Bob Bowman: “Il segreto del nuoto USA? Numeri e diversità”

Giornata storica, giovedì 30 aprile. Per la prima volta dal 2006 (workshop Nuoto.it) Bob Bowman, l’allenatore più decorato della storia del nuoto, mentore di Michael Phelps e attuale head coach di Arizona State Swimming, ha incontrato il pubblico italiano.

Introdotto da Walter Bolognani, intervistato da Alberto Dolfin e tradotto da Martina Marraro, coach Bowman è stato la consueta miniera di idee e spunti di riflessione.

NPC – Come sta vivendo la pandemia e il conseguente lockdown?

BB – Restare chiuso in casa a meditare e organizzare videoconferenze è molto diverso dallo stare a bordovasca con i miei atleti, che è ciò che mi piace fare.

NPC – Quali suggerimenti può dare ad allenatori e atleti in questo periodo così particolare?

BB – Ai miei atleti ho suggerito di considerare questa situazione come un’occasione per dedicarsi a cose che abitualmente non farebbero: rilassarsi, riflettere, e contemporaneamente a mantenersi in qualche modo attivi: ginnastica, corsa, bicicletta. Li invito anche a tenersi in contatto attraverso il web e a supportarsi gli uni con gli altri. Gli stessi suggerimenti che do ai miei assistenti.

NPC – Che aspettative ha per un 2021 che rischia di essere sovraccarico di eventi?

BB – Le Olimpiadi sono state ufficialmente spostate a luglio 2021, quindi possiamo iniziare a programmare in base a questa scadenza. Spero che torneremo ad allenarci entro un mese e avremo quindi il tempo necessario per una buona preparazione. Per quanto riguarda i Mondiali spero che non si svolgeranno in marzo, non ci sarebbe il tempo per prepararli adeguatamente e interferirebbero con la programmazione per le Olimpiadi. Preferirei si svolgessero nell’ultima parte dell’anno o, meglio ancora, nel 2022.

NPC – Come si individua e favorisce lo sviluppo del talento?

BB – La parte più semplice è individuare le caratteristiche fisiche adeguate, ma quello che più mi interessa è lo spirito competitivo, la dedizione al lavoro, la tensione agonistica che cresce in vista delle competizioni più importanti. I migliori alzano il livello quando la pressione sale.

NPC – Come procede la sua esperienza in Arizona?

BB – Lavoro in una struttura fantastica, con un clima meraviglioso, ho un gruppo di ottimi atleti universitari e grandi professionisti come Allison Schmitt. È davvero un’esperienza piacevole.

Domande dal pubblico

SwimSwam Italia – Che differenza c’è tra lavorare per un college e lavorare per un club privato come era il North Baltimore Aquatic Club?

BB – In un college ci sono molte più risorse e non mi devo preoccupare della gestione delle strutture. Abbiamo uno straordinario supporto medico, fisiologico, nutrizionale, e del personale sempre disponibile ad aiutarci. In un club devi sostanzialmente fare tutto da solo.

Marco Menchinelli – Quando ha avuto la certezza che Michael Phelps sarebbe diventato un campione?

BB – Nell’estate del 1999 a 14 anni Michael ha segnato 2.04 nei 200 farfalla e nel marzo 2000 1.59. Quello fu il grande balzo che ai miei occhi lo rese un nuotatore di top class e mi fece capire che poteva affrontare il lungo viaggio verso la gloria. Da lì continuò a progredire velocemente, crescendo fisicamente e mentalmente per i successivi dieci anni, spostando sempre più in alto l’asticella. Nessun altro nuotatore ha mai sfidato Michael come lui ha fatto con sé stesso.

Roberto Fiorindi – Quali differenze ci sono nel lavorare in stati diversi come Florida Michigan e Arizona?

BB – Le differenze non sono poi molte, si tratta sempre di nuotare e viaggiare da un meeting all’altro. In Ariziona e Florida c’è un tempo migliore e possiamo allenarci molto all’aperto, in Michigan era il contrario, eravamo sempre al chiuso.

Lucia Dante – Quanti atleti riuscite ad allenare contemporaneamente? E su quali aspetti concentrate la vostra attenzione?

BB – Io e i miei quattro assistenti gestiamo un gruppo di 52 atleti, sono fortunato ad avere uno staff numeroso. La prima cosa di cui ci preoccupiamo è di far crescere gli atleti come persone: vogliamo che siano maturi, responsabili, concentrati su quello che fanno, che rispettino sé stessi e gli altri, e rispettino il programma. Per ogni seduta di allenamento abbiamo un obiettivo fisiologico differente: resistenza, potenza, velocità, senza mai trascurare la tecnica. Come allenatore mi preoccupo innanzitutto di migliorare la qualità della loro nuotata, anche quando ciò significa sospendere l’allenamento e lavorare su singole abilità specifiche. Ma generalmente l’obiettivo è mantenere la qualità del gesto tecnico anche quando l’allenamento si fa più intenso. Quindi, in un quadro generale di adattamenti fisiologici noi lavoriamo costantemente sulla tecnica.

RKF Swim Team – Quali conseguenze avrà questa lunga pausa sui trials olimpici e sul nuoto USA?

BB – La pausa sta coinvolgendo tutti gli atleti di tutti i paesi. Credo che la conseguenza più interessante sarà che molti atleti che quest’estate sarebbero stati troppo giovani il prossimo anno avranno delle opportunità di qualificazione.

Alberto Fumi  (Gazzetta dello Sport) – Quanto influisce la presenza di un campione come Michael nella crescita di un gruppo di allenamento?

BB – L’atmosfera che si crea nel team è fondamentale, e un atleta di alto livello aiuta ad innalzare quotidianamente le aspettative ed è di esempio agli altri, come Gregorio Paltrinieri che in allenamento fa cose apparentemente impossibili e trascina tutto il gruppo dei suoi compagni.

Pasquale Paco Clienti (Swim4Life) – Cosa rende il nuoto USA così speciale? Qual è il vostro segreto?

BB – Credo che il nostro segreto principale siano i numeri: in USA ci sono moltissimi nuotatori, quindi ci sono maggiori probabilità di trovare talenti. L’altra grande forza sono le differenze: negli USA ci sono tantissimi programmi di allenamento diversi, condotti da tanti ottimi allenatori, ed ogni atleta può trovare l’ambiente ideale per le proprie caratteristiche.

Luigi Mariani (Staff Nuoto•com) – Che rapporto ha oggi con Michael Phelps?

BB – Io e Michael abitiamo vicini, ci vediamo quasi tutti i giorni e faccio un po’ da nonno ai suoi tre bellissimi figli. È bello passare del tempo con Michael lontano dalle piscine, e in effetti non parliamo quasi mai di nuoto. Ogni tanto nuoto insieme ai bambini e devo dire che sono molto promettenti.

Roberto Parretta (Gazzetta dello Sport) – C’è un nuotatore italiano che le piacerebbe allenare?

BB – In Italia ci sono molti ottimi nuotatori. Ultimamente io e Michael abbiamo rivisto sulla NBC delle sue vecchie gare nelle quali erano impegnati anche degli azzurri, in particolare Emiliano Brembilla. Mi sarebbe piaciuto lavorare con lui, come con tutti gli atleti a cui piace allenarsi duramente.

Emiliano Brembilla – Buonasera, mister Bob!

Secor95 – Quando individua un talento gli dedica un’attenzione speciale o cerca di farlo sviluppare all’interno del gruppo?

BB – Lo sviluppo di un atleta è un processo a lungo termine e non va affrettato. Michael ha iniziato a seguire un percorso diverso dal resto della squadra solo dopo la prima convocazione olimpica. Credo che questo approccio sia il migliore sia per l’atleta sia per il gruppo. Noi vogliamo che l’atleta cresca insieme ai compagni all’interno di un programma condiviso. La necessità di un progetto individualizzato subentra solo quando si raggiunge la dimensione internazionale.

CLore – Quali sono i momenti chiave della sua carriera? Le grandi soddisfazioni e le grandi delusioni?

BB – Noi sbagliamo ogni giorno. Guardando indietro mi rendo conto di avere commesso moltissimi errori. Si migliora solo con l’esperienza. È un processo continuo di apprendimento per prove ed errori.

Walter Bolognani – Bob, parliamo d’altro: come va con il pianoforte e con i cavalli?

BB – L’allevamento dei cavalli non mi ha dato molte soddisfazioni, sportivamente parlando, ma mi ha insegnato la pazienza. Il pianoforte è una grande compagnia in questi giorni di quarantena, e credo che tutti dovrebbero imparare a suonare uno strumento. Ho cercato di invogliare Michael a farlo, ma senza successo. Forse andrà meglio con i suoi figli.

Giorgio Petrella – Qual è la cosa più importante nell’allenamento dei giovani?

BB – Etica del lavoro, spirito di squadra, dedizione, questi sono gli aspetti fondamentali. Conta il processo, non il risultato. Se hai un buon programma e dei valori forti, il successo e le medaglie saranno una naturale conseguenza.

Daniele Belluzzo – Come lavora sulla tecnica con gli atleti di alto livello? 

BB – Credo che un top swimmer abbia dei margini di miglioramento tecnico molto ridotti. Con i giovani si possono ottenere grandi risultati, con gli atleti maturi solo rifiniture in termini di efficienza e fluidità.

Nezer Shalom – Ci sono stati momenti di crisi nel suo rapporto con Michael Phelps?

BB – Parecchi, quasi tutti legati al suo processo di crescita. Il nostro è iniziato come un rapporto tra maestro e allievo ed è evoluto fino a diventare un confronto fra pari. Credo che il segreto della durata della nostra partnership dipenda dall’essere sempre stati completamente onesti l’uno con l’altro. Abbiamo sempre parlato di tutto, anche delle questioni più scomode, affrontando i problemi un passo alla volta.

Walter Bolognani – Cosa ti ha spinto a scrivere il libro “Le dieci regole d’oro”, tradotto tra l’altro dallo staff di Nuoto•com

BB – Ho ritenuto che il metodo con cui io e Michael abbiamo impostato il nostro processo di crescita potesse essere interessante anche per chi non si occupa di nuoto e potesse essere applicato ad ogni ambito della vita.

Roberto Parretta (Gazzetta dello Sport) – meglio vincere un altro oro olimpico con un tuo nuotatore o il Kentucky Derby (una delle principali manifestazioni ippiche degli USA, NdT) con un suo cavallo?

BB – Bella domanda! Non ho mai vinto un Kentucky Derby, sarebbe fantastico, ma a noi piacciono i titoli olimpici. Sarebbero entrambe grandi soddisfazioni, ma credo sia più probabile vincere un altro titolo ai Giochi.

Lia N – Cosa pensa di Federica Pellegrini?

BB – È una grandissima atleta, anche se avrei preferito vederla andare più piano quando gareggiava contro Allison Schmitt!

Alberto Dolfin – Quanto conta e come lavora sulla preparazione mentale degli atleti? E in particolare, come ha gestito il rientro di Michael tra Londra e Rio da questo punto di vista?

BB – Il ritorno di Michael è stato problematico innanzitutto dal punto di vista fisico, perché arrivava da un anno e mezzo di totale inattività. Per quanto riguarda l’aspetto mentale, io dico sempre ai miei atleti “Ok, hai questo hardware – le braccia, le gambe, il cuore, i polmoni, ma è il tuo cervello il software che fa funzionare tutto. Come fai con il tuo smartphone, devi sempre tenere aggiornato il tuo sistema operativo. Più sale il livello della prestazione, più cresce l’importanza della preparazione mentale.

Cristian Masut – Come gestisce le crisi dei suoi atleti?

BB – È sempre una questione di comunicazione. Io voglio che i miei atleti si sentano sempre a proprio agio nel parlare con me dei loro problemi, così se le cose non vanno bene possiamo lavorare insieme per migliorarle.

Walter Bolognani – Bob, grazie per essere stato con noi e ti aspettiamo ancora con noi al più presto.

BB – Grazie a voi per l’invito, state bene, abbiate cura di voi e a presto, possibilmente di persona.

 

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