendo fronte alle difficoltà.

Secondo la psicologa Carol Ryff, docente presso la University of Wisconsin-Madison, si denotano alcuni elementi fondamentali che possono permettere nel loro insieme di raggiungere un livello di benessere psicologico. Analizziamoli velocemente:

  • Autonomia: la capacità di auto-determinarsi e di sviluppare un pensiero autonomo. In caso contrario senza una reale autonomia ci si potrebbe preoccupare del giudizio e delle aspettative che gli altri potrebbero avere su di noi facendoci cadere alle pressioni sociali che influenzerebbero in maniera negativa il nostro comportamento.
  • Padronanza del contesto: agire per padroneggiare l’ambiente in cui ci si sta muovendo con la capacità di cogliere le opportunità sapendo anche fronteggiare le avversità senza cercare scorciatoie.
  • Crescita personale: sentirsi in costante sviluppo facendo sì che si possa esprimere il proprio potenziale senza per questo rinunciare ad esplorare nuove esperienze.
  • Relazioni positive con gli altri: costruire delle relazioni basate sulla fiducia, sull’empatia e sulla reciprocità invece di isolarsi sentendosi sfiduciati e poco aperti nei confronti degli altri.
  • Scopi della vita: utilizzare le proprie energie in funzione di obiettivi definiti per dare un senso alla propria vita.
  • Accettazione di sé: l’importanza di avere un atteggiamento positivo verso se stessi imparando a riconoscere ed accettare i nostri punti di forza e quelli da migliorare. Tutto ciò per evitare di costruire una falsa realtà di se stessi per desiderare di essere diversi da come si è al fine di non sentirsi “giudicati”.

Lo psicologo, lavorando sul benessere, può aiutare a migliorare la condizione soggettiva di benessere. Come? Attraverso il potenziamento di quelle risorse già presenti in ognuno di noi specialmente in una condizione di difficoltà non patologica per evitare che diventi tale. Il tutto attraverso la psicologia positiva.

Secondo gli autori Seligman e Csikszentmihalyi, grazie alla psicologia ed in particolare alla psicologia positiva, l’attività dello psicologo, nel nostro caso di colui che lavora nello sport, guarda all’individuo non per le carenze, i deficit e le patologie ma come un soggetto che ha risorse e potenzialità. In poche parole lo psicologo non è solo un terapeuta clinico ma attua in particolare attività di consulenza e coaching per il benessere soggettivo focalizzando, grazie alla sua preparazione scientifica, l’attenzione per individuare comportamenti che migliorano la qualità della vita, potenziando quelle soft skills già presenti ed utili per fronteggiare al meglio situazioni stressanti.

Il ruolo del tecnico sportivo, eventualmente coadiuvato da uno psicologo dello sport  formato in tale ambito, è utile per supportare atlete ed atleti a far sì che migliori la qualità della loro vita in ambito sportivo proprio per favorire il potenziamento positivo delle caratteristiche di ognuno per attuare quelle strategie comportamentali che sostentano il benessere. Conoscere questi aspetti in ambito sportivo può aiutare ad evitare di avere atteggiamenti che potrebbero interferire con il nostro “sentirci bene” costruendo una falsa identità di benessere.

Per quale motivo oggi è importante pensare al benessere? In questi ultimi mesi abbiamo sentito storie di “malessere passato per benessere” nel mondo sportivo a partire dalle ragazze della ginnastica artistica, e credo che purtroppo non siano le uniche ad avere subito tali vessazioni per ottenere uno pseudo corpo perfetto. Da tempo problema anche discusso e fonte di cambiamento nel mondo della moda.

Ultimamente molti studi hanno evidenziato il rischio di comportamenti alimentari inadeguati tra gli atleti se confrontati con una media della popolazione generale (Hausenblas, H. A., e Carron, 1999).

Molti sono gli sport, specialmente quelli dove si crede che l’estetica e l’apparenza siano più importanti di una preparazione tecnica sportiva adeguata, nell’abito dei quali si nota che molti tecnici spostano la loro attenzione esclusivamente su un corpo che deve per forza essere eccessivamente magro e quindi seguire diete non equilibrate ed utilizzare quell’odioso rito del salier anche più volte al giorno sulla bilancia. Tutto ciò per sentirsi accettati dal proprio allenatore, valutate dai giudici più sull’immagine che sulla prestazione, e così via.

Un altro gravissimo problema venuto alla luce negli ultimi giorni è quello che alcuni giocatori di calcio hanno esposto dicendo che per anni hanno assunto integratori senza sapere cosa contenevano con la paura di scoprire un domani gravi malattie.

Insomma questa mania costruita sull’immagine e sullo sviluppo economico degli atleti (per fortuna non diffusa da tantissimi tecnici) espone gli atleti a una serie di pressioni che enfatizzano aspetti non basati sul benessere ma solo sul risultato.

I tecnici sportivi sono educatori, innanzi tutto, e non dovrebbero cadere in situazioni che vanno a ledere la personalità ed il benessere degli atleti per una ricerca personale e narcisistica di apparire agli altri come i migliori costruttori di medaglie mondiali ed olimpiche, se ci arrivano.

Ricordiamoci che siamo in generale tutti “programmati” per sfruttare al massimo il nostro benessere, dobbiamo solo prendercene cura.

Ph. ©A.Masini/Deepbluemedia

Bibliografia

  • Hausenblas, H. A., & Carron, A. V. (1999). Eating disorder indices and athletes: An integration. Journal of Sport and Exercise Psychology, 21(3), 230-258
  • Ryff, C. D., & Singer, B. (1998). Human health: New directions for the next millennium. Psychological Inquiry, 9(1), 69-85.
  • Seligman, M. E. P., & Csikszentmihalyi, M. (2000). Positive psychology: An introduction. American Psychologist, 55(1), 5–14
  • Stecchi F., (2022) Inseguendo il-mito della perfezione ma a quale prezzo, Ordine Psicologi del Veneto

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