Australia second/6

Naturalmente Freddie Lane andò a Parigi, le Olimpiadi del pasticciaccio. In quel 1900, infatti, la confusione tra gare sportive ed Esposizione Universale, aveva fatto dell’appuntamento olimpico un guazzabuglio senza senso. Indigeribile per il povero stomaco idealista di De Coubertin. Anche il nuoto fu una mezza farsa, con invenzioni bizzarre: una gara a squadre con punteggio astruso, il nuoto subacqueo, in cui non si capiva chi vinceva e una prova a ostacoli, alquanto discutibile. Roba mai più ripetuta. Solo 200, 1000 e 4000 erano gare normali. Lane partecipò ai 200 stile, il classico (c’erano anche i 200 dorso) e alla gara a ostacoli, l’assurdo. Entrambe si svolgevano l’undici di agosto. La prova dei 200 consisteva in cinque eliminatorie e una finale. Freddie, in quarta serie, vinse la prima  sfida  prendendola assai comoda. Per completarla impiegò 2’59,0, quando Otto Whale che aveva vinto la prima batteria aveva  nuotato 2’35, Zoltan Halmay 2’38, e Karl Rupert addirittura 2’22. Ma chi vinceva  si qualificava, per cui Lane non aveva poi rischiato molto. Quello dietro di lui, infatti, che era un francese, aveva fatto molto più di tre minuti ed era lontanissimo. Anche il vincitore della quarta serie, il francese Clevenot, aveva fatto sopra ai tre minuti (3’05), ma avendo vinto si era qualificato lo stesso. La finale si svolgeva il giorno dopo. Dieci ammessi. I vincitori e i migliori tempi tra gli esclusi. In finale Lane non fece sconti. Sfruttò ogni possibilità del suo double over arm sidestroke e batté tutti: 2’25.2. Dietro si piazzò l’ungherese Zoltan Halmay in 2’31.4 e dietro ancora l’austriaco Rupert in 2’32, che non si capisce dove avesse buttato l’enorme vantaggio che aveva in batteria. A guardare i tempi, comunque, si rimane decisamente allibiti. Per l’epoca quei numeri erano stupefacenti. Derbyshire, il grande velocista inglese, lo stesso anno avrebbe vinto il ben più prestigioso campionato ASA in 2’34,5. Tutto si spiega col fatto che a Parigi si gareggiava nella Senna e si nuotava in favore di corrente. Quindi, condizioni variabili e responsi sfalsati. Sta di fatto che nel 1900 i tempi contavano poco. Anche perché non c’erano cronometri attendibili, né corsie, né linee, per cui le traiettorie erano quello che erano. Valeva il piazzamento. Ci voleva ancora molto tempo per arrivare alla logica dei tempi e delle misure del “nuoto geometrico”, sancito con le Olimpiadi di Parigi 24 anni dopo.

Whale, l’austriaco che si sarebbe trasferito a New York diventando un protagonista della storia del crawl, non era alla partenza. Probabilmente voleva giocarsi bene le carte nelle altre finali di quel giorno. Nei 1000  aveva il secondo tempo e nei 200 ostacoli era il primo. Nella finale dei 1000 arrivò appunto secondo, dietro al leggendario John Jarvis. Il maestro dell’Over Arm Side Stroke lo staccò di oltre un minuto. Anche tre giorni dopo, nei 4000 metri vinse l’inglese. Lo fece in maniera ancora più schiacciante: 10 minuti di vantaggio su Halmay e 15 sul francese Martin.

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