Cesare Butini: “Amicali, non amichevoli”

Si è appena concluso a Riccione, nell’accogliente sala congressi dell’Hotel Corallo, il corso monotematico organizzato dalla Federazione Italiana Nuoto riguardante l’attività da 6-14 anni. L’età della scuola dell’obbligo è cruciale nello sviluppo psicofisico dell’individuo. Lo sport in generale e gli sport acquatici in particolare rivestono uno straordinario valore educativo, che viene spesso vanificato dall’abbandono precoce dell’attività. L’obiettivo del corso era quello di fornire strumenti e suggerimenti per migliorare la qualità della didattica attraverso la strutturazione di una scuola nuoto multilaterale, che favorisca la continuità nella frequenza e l’avviamento all’attività agonistica.

Nella giornata di sabato 9 novembre, dopo l’apertura lavori del responsabile SIT Prof. Roberto Del Bianco, si sono susseguiti interventi di grande spessore, a cominciare da quello di Eleonora Angelini, biologa nutrizionista, che ha subito evidenziato come crescita e sviluppo non siano la stessa cosa. Di quanto importante sia per il tecnico che lavora a bordo vasca tenere presente questa differenza e di come sia fondamentale per svolgere bene il proprio lavoro conoscere tutte le peculiarità psicofisiche che caratterizzano la crescita di un bambino/ragazzo. Si è parlato di alimentazione, salute e benessere: tre concetti estremamente interconnessi tra di loro e per i quali noi operatori sportivi possiamo contribuire a sensibilizzare l’utenza più giovane e le loro famiglie.

Un tema assolutamente di grande attualità è stato poi trattato da Federico Gross: sport e web. Ha messo subito in rilievo come l’istruttore e l’allenatore debbano dare un’importanza fondamentale alla comunicazione, parte integrante e imprescindibile del loro lavoro. Oggi la comunicazione passa soprattutto sul web e non possiamo non tenerne conto. I canali possono essere diversi a seconda della fascia d’età alla quale ci rivolgiamo ed è importante individuare quello corretto se vogliamo che la nostra comunicazione sia efficace, sia che ci rivolgiamo ai ragazzi, alle loro famiglie e all’utenza dell’impianto in generale, sia che si tratti di aspetti relativi al marketing. Il web e tutte le tecnologie che oggi lo riguardano vengono spesso demonizzati. Ma a volte il vero problema non è tanto cosa bensì come. Il web può essere un valido aiuto se utilizzato nel modo corretto.

La dottoressa Paola Contardi, docente SIT, psicologa e psicoterapeuta ha affrontato un tema da molti ritenuto spinoso: il rapporto con i genitori – l’alleanza educativa. Troppo spesso la relazione tra il tecnico e i genitori è ostile e le ricadute si hanno sui ragazzini. È importante gettare le basi per una sana e costruttiva collaborazione tra queste due figure, allo scopo di supportare i ragazzi nella loro crescita, psicofisica e sportiva. I tre concetti chiave sono sicuramente informare, definire regole e sensibilizzare. Tenere sempre presente che i limiti sono i margini del miglioramento!

Luca Del Bianco, docente SIT Lombardia e allenatore di nuoto, ci ha riportato alla scuola delle abilità acquatiche. L’errore che spesso si commette è ricercare il talento sportivo prima della competenza motoria. E invece è fondamentale partire sempre dalla base, per diminuire le probabilità di insuccesso nel nostro lavoro. Per permettere a questi ragazzini di effettuare un sano percorso motorio, sia che questo sfoci in attività agonistica o rimanga attività sportiva. E per farlo non possiamo eludere dal porci obiettivi che siano concreti, realizzabili e che tengano in considerazione le tappe fondamentali dello sviluppo fisico e le logiche che caratterizzano l’attività acquatica. Logiche per forza di cose diverse da quelle che caratterizzano gli sport terrestri, poiché il contesto cambia completamente. È fondamentale che il tecnico si interroghi sempre sul perché propone una determinata attività e quale obiettivo intende perseguire, altrimenti rischiamo di rendere automatica una gestualità che invece dovrebbe essere consapevole. Successivamente a questo argomento ha parlato della cultura della sicurezza in acqua, argomento delicato e sul quale la Federazione Italiana Nuoto sta spingendo molto. Non si tratta solo di formare giovani nuotatori, si tratta di educare le giovani generazioni ad un atteggiamento che pone loro stessi e gli altri in condizione di sicurezza. L’Italia ha chilometri e chilometri di coste e fortunatamente negli ultimi cinquant’anni le morti per annegamento si sono ridotte di circa il 70%. Ma ovviamente questo non basta. L’ideale è che la percentuale si abbassi ancora di più. E per farlo è necessario sensibilizzare, educare la popolazione.

A chiudere la prima giornata di formazione c’è stato l’intervento del professor Paolo Danese, docente SIT e dell’Università di Pavia a Voghera. Ha affrontato un tema delicatissimo, quello dei bambini e ragazzi con disabilità e la prospettiva di una piscina sempre più inclusiva. È difficile concentrare in poco tempo un argomento così ampio e così complesso. Infatti la Federazione sta organizzando un importante convegno per trattare queste tematiche in maniera più approfondita. Ma il professore è riuscito comunque a trasmettere dei concetti fondamentali: anzitutto di come, per alcune patologie, la difficoltà stia solo nella nostra testa. Si tende a vedere i limiti, i problemi, diventando quindi miopi a quelle che potrebbero essere le opportunità e gli aspetti positivi. Serve sicuramente essere preparati, non ci si può improvvisare. E ovviamente gli ingredienti fondamentali per un percorso con bambini e ragazzi con disabilità è la positività e la pazienza. Dobbiamo imparare a vedere attraverso gli occhi dei bambini, senza pregiudizi, con un pizzico di ingenuità se vogliamo.

Nella mattinata di domenica 10 novembre abbiamo avuto il piacere di ascoltare l’esperienza di Francesca Nasuelli, insegnante specializzata nel sostegno. Ci ha guidato in un percorso che analizzava i disturbi del neurosviluppo e le modalità in cui si manifestano. Ma soprattutto ci ha parlato del valore delle diversità e dei bisogni educativi speciali di cui necessitano questi bambini. Un ruolo fondamentale nella gestione di ragazzini con disturbi del neurosviluppo lo svolge sicuramente l’affetto. Può sembrare banale o scontato ma evidentemente non è così.
Sicuramente sinergico con l’intervento precedente è stato quello di Francesco Sulla, psicologo e ricercatore. Ci ha parlato delle caratteristiche dello sviluppo dei bambini nella fascia d’età interessata, quella quindi dei 6-14 anni. Il focus era sicuramente sull’importanza della relazione: non c’è apprendimento significativo se non c’è una relazione significativa. Ha fatto un parallelo sugli effetti del rinforzo positivo e della punizione, spiegando come il primo inneschi una serie di migliorie a catena che vanno a vantaggio del bambino prima di tutto e anche dell’operatore, e di come il secondo porti le persone coinvolte all’interno di una spirale negativa che non da alcun risultato.

A chiudere questo week end di formazione c’è stato l’intervento di Cesare Butini, direttore tecnico delle squadre nazionali di nuoto, e di Samuel Pizzetti, ex atleta azzurro di nuoto. Quest’ultimo ci ha parlato della sua esperienza di nuotatore, condividendo con noi alcuni ricordi e aneddoti del suo percorso giovanile. È stato piacevole ed anche divertente scoprire quanto i tecnici che lo hanno seguito da ragazzino abbiano contribuito a formare il nuotatore d’élite che è diventato successivamente. Sicuramente un intervento rafforzativo di quanto discusso in aula in questi giorni, e molto utile perché permette di comprendere il punto di vista di chi sta dentro l’acqua.

Abbiamo approfittato della presenza di Cesare Butini a questo convegno per rivolgergli qualche domanda inerente a questo momento formativo:

Nuotopuntocom: Pensi sia importante tenere insieme atleti ed istruttori allo stesso corso di aggiornamento?

Cesare Butini: Sono fermamente convinto che tra atleta e tecnico, sia esso allenatore o istruttore, debba esserci una comunicazione di qualità. Nel caso di atleti evoluti è di fondamentale importanza per condividere obiettivi e strategie; ma anche con atleti più giovani la comunicazione è un elemento imprescindibile. Quindi credo che la presenza di atleti o ex atleti ai corsi di aggiornamento sia molto utile poiché permette di avere una testimonianza su ciò che è stato trasmesso e di come è stato recepito. Può dare un feedback molto utile su quella che è stata la comunicazione tra l’atleta e il suo tecnico e di come fosse il rapporto tra i soggetti in questione. Tenendo però sempre presente che il rapporto che l’allenatore deve avere può essere amicale ma non amichevole.

NPC: Amicale ma non amichevole… È una cosa che ribadisci molto spesso.

CB: Certo! Per certi aspetti è un po’ come per un genitore: si può avere un tono amicale ma non si può essere amici del proprio figlio. La stessa cosa vale in ambito sportivo. Se sono amico del mio atleta sarò sicuramente in difficoltà a prendere decisioni che potrebbero essere necessarie ma di difficile accettazione. Ecco quindi l’importanza di interpretare il proprio ruolo in maniera corretta e tenere quel distacco che ti metta in condizione di svolgere bene il lavoro nell’interesse dell’atleta.

NPC: In aula si è parlato di rinforzo positivo, evidenziare le cose positive piuttosto che quelle negative. In un contesto scolastico e familiare è forse più facile immaginare la cosa. Ma in un contesto sportivo?

CB: Sono convinto che sia esattamente la stessa cosa. Analizzando una gara o un allenamento svolto, sicuramente ci sono delle cose eseguite in maniera non corretta e da evidenziare. Ma per poter aprire il canale comunicativo con l’atleta bisogna partire dalle cose positive. Paradossalmente se non ce ne sono, inventiamole! Questo mette l’atleta nella condizione di accettare più facilmente ed in maniera più costruttiva l’analisi di ciò che non va bene, quindi degli aspetti negativi.

NPC: Solo in gara o anche in allenamento?

CB: Sempre! Credo che gli atleti siano tutti motivati, altrimenti non dedicherebbero due ore e mezza al giorno, ogni giorno per l’allenamento. Quindi è dovere del tecnico non demolire questa motivazione con una comunicazione incentrata sulle negatività. È un’attenzione che bisogna avere e che mette le basi per una comunicazione costruttiva e un lavoro sinergico ottimale.

NPC: È un po’ rivoluzionario come sistema… molti tecnici non hanno per abitudine questa modalità.

CB: Personalmente è una cosa che ho sempre cercato di fare e mi ha sempre dato degli ottimi riscontri. Credo lo possano testimoniare i buoni rapporti che ci sono con gli atleti.

NPC: quanto conta il lavoro dell’istruttore nella filiera della selezione e valorizzazione del talento agonistico?

CB: Questo argomento sarà proprio il contenuto di quanto presenterò oggi in aula. Conta tantissimo. Il lavoro di un istruttore diventa fondamentale per un ragazzino che rientra nella fascia di età tra i 6 e i 14 anni. Ritengo che un ruolo fondamentale lo rivesta l’insegnamento della tecnica. Certo, tutti gli aspetti fisiologici devono essere tenuti in considerazione. Ma un lavoro ben fatto a livello di insegnamento della tecnica di nuotata consente di evitare interventi tardivi, che purtroppo, proprio perché fatti in là nel tempo, avranno degli effetti più blandi. Non bisogna avere fretta. Spesso si tende a bruciare le tappe per avere risultati immediati. Ma l’unico risultato certo sarà che non ci saranno margini di miglioramento e il nostro giovane nuotatore faticherà ad emergere come nuotatore evoluto e quindi d’élite.

NPC: ti riferisci quindi ad un lavoro fatto male, svolto in maniera non ottimale?

CB: Credo bisogni sensibilizzare allenatori e atleti sull’importanza della tecnica. Non esiste solo la strategia dei meccanismi energetici, quindi fisiologica per ottenere i risultati. Ovviamente serve anche quella, ma in ambito giovanile l’attenzione deve essere maggiore all’aspetto tecnico. Se poi questo diventa un progetto condiviso tra direttore sportivo, coordinatore di vasca e capo allenatore il risultato sarà sicuramente buono.

 

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