“Con Mia che mi guarda sarà difficile mettermi la mano davanti. Ora anche Milano ha un re”: il ritorno di Filippo Magnini

Ci sono momenti nella vita dove nulla sembra avere più senso. Tutte le tue certezze vengono improvvisamente spazzate via da un qualcosa che è totalmente fuori controllo. Quello che hai
costruito inizia a sgretolarsi, ti senti lentamente sprofondare, centimetro dopo centimetro. Aspetti solamente di toccare il fondo, accasciarti a terra, chiudere gli occhi e trattenere il respiro nella speranza che tutto passi nel più breve tempo possibile. In quei momenti capisci veramente chi sei e hai solamente due possibilità: lasciarti andare e accettare le cose come sono oppure riprendere a lottare e dimostrare chi sei veramente. Un vincente, che non si ferma davanti a niente e nessuno. Per te, per la tua famiglia, per i tuoi figli, per poterti guardare allo specchio senza paura di incrociare il tuo stesso sguardo.
Nessun avversario è troppo forte per essere sconfitto, nessun obiettivo è troppo grande per essere raggiunto. Non importa il tempo che impiegherai, non importa quanto ti costerà, la cosa essenziale è arrivare sempre fino in fondo. Nella mia carriera ho vinto tanto ma lascia che ti dica una cosa: le vittorie più grandi sono quelle senza podio, senza medaglie. Quelle dove vincere significa arrivare al traguardo e non tagliarlo per primo. L’unico modo che hai per perdere è rifiutarti di combattere. Non permettere mai a nessuno di decidere il tuo destino e anche quando ti danno per sconfitto non mollare. Anche quando ti viene voglia di lasciare ricorda che c’è sempre chi fa il tifo per te.
Io ho scelto di ritornare in acqua da vincente perché dentro ho già vinto tutto. Sii padrone della tua vita, costruisci il tuo destino.​

Tre anni interminabili. Ma oggi Filippo Magnini, 55 medaglie conquistate in giro per il mondo, due volte campione del mondo nei 100 stile libero, medaglia di bronzo olimpica con una staffetta, 17 volte campione europeo, è tornato.

L’abbiamo ospitato in esclusiva nello studio virtuale di Nuoto•live, con la ormai abituale conduzione di Luca Rasi e alcuni dei più autorevoli giornalisti sportivi italiani: Lia Capizzi (Sky), Paolo De Laurentiis (Corriere dello Sport), Gabriele Cattaneo (Mediaset) e naturalmente il nostro Alberto Dolfin.

Luca Rasi: Il 2020 è stato ed è tutt’ora un anno nefasto per alcuni, per molti particolare, ma che ti ha riservato dei momenti importanti sia nella tua vita privata che professionale. Partirei con l’assoluzione del TAS (tribunale arbitrale dello sport) di Losanna che il 27 febbraio 2020 ti assolve da ogni tipo di accusa relativa al doping. Il tuo primo commento sui social è stato un riferimento alla tuo carattere: Ho vinto. Il TAS mi ha assolto in pieno da ogni tipo di accusa. È sempre stato così, le gare le ho sempre vinte negli ultimi metri. Mi hanno insegnato a non mollare mai. Sono sempre stato un atleta e una persona corretta. Tremo dalla gioia . Come hai saputo di questo importante risultato?

Filippo Magnini: Sono stati i miei tre anni più difficili perché queste false accuse hanno pregiudicato il post-carriera, mi hanno fatto stare male e mi hanno fatto soffrire tantissimo. Hanno provato a macchiare il mio nome da atleta e di un uomo. Ovviamente non ho mai mollato perché ero forte della verità. Prima o poi ero sicuro che sarebbe venuta fuori anche se ci sono voluti tre anni. In questi anni c’è stato un grandissimo appoggio di poche persone che mi hanno aiutato ad andare avanti. Il 27 febbraio ero a casa con Giorgia sul divano ed è arrivata la chiamata del mio avvocato che negli ultimi tre mesi prima della sentenza mi ha chiamato ogni settimana perché l’udienza veniva continuamente posticipata. Questa assoluzione me l’han fatta sudare: doveva essere il 4 novembre, poi è stata posticipata al 4 dicembre, al 10 gennaio, al 2 febbraio fino ad arrivare al 27 febbraio. Ho risposto al telefono con il cuore che batteva a mille perché non sai mai come vanno i processi (a volte aver ragione non vuol dire vincere) e dall’altra parte della cornetta ho sentito l’avvocato urlare di gioia “Abbiamo vinto, abbiamo vinto abbiamo vinto tutto”. La mia reazione è stata molto diversa da quelle che avevo quando vincevo le gare: anziché esultare ho sospirato. Mi sono finalmente scrollato di dosso questa infamia che mi ha perseguitato. Io paragono questa assoluzione ad un oro mondiale, con la differenza che in vasca bisogn allenarsi mentre qui non dovevo fare altro che dire la verità. Però abbiamo vinto, il TAS ha riconosciuto la mia innocenza e ha anche obbligato al pagamento delle spese processuali la NADO. È stata forse la vittoria più grande per un atleta nei confronti di un organo sportivo: la mia storia deve insegnare che l’ordinamento sportivo dovrebbe essere rivisto ed aggiustato. Io ho avuto la forza mentale, fisica ed economica per potermi difendere ma tante altre persone questa forza non la possiedono e quindi avrebbero ingiustamente perso.

LR: ​Nello stesso comunicato di quel giorno hai anche affermato di voler scrivere un libro per raccontare la tua storia: il libro, edito da Sperling & Kupfer, è uscito e l’hai intitolato La resistenza dell’acqua. Raccontacelo.

FM: Il libro racconta la mia storia, ma è una storia di verità: non è il libro del classico campione che ha le sue difficoltà da sportivo. La mia è una storia di un uomo di quasi 40 anni che in 27 anni di carriera ne ha viste tante; ho voluto raccontare di com’era Filippo da bimbo, da ragazzo e dell’uomo che è diventato. Ci sono anche curiosità che pochi di voi conoscono. Ho voluto fortemente questo libro proprio per quello che mi è successo a livello processuale per raccontare la verità dato che sono girate tante bugie sul mio conto: devo dire grazie in particolare a Lia Capizzi perché è stata una delle poche che ha cercato di far venir fuori le mie parole. ​Se non avessi avuto la vicenda processuale non avrei scritto il libro. Non sentivo l’esigenza in quel momento di scrivere una biografia. Ha senso scriverla se sei un grande campione come Michael Jordan, LeBron James, Diego Armando Maradona o Michael Phelps, simboli dei loro sport che verranno ricordati per sempre. La mia carriera è stata studiata e raccontata proprio dai nostri amici giornalisti: il mio libro prende valore dal fatto che ho vissuto delle vicende extra sportive molto importanti e particolari.

LR:Raoul Bova ti ha chiamato insieme ad altri campioni come Emiliano Brembilla, Massimiliano Rosolino, Manuel Bortuzzo per un film, L’ultima gara. É la tua prima esperienza da attore?

FM: ​Sì era la prima volta sia per me che per Massimiliano ed Emiliano. All’inizio abbiamo subito accettato, entusiasti della proposta di poter fare un film insieme a Raoul. Quando abbiamo iniziato ci siamo chiesti se in realtà fossimo in grado di farlo perché non avevamo mai recitato. Non so se adesso possiamo chiamarci attori: abbiamo fatto questa esperienza stupenda in cui Raoul ci ha guidato nel migliore dei modi. Non penso manchi molto all’uscita ma è tutto rallentato a causa del Covid. La cosa più bella di questo film è stata che nei giorni delle riprese abbiamo creato un gruppo bellissimo: ho conosciuto degli aspetti di Massimiliano e di Emiliano che non conoscevo assolutamente nonostante li frequenti da vent’anni. È un film che ci ha toccato molto, ha scavato dentro di noi, nato per tentare di fare un record mondiale di staffetta master ma che ha virato sulle storie di cinque uomini. Sono cinque storie importanti, dove ognuno di noi ha il suo vissuto da raccontare che molto spesso le persone non conoscono: vedono solo il Magnini campione, il Rosolino sempre sorridente. Invece tutti noi abbiamo delle fragilità e delle paure.

LR: E invece che è successo il 25 settembre 2020?

FM:​ È successo il miracolo della vita, la cosa più bella che mi sia mai capitata in questi primi 38 anni di vita e penso per sempre. Ho assistito al parto, quindi ho visto Mia proprio dal primo secondo di vita e quando ci siamo incrociati lo sguardo è stata un’emozione indescrivibile. Conosco ogni centimetro, ogni millimetro del suo corpo, del tuo viso. Ero abbastanza certo che mi sarebbe piaciuto fare il papà però devo dire che mi piace proprio tanto, è faticoso, è stancante per certe cose però ormai vivo per questo. Mi piace cambiare il pannolino, mi piace tenerla in braccio, mi piace addormentarla e guardarla, mi piace tutto.

LR: Mia sarà una nuotatrice?

FM:​ Sicuramente imparerà a nuotare perché siamo in Italia, siamo in una penisola, in più Giorgia è sarda e io sono pesarese, quindi nati tutti e due in città di mare. Ovviamente farà quello che più le piacerà. Sicuramente se deciderà di nuotare potrò darle dei consigli.

LR: ​Il 2 dicembre 2017 a Riccione dopo una tua gara ti sei presentato al mio tavolo mentre facevo lo speaker: in costume, bagnato, accompagnato da Luca Dotto, compagno di tante avventure, mi hai chiesto il microfono e hai annunciato a sorpresa a tutti il tuo ritiro. Due giorni fa ci arriva il video con cui abbiamo aperto questa diretta: Filippo Magnini ritorna a nuotare.

FM: ​Diciamo che quel 2 dicembre di tre anni fa ero stanco, sfinito da tutto quello che mi era successo. Non avevo più la testa né le energie per continuare ad allenarmi e a spingere in allenamento. In questi tre anni ho conosciuto Giorgia che è stata, è e sarà sempre la mia luce e piano piano ho recuperato le energie. Quello che mi è successo mi ha motivato e ha tirato fuori in me degli stimoli molto forti. Io penso oggi che la mia forza è quella di essere il più motivato di tutti: non penso ci siano altri atleti più motivati di me in questo momento. Non sarà facile e la decisione non è stata facile da prendere perché comunque al primo posto c’è e ci sarà sempre la famiglia. Devo ringraziare Giorgia, Sofia, Mia, i miei genitori e tutte le persone vicino a noi che mi stanno dando la possibilità di buttarmi in acqua. L’obiettivo ovviamente è grosso, il progetto è grande.

LR: ​Con chi ti allenerai?

FM: ​Mi allenerò a Milano tesserato per i Nuotatori Milanesi e come allenatore ovviamente non potevo che chiedere di avere con me l’allenatore più importante che abbia mai avuto, il mio secondo padre: Claudio Rossetto. Filippo Magnini è Claudio Rossetto, Claudio Rossetto è Filippo Magnini.

Dopo questo annuncio, in anteprima nazionale, si collega in diretta proprio Claudio Rossetto, direttamente dal bordo vasca, cronometro in mano e mascherina.

LR: Benvenuto, Claudio. Come si comporta questo neo papà?

Claudio Rossetto: Mi sta facendo lavorare un po’ di più però sono contento. Sono contento soprattutto di quello che è successo il 27 febbraio, quando ho sentito del comunicato, per Filippo e per tutta la sua famiglia che non si meritava una cosa simile.

LR: ​Suppongo, Filippo che in questi tre anni qualche bagno tu l’abbia fatto.

FM: ​I giorni successivi all’annuncio del ritiro qualche allenamento l’ho fatto, poi piano piano ho smesso: nuotare senza un obiettivo, senza uno scopo non fa per me. Ho continuato a fare palestra per tenermi in forma. Nell’ultimo anno ho iniziato a notare un po’ di più perché stavo aspettando la sentenza, poi siamo andati in lockdown e non essendo tesserato ho dovuto di nuovo smettere. Da settembre ho ripreso ad allenarmi: sono tesserato dall’1 ottobre e il 10 ottobre sono già venuti a farmi il primo controllo antidoping!

Lia Capizzi: ​Ben tornato, Filippo. Io personalmente non ci credevo anche perché sono poco sentimentale nei confronti dei grandi ritorni del nuoto: ritorni che di solito sono un po’ tristi, di campioni che non sanno crearsi una vita dopo l’agonismo. Il tuo ritorno però ha un sapore particolare per tutto ciò che raccontavi prima insieme a Luca e che racconti nel tuo libro. É un libro da leggere per sviscerare tante cose, però ti voglio mettere pressione perché io non credo che tu Filippo, con tutto l’agonismo che hai dentro e che avrai fino a ottant’anni, non ti sia dato con Claudio un obiettivo. Sei già andato a guardare i tempi limite per la qualificazione olimpica?

FM: ​I tempi non li ho guardati perché l’obiettivo è arrivare nei primi quattro in Italia. È ovvio che non riparto con l’ossessione dell’Olimpiade, anzi non si sa neanche se si farà, quindi sono abbastanza tranquillo. Io riparto perché ho la motivazione e perché ho il sorriso. L’obiettivo è ovvio che sia quello dei Giochi: sarebbe un sogno, la mia quinta Olimpiade a 39 anni. Nessun nuotatore nel mondo nel nuoto è riuscito a qualificarsi per cinque volte quindi sì, so che sono degli obiettivi grandi ma non vivo con l’ossessione del risultato perché ho già dimostrato quello che valgo e se oggi torno è per il mio sogno personale ma è anche per dimostrare comunque a qualcuno che non mi hanno abbattuto e per dare una mano al mio sport che in questo momento sta vivendo veramente un momento difficile.

Paolo De Laurentiis: ​Volevo chiederti qualche parola su Michele Santucci, un’altra grande vittima di questa ingiustizia sportiva che c’è stata nei vostri confronti, la cui carriera è stata praticamente stroncata. Volevo sapere se tu l’avevi coinvolto in qualche modo e a proposito di regole da riscrivere se pensi che sia necessario un movimento degli atleti per far sentire la vostra voce. Credo che se non vi fate sentire voi difficilmente cambierà qualcosa, siete l’anello debole di questa catena.

FM:​ Santucci l’ho sentito, scherzando mi ha detto che deve ricominciare anche lui a gareggiare. Per me lui è un fratello, sono contento che la sua verità sia venuta fuori e che siamo stati tutti e due scagionati. Rivolgo un pensiero a Emiliano Farnetani perché per ragioni economiche non è potuto andare avanti e si ritrova a essere l’unico colpevole, di essere il tramite tra due persone che si sono rivelate innocenti. Io mi sono fatto sentire in tutti i modi possibili, ma pochissimi mi hanno seguito. I vari potenti dello sport mi hanno praticamente lasciato solo, voglio ringraziare Paolo Barelli e la Federazione italiana nuoto che mi sono sempre stati vicini sia come atleta che come uomo. So che una battaglia difficilissima da vincere perché tutti quanti guardano i propri interessi. Io per fortuna non ho bisogno, per andare avanti nella vita, di avere l’appoggio di determinate persone, non ho bisogno delle istituzioni e di quant’altro perché sono riuscito a crearmi qualcosa come Filippo, non come Magnini ma da persona e da uomo. La mia forza è questo. Forse ci sono anche dei comitati, ma sono costituiti da persone messe lì, che non fanno il proprio dovere. Se devo essere portavoce di un messaggio, sicuramente lo sono, se devo mettere la faccia l’ho messa e la metterò sempre e se c’è un gruppo di atleti da guidare per fare il bello e il bene di questo sport lo farò. Non ho alcun problema a farlo perché non ho mai dovuto mordermi la lingua per i favori di qualcuno. Sono in pochi ad avere gli attributi come i miei.

Gabriele Cattaneo:​ Il Comitato olimpico internazionale ha dichiarato proprio oggi che farà qualsiasi cosa per far sì che le Olimpiadi si svolgano. Sarà un’annata dove le gare saranno pochissime: in questo caso la tua esperienza quanto può diventare un vantaggio per arrivare nei primi quattro senza fare i tempi?

FM: ​Gareggiare è importantissimo perché ti dà il ritmo gara e ti fa comprendere il momento, la preparazione, ti fa aggiustare gli errori. Quest’anno si faranno dei test in allenamento, non sarà la stessa cosa e bisognerà essere bravi a creare delle gare fatte apposta con pochi atleti per aiutare quelli che devono qualificarsi per le Olimpiadi. È un anno strano, difficile ma siamo tutti sulla stessa barca. Non sono qui a piangermi addosso, le difficoltà si superano, bisogna soltanto comprenderle e trovare il modo di superarle. Non sono sicuramente avvantaggiato dall’assenza di gare, mi sarebbe piaciuto gareggiare a Genova, ai campionati italiani. Non mi soffermo più a pensare ai problemi, più che altro cerco di trovare soluzioni.

Alberto Dolfin: ​Agganciandomi alla domanda di Lia, il ritorno di Anthony Ervin potrebbe darti un po’ di ispirazione. Lui ha vinto due ori a distanza di 16 anni: per te da una partecipazione all’altra ne passerebbero 17. Hai provato a pensare a questo aspetto? E quanto ha contato l’aspetto umano, nel senso l’essere diventato papà, nel tuo ritorno? Ti ha dato quella voglia di ritornare?

FM:​ Per quanto riguarda i ritorni, ognuno è diverso. C’è chi ritorna per velleità olimpiche, chi per una medaglia, chi perché non sa fare altro. Il mio ritorno ha una forte componente emotiva perché mi hanno dato la possibilità di tirar fuori delle motivazioni importanti e quindi sono qua di nuovo a voler lottare, a dimostrare che se ci sono degli obiettivi non c’è età o stanchezza che conta. Bisogna allenarsi, stringere i denti e mordere l’acqua. Sicuramente la nascita di Mia è un valore aggiunto, un qualcosa che mi può solo dare energia. A pensare che, in una prossima gara, ci saranno Giorgia, Sofia e Mia che mi guarderanno gareggiare, beh, difficilmente mi farò mettere la mano davanti. Chiudo con una battuta: Zlatan Ibrahimovic ha detto che Milano non ha mai avuto un re ma ora ha un dio, cioè lui. Io gli rispondo: Ibra adesso Milano ha anche un re, però è interista.

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