Allenatori: tra passione e precarietà. Uno studio australiano.
Il presente e il futuro di una professione in crescita ma a rischio.
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Una recente ricerca australiana del 2025, focalizzata sul profilo, le aspirazioni e le difficoltà professionali degli allenatori di strength & conditioning australiani (preparatori atletici), mette in luce criticità che ricordano molto da vicino la situazione italiana della maggioranza degli allenatori di nuoto che devono affrontare condizioni lavorative complesse con scarse prospettive di crescita professionale. Segue una sintesi.
Un mestiere fondamentale nello sport moderno, ma ancora poco valorizzato. È questo il quadro che emerge da “Exploring the Current Landscape and Aspirations of Australian Strength and Conditioning Coaches”, studio pubblicato sull’International Journal of Sports Science & Coaching e firmato da Courtney McGowan, Nat Benjanuvatra, Jan Legg, Kristie Sheridan e Jena Buchan.
Un campione giovane, tante donne in più
Lo studio ha analizzato le risposte di 98 allenatori australiani di strength & conditioning (S&C), una figura centrale nello sviluppo degli atleti a ogni livello. Il profilo medio è giovane (25-34 anni) e in crescita la presenza femminile (42,4%), superiore rispetto ad altri contesti internazionali. Ma il dato anagrafico evidenzia anche un settore fragile, con alto turnover e carriere spesso brevi.
Contratti instabili e più lavori per sopravvivere
I numeri parlano chiaro: solo il 9,9% degli intervistati ha un contratto pari o superiore alle 40 ore settimanali, mentre oltre il 40% lavora in realtà più di 40 ore effettive. Nonostante ciò, il 71,8% è costretto a svolgere più di un lavoro per reggere economicamente. Una precarietà che frena la crescita e spinge molti a valutare un cambio di professione.
Le barriere: stipendi bassi e poche opportunità
Gli autori hanno individuato tre ordini di ostacoli che limitano la carriera dei coach:
- Personali, come stereotipi di genere e difficoltà di conciliazione vita-lavoro.
- Legati al ruolo, con stipendi insufficienti e contratti instabili.
- Settoriali, come la dipendenza dalle “conoscenze giuste” per trovare lavoro e i costi elevati delle certificazioni.
Una professione in crescita, ma a rischio
Nonostante le criticità, il fascino del mestiere rimane alto: in Australia ci sono oltre 6.000 coach accreditati ASCA, mentre la NSCA americana ne conta più di 60.000 a livello globale, in forte crescita rispetto al 2020. Ma senza interventi strutturali – contratti stabili, stipendi adeguati, percorsi di mentoring – la passione rischia di trasformarsi in disillusione.
L’appello degli autori
Secondo McGowan e colleghi, per garantire un futuro sostenibile occorre “ripensare le condizioni di lavoro e valorizzare le competenze relazionali dei coach, tanto quanto quelle tecniche”.
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