Giornata Internazionale della Disabilità – Parliamone!

Giornata Internazionale della Disabilità, festeggiata proprio ieri 03 dicembre.

Spontaneamente mi viene da fare una riflessione: è sicuramente bello che esista una giornata dedicata a questo argomento. Ed è anche assolutamente inutile.

Se volessimo parlare di nuoto e disabilità potremmo stare qui per ore! È innegabile oramai quanto questo binomio funzioni. Non lo dico perché esistono tecnici straordinari, dai superpoteri, oppure società sportive con attrezzature futuristiche. Lo dico perché tra il nuoto e la disabilità c’è di mezzo l’acqua: e il primo merito è tutto suo. Persone costrette su una sedia a rotelle che in acqua si spostano e a volte riescono a sperimentare la verticalità che è la nostra posizione fuori dall’acqua. Persone con una mobilità limitata che quotidianamente faticano a fare qualunque cosa e che in acqua sperimentano il piacere di essere meno “diversi” e un po’ più autonomi. Se poi passiamo alle disabilità di tipo cognitivo, vediamo gente che ogni giorno è confinata nel suo status (perché questo è ciò che accade realmente) e in piscina riescono a praticare con soddisfazione un po’ di sport che su terra gli riuscirebbe più difficile. Non dico impossibile, ma sicuramente più difficile.

Se poi passiamo al nuoto paralimpico agonistico, si apre un mondo! I risultati della nostra squadra FINP sono sotto gli occhi di tutti. I Giochi Olimpici di quest’estate sono stati strepitosi, per partecipazione e risultati. Anche se i media mondiali hanno ritenuto che non fosse necessaria la stessa visibilità delle imprese dei colleghi normodotati. Non dimentichiamoci che una medaglia paralimpica non ha lo stesso valore di una medaglia olimpica. Una delle cose buone è che dal 1° gennaio 2022 entrerà in vigore la norma che prevede l’arruolamento degli atleti paralimpici nei Corpi dello Stato civili e militari.

Non sono un medico e non farò sicuramente un trattato sulla disabilità. Non sono neanche un portatore di pace che cerca compassione e pietà per queste persone. Sono loro le prime a non volere tutto questo.

Sono un tecnico che lavora a bordo vasca e che dedica una parte del suo tempo lavorativo a queste persone.

Come scrivevo prima, queste persone non cercano pietà o compassione, oppure sentirsi dire “va tutto bene”. Loro lo sanno che non va tutto bene, hanno consapevolezza della loro situazione. E se non ce l’hanno loro, ce l’ha la famiglia che hanno alle spalle. Di una cosa hanno estremo bisogno: della nostra competenza. La buona volontà, i sentimenti positivi, le buone intenzioni, sono tutte cose importanti. Ma senza la competenza ci ritroviamo nella categoria dei portatori di pace. Abbiamo il dovere di combinare tutto questo con la competenza. Se mai dovesse capitarvi di poter passare delle ore in vasca con una persona diversamente abile, cosa che vi auguro profondamente perché ne uscireste trasformati, non limitatevi a dire “ci provo”. Così fate malanni. Non sono cavie su cui sperimentare qualcosa. Bisogna informarsi e formarsi, allora riusciamo a contribuire in maniera significativa al miglioramento delle loro condizioni di vita.

Se prendiamo la definizione che l’OMS dà al termine disabilità leggiamo, in alcuni punti, quanto segue:

È un termine generale che comprende handicap, limitazione nelle attività e restrizione alla partecipazione.

E poi aggiunge:

La disabilità, quindi, è un fenomeno complesso, che riflette l’interazione fra il corpo della persona e la società in cui la persona vive.

Credo che ognuno di noi potrebbe presentare qualche disabilità, il confine diventa molto sottile. Si tratta solo di vedere le cose da un’angolazione diversa. Vedo persone disabili in giacca e cravatta, o in ciabatte di gomma e calzini in spugna, che non hanno il tesserino da esporre sul cruscotto della macchina, bensì una serie di follower che li portano in cima a qualche classifica.

Dovremmo porci tutti una semplice domanda: “E se fossi io?”. La risposta probabilmente sarebbe già un primo passo verso la soluzione.

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