I Giochi senza la Russia: tutta un’altra Tokyo

Un maremoto che travolgerà anche le piscine. La decisione della Wada, resa pubblica ieri mattina, di squalificare la Russia per 4 anni da tutte le manifestazioni più prestigiose, Olimpiadi e Paralimpiadi su tutte, rischia di scatenare una cascata di conseguenze tra le corsie. Basti pensare che se non verrà accolto l’appello della Rusada, che ha 21 giorni per rivolgersi al Tas di Losanna, a Tokyo non vedremo gli assi che hanno portato la loro nazione a vincere il medagliere all’ultimo Europeo in corta conclusosi domenica sera a Glasgow.

Rispetto a quanto accaduto alla vigilia dei Giochi di Rio 2016, infatti, sembra che stavolta le misure di punizione saranno ben più dure. Allora, il Cio passò la palla a singole federazioni, e nel nuoto è dove si sollevarono le maggiori ondate di polemiche. In un primo tempo, infatti, 7 dei 37 nuotatori selezionati per l’Olimpiade carioca non furono dichiarati eleggibili dalla Fina per il loro passato macchiato da vicende di doping, con due “pesci grossi” su tutti: Yuliya Efimova e Vladimir Morozov.  Il Cas però ribaltò la situazione e diede il via libera a tutti.

Sulla prima, possiamo dire che ci sono tante ombre quante quelle su Sun Yang in campo maschile. Nel 2014, fu squalificata una prima volta per 16 mesi a casa di un ormone riscontrato nelle sue urine. La bella ranista ci ricascò nel 2016, risultando sei volte positiva al meldonium, sostanza inserita nella lista nera della Wada dal 1° gennaio di quell’anno. In questo secondo caso, si giustificò dicendo di aver assunto la sostanza prima del divieto e che alcune tracce fossero rimaste nel suo sangue in seguito. Il Cas le diede ragione e Yuliya salì sui blocchi di partenza dello stadio carioca, conquistando due argenti nei 100 e nei 200 rana. Ciò che più rimase impresso però di quei giorni furono le lacrime dopo la medaglia sulla distanza più corta, quando le chiesero dei fischi e dei “buuu” provenienti dagli spalti.

In questi giorni, Yuliya non ha partecipato ai Campionati in corta e sogna l’oro olimpico che ancora manca alla sua collezione, ma visto quanto scritto nel comunicato della Wada, sembra davvero difficile che possa prendere parte all’Olimpiade giapponese. Se è vero che molti atleti sperano ancora di andare come atleti neutrali senza bandiera né inno, secondo anche quanto confermano i media russi, coloro che non hanno la fedina sportiva totalmente pulita questa volta non avrebbero una seconda possibilità. E la Efimova sarebbe proprio uno dei primi nomi a saltare, rimischiando le carte nelle due distanze della rana in cui anche l’Italia vuol dire la sua con una Martina Carraro in forma smagliante.

A rischiare grosso sarebbe anche il neocampione europeo della gara regina in vasca corta. Morozov, infatti, figurava tra i nomi degli atleti i cui campioni di urine sarebbero stati manomessi secondo il rapporto del professore canadese Richard McLaren. A Rio riuscì a scamparla, pur disputando un’Olimpiade da dimenticare, ma stavolta rischia di non scendere nemmeno in acqua.

Da definire poi c’è un altro snodo importante, ovvero quello delle staffette. Nelle ultime Olimpiadi, la Russia schierò le sue squadre acquatiche a Rio sia tra le corsie sia, ad esempio, nella pallanuoto, dove peraltro arrivò il bronzo femminile sotto la bandiera russa. Questa volta il vessillo non ci sarebbe e, dunque, c’è la possibilità che anche gli sport di squadra saltino, ma c’è un precedente che fa pensare al contrario, ovvero quello di PyeongChang 2018. Pur senza bandiera né inno, infatti, gli atleti olimpici della Russia trionfarono nell’hockey, conquistando l’oro inseguito dal 1992 (quando ancora non esisteva la Federazione Russa e sul ghiaccio scese la rappresentativa della Csi, in seguito alla caduta dell’Unione Sovietica). Se saltassero le staffette, anche qui le acque si rimescolerebbero per le medaglie.

Nelle prossime settimane, dunque, si delineerà una situazione che coinvolgerà anche il settore paralimpico. Ai Giochi di Rio, l’Ipc (International Paralympic Committee) agì indipendentemente ed escluse il Comitato russo in toto, mentre ieri ha dichiarato di seguire i dettami della Wada come si legge in questo passaggio:

«Diversamente dal 2016, quando l’Ipc era l’organizzazione con una decisione da prendere, è la Wada a decidere in quest’occasione».

Una decisione finale del massimo organo paralimpico arriverà solamente in seguito all’eventuale ricorso al Cas da parte della Rusada. Anche in questo caso lo spiraglio per gli atleti neutrali, come avverrà per gli atleti olimpici, sarà molto stretto perché bisognerà rispettare requisiti molto rigidi, perché l’organizzazione mondiale antidoping non vuole più asterischi sui podi delle grandi manifestazioni, men che meno ai Giochi di Tokyo.

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