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Camille Lacourt protagonista del documentario “STRoNG”: la forza di mostrarsi fragili

Nel documentario uscito su Prime Video Francia il 10 ottobre, il campione francese racconta con altri atleti d’élite il lato nascosto dello sport..

ph: DeepBlueMedia

Lo scorso 10 ottobre, in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, è uscito in esclusiva su Prime Video Francia, il documentario “STRoNG – Aussi forts que fragiles” (“Forti ma fragili”). L’opera affronta con sensibilità il tema della salute mentale e della depressione nello sport di alto livello, dando voce a cinque grandi atleti francesi: il surfista Jérémy Florès, il nuotatore Camille Lacourt, la campionessa di sci Perrine Laffont, il giocatore di pallamano Valentin Porte e la schermitrice Ysaora Thibus. Attraverso le loro testimonianze, il film offre uno sguardo autentico e rispettoso sulla fragilità psicologica che può celarsi dietro la forza e la determinazione dei campioni, restituendo un ritratto profondo e umano dello sport d’élite.

Estratto da una intervista dell'Huffington Post alla vigilia del lancio del documentario, segue video a fondo pagina.

“Il momento in cui si arriva al burnout è quando si dimentica perché si fa quello che si fa, quando si perde un po’ la propria anima da bambino e si dimentica che si pratica sport perché lo si ama.”

Camille Lacourt racconta che tutto è iniziato dopo i Giochi Olimpici di Londra 2012, con una grande delusione che lo ha portato a un lungo periodo difficile. Spiega come, in quel momento, si perda la motivazione, la voglia di alzarsi, quella piccola fiamma che dà senso alle giornate. All’inizio si pensa che passerà, ma i giorni e le settimane si accumulano finché non si comprende di essere in una lenta discesa verso il vuoto.

Riflette poi sull’immagine pubblica degli atleti: «Ci vedono come supereroi, ma è importante parlare anche delle nostre debolezze. Mostrare che viviamo momenti difficili come tutti gli altri».

Sottolinea l’importanza del supporto psicologico continuo per gli sportivi, al pari dell’allenamento fisico: «Abbiamo allenatori e preparatori atletici, ma serve anche un allenatore per la mente. La pressione e le aspettative sono immense, e senza un sostegno si può crollare». Aggiunge che la cultura sportiva sta finalmente cambiando, con una maggiore attenzione alla salute mentale.

Dopo il ritiro nel 2017, Lacourt ammette di non aver gestito bene il passaggio: «Pensavo di essere pronto, avevo già un piano di riconversione, ma lo sconvolgimento è stato molto più profondo del previsto. È difficile ricostruire la propria identità quando tutta la vita sei stato un atleta».

Oggi cerca equilibrio attraverso piccoli gesti quotidiani, fissando obiettivi semplici per diventare una persona migliore: «La salute mentale passa anche da questo. Aiutare qualcuno, prendersi cura di sé, trovare gratitudine nelle piccole cose. Credo che dovrebbe diventare la norma: prendersi cura di sé per diventare migliori».

Si dimentica il lato del piacere e diventa un lavoro, ed è forse lì che inizia a essere pericoloso. Non bisogna dimenticare che lo sport è prima di tutto un hobby”.

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