I limiti sono solo nella mente

Ci sono cose che non si possono spiegare, si fanno e basta. Ci sono passioni che fanno ardere l’anima, che sono così forti da non conoscere limiti e ci sono sogni, che con il lavoro duro diventano realtà. Impegno, costanza, determinazione e sacrificio. Quattro parole, quattro aggettivi che descrivono alla perfezione Natalie du Toit, ex nuotatrice sudafricana. Lei, che l’acqua ce l’aveva nel DNA dalla nascita, lei che proprio quando stava per realizzarsi ha dovuto fare i conti con la realtà, con un incidente in motorino che ha distrutto le sue speranze. Natalie ha subito un’amputazione della gamba sinistra a soli diciassette anni, ma non ha voluto rinunciare al suo sogno. Si, perchè lo sport può dare tanto, ma allo stesso tempo può mettere fuori dai giochi all’improvviso. Chi meglio di Natalie potrebbe spiegarlo? Dopo tre mesi dal quel giorno fatale è tornata a bordo vasca, a fare quello che aveva sempre voluto, contando solo su sè stessa e sulla sua forza mentale.

Allenarsi senza una gamba significa sopportare crampi, sedute estenuanti, ma non c’è dolore e stanchezza che tenga per un cuore che batte per nuotare. Bracciata dopo bracciata, Natalie è arrivata ai Giochi del Commonwealth del 2002 a Manchester, qualificandosi per la finale degli 800 metri: la prima atleta disabile a riuscirci. Ma non è tutto: avendo stabilito i record del mondo  dei 50 e 100 metri stile libero, si è aggiudicata il premio “Atleta eccezionale- David Nixon”. Un esempio per tutti, un modello da imitare e una fonte di ispirazione per qualsiasi sportivo. I limiti non esistono, sono solo delle sovrastrutture che l’uomo tende a creare attraverso l’immaginazione, quando è dominato dalla paura. Altrimenti Natalie come avrebbe fatto a qualificarsi per le Olimpiadi di Pechino 2008, accanto ad atleti normodotati? L’unica amputata a riuscirsi, dopo George Eyser. Nelle acque del Shunyi Olympic Rowing-Canoeing Park disputò la 10 km, giungendo sedicesima al traguardo, davanti ad atlete che poi avrebbero raggiunto i vertici del mondo, come una certa Aurelie Muller. Solo un piccolo tassello, che va ad aggiungersi ad un palmares che brilla del metallo più prezioso: oltre alle eccezionali prestazioni ai Giochi del Commonwealth, ha dominato a quelli Paralimpici, conquistando undici medaglie tra Atene 2004 e Pechino 2008.

Ci sono stati momenti di sconforto, Natalie non lo nega. L’incidente le ha cambiato la vita da un momento all’altro, ma non poteva fare altro che accettarlo. Grazie al supporto dei suoi genitori e al conforto di chi credeva in lei, non ha voluto rinunciare ai suoi sogni.

Tutti coloro che hanno un sogno devono lavorare duro, devono impegnarsi per realizzarlo, non solo gli atleti con disabilità.

Una storia incredibile la sua. La dimostrazione di quanto una mente forte possa dominare anche la materia più dura. Ha creduto nel potere dell’acqua, quello che la faceva sentire a proprio agio, proprio come se non le mancasse nulla. E quando le mancava la forza, la trovava nelle parole di Benjamin Elijah Mays: “La tragedia della vita non sta nel non raggiungere i tuoi obiettivi. La tragedia della vita sta nel non avere obiettivi da raggiungere”.

Nel 2012 ha appeso al chiodo il costume, quello che le ha permesso di realizzarsi, di arrivare doveva aveva sempre voluto e sognato. E oggi insegna agli altri ciò che lei ha dovuto imparare da sola. Una lezione di vita.

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